Libero, 26 febbraio 2020
Il declino demografico dell’Est Europa
Blagojev Kamen, tra la metà degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, era un vivace villaggio minerario della Serbia orientale. Situato nella municipalità di Kucevo, era popolato da più di mille persone, c’era una scuola, un medico e anche un negozio ad animare la quotidianità. Oggi, gli abitanti di questo villaggio sono otto, le case, un tempo piene di vita, sono fatiscenti e abbandonate a se stesse, la miniera d’oro che era fonte di ricchezza e di lavoro ha chiuso negli anni Novanta, e se non verranno prese misure urgenti entro breve tempo non ci sarà alcun futuro per questa terra rurale. «Questo villaggio una volta era pieno di gente, qui ci andavo a scuola. È un vero peccato. È triste che tutti se ne siano andati…ora siamo in pochi e non ci sono più giovani», ha dichiarato sconsolato Uros Trainovic, abitante di 71 anni, all’Associated Press. Come Blagojev Kamen, sono in costante crescita i villaggi fantasma dell’ex Jugoslavia, vittime del dramma più atroce che sta vivendo la Serbia in questo momento, e che, più in generale, sta colpendo i Balcani: lo spopolamento e l’emigrazione dei giovani verso l’Europa dell’Ovest.
PIÙ MORTI CHE NATI
Nella Serbia profonda, il declino demografico è considerato un’emergenza nazionale. Nel 2018, il Paese ha registrato 64mila nascite e 101mila decessi. Dal 1989 ad oggi, la Serbia ha perso il 23% della popolazione, e la curva è in costante declino. Per invertirla in senso positivo, come indicato dal sito BalkanInsight, ci vorrebbe un tasso di natalità di 2,1 figli: attualmente la media è arenata a 1,48. Secondo la Banca Mondiale, di questo passo, la popolazione serba passerà da 6,9 milioni di abitanti a 5,8 entro i prossimi trent’anni. Ogni giorno se ne vanno in media 103 persone, la maggior parte delle quali sono giovani e qualificati. «Non è solo il numero di persone che emigrano a rappresentare un problema. È anche il loro profilo. Constatiamo che, in generale, sono le persone più istruite, più qualificate, più motivate e più mobili a partire. È chiaramente una fuga di cervelli», ha spiegato il demografo Wolfgang Lutz. A lungo termine, le società che invecchiano e patiscono l’esodo di massa dei giovani, implodono economicamente. E lo scenario, sottolinea l’Associated Press, è lo stesso in Croazia, in Bulgaria, in Bosnia ed Erzegovina: in quasi tutti i Paesi del sud-est dell’Europa. «Uno dei miei figli è in Germania e l’altro in Austria. Vengono spesso a trovarci, ma non hanno nulla da offrire», ha detto Uros Trainovic. La vicina Croazia, che attualmente detiene la presidenza di turno semestrale del Consiglio dell’Unione europea, non se la passa meglio, e ha fatto della “questione urgente delle sfide demografiche” una priorità del proprio mandato. Secondo quanto riportato dall’Associated Press, le zone rurali della Croazia si stanno svuotando a ritmi spaventosi, e il 15% dei croati (in tutto sono 4,2 milioni) vivono e lavorano all’estero. «La demografia dovrebbe essere riconosciuta per quello che è: l’essenza dello sviluppo economico. E ha bisogno dei più importanti mezzi a disposizione», ha affermato Stjepan Sterc, tra i più noti demografi croati.
IL CASO UNGHERIA
In un articolo pubblicato sul Financial Times, il politologo bulgaro Ivan Krastev, direttore di un think tank a Sofia, ha evidenziato che i Paesi dell’Est hanno perso 19 milioni di abitanti dagli anni Novanta a oggi, ossia il 6% della popolazione. Accanto all’emigrazione dei giovani che hanno lasciato le loro case e le loro terre alla ricerca di lavoro nell’Europa dell’Ovest, osserva Krastev, c’è il problema dei bassissimi tassi di fertilità: un doppio declino inquietante. Uno studio curato da due pensatoi francesi, Institut Montaigne e Terra Nova, ha ribadito di recente che l’emigrazione giovanile «penalizza economicamente e socialmente» i Paesi d’origine. Ma c’è un’eccezione positiva: l’Ungheria di Vikor Orbán. Nel Paese centroeuropeo il numero dei matrimoni è ai massimi da quarant’anni e le nascite sono aumentate del 21% dal 2010. A questi dati, come riportato dal sito IFamnews, si è aggiunta pochi giorni fa la Partnership for families, iniziativa con gli Stati Uniti lanciata da Katalin Novak, segretaria di Stato ungherese per la Famiglia, al fine di incentivare le politiche pro-family.