il Fatto Quotidiano, 26 febbraio 2020
Antologia finanziaria di Elettra Lamborghini
Il suo nome completo è Elettra Miura, Miura come uno dei più famosi modelli d’auto dell’azienda automobilistica emiliana fondata dal nonno Ferruccio. Elettra Lamborghini vuole però fare la cantante – 21ª classificata a Sanremo – e lo fa con la stessa naturalezza con cui sfoggia eccentricità e ricchezza (ha piercing di diamante incastonati nella pelle). Si porta dietro l’etichetta di “ereditiera” e del suo status ha fatto la sua forza mediatica. Oggi, la Automobili Lamborghini – che non è più di proprietà della famiglia – macina utili nel mondo: alla famiglia di Elettra cosa resta? La musica (e il resto scompare?). Non proprio.
Il nonno, ferrarese di nascita, bolognese di adozione e con la passione per la meccanica, nel Dopoguerra, in piena Ricostruzione, inizia a fabbricare trattori: gli affari vanno bene, compra auto di lusso, anche due Ferrari. Versioni ufficiali narrano che il passaggio da amatore a costruttore arrivi dopo un feroce battibecco con Enzo Ferrari per una frizione considerata da Lamborghini ‘difettosa’. Inizia a creare le proprie auto, apre la sua fabbrica utilizzando un miliardo di lire risparmiato dal budget per la pubblicità dei trattori sui cartelloni stradali. “Se ci riesco – fu il ragionamento – farò un rumore tale che non serviranno”. Il 1963 fu l’inizio della guerra dello stemma del Toro contro il Cavallino. Le sorti dell’azienda cambiarono però in una decina di anni, nonostante la rapida crescita. “Non è stato facile per Lamborghini vendere l’azienda – ha spiegato in un’intervista l’allora direttore tecnico, Paolo Spanzani – anche perché andava bene”. Fu però l’unica soluzione: il ramo dei trattori era affossato dall’annullamento di un ordine di 5mila mezzi in Bolivia, le banche erano preoccupate. Ferruccio vendette prima il 51% dell’azienda nel 1972 (pare per 600 mila dollari) a un gruppo svizzero, poi il resto l’anno dopo. Dopo almeno quattro passaggi di mano, oggi la Automobili Lamborghini è al 100% Audi. Gli affari passarono al figlio Tonino che, dopo un periodo di gestione di ciò che rimaneva della società di famiglia, decise a 35 anni di creare un proprio business, senza più auto e trattori (tanto più che un contenzioso che si è chiuso nel 1993 gli ha permesso di utilizzare il marchio del Toro a patto che non si dedicasse alle automobili). Nel 1981, nacque quello che verrà definito un lifestyle experience brand con una vocazione per il lusso e i richiami al design industriale italiano.
Non c’è mercato in cui la “Tonino Lamborghini” non provi a insediare il suo marchio: orologi, cravatte, caffè, vodka, energy drink, arredi, ceramiche e, infine, hotel e costruzioni: i risultati raccontati dalla famiglia Lamborghini negli ultimi anni parlano di un fatturato retail globale di circa 400 milioni di euro, che sembra arrivare da investimenti (e società) oltre confine, soprattutto asiatiche. Le aziende registrate in Italia, per dire, sono in salute, ma macinano utili da poche centinaia di migliaia di euro (e su fatturati di pochi milioni). La “Officina Gastronomica”, a cui fanno capo linee di caffè e bevande e il cui Cda è formato da Tonino, il primogenito Ferruccio (classe 1991) ed Elettra (la terza generazione Lamborghini conta anche Ginevra e due gemelle, Flaminia e Lucrezia) nel 2018 ha chiuso il bilancio con un passivo di 57 mila euro su un fatturato di 850 mila euro circa. La Lamborghini Real Estate (un solo dipendente, Tonino come socio unico e la moglie come consigliere) nel 2018 registrava un utile di 69 mila euro su un fatturato di 339 mila. E ancora, la Tonino Lamborghini Spa di cui il capofamiglia è socio unico, nel 2018 su 1,2 milioni di fatturato ha chiuso con un utile di 186 mila euro.
Gli interessi maggiori sembrano stare altrove. Sempre secondo il bilancio 2018, la Tonino Lamborghini Spa partecipa al 100% nella Town Life HK Ldt a Hong Kong e per il 49% alla Town Life Veicoli Srl, italiana, di cui è amministratore unico il figlio. Rispecchia i piani di investimento: la Town Life produce motoveicoli per la città, già della famiglia Lamborghini era stata venduta nel 2001, cessata nel 2007, poi ripresa. Emerge anche una partecipazione al 30% nella TL International Inc. che ha sede in Corea del Sud e una Ferruccio Lamborghini Spa Limited che ha sede a Hong Kong (nel 2017 risultava anche una Tonino Lamborghini HK Ldt con la stessa sede).
Credere che i volumi di fatturato retail siano tali non è difficile se si tiene conto delle attività che vengono raccontate: la TL International Inc è, per dire, una joint venture con Dasan Network, azienda sudcoreana leader nel settore IT, con cui produce smartphone di alta gamma venduti soprattutto in Russia, Medio Oriente, Cina, Corea del Sud e Regno Unito. I Lamborghini firmano joint venture e partnership in ogni dove: in India per i golf carts, in Brasile per un residence di lusso, in Cina per l’esclusiva su hotel e costruzioni. Est asiatico e Medio Oriente, pare, costituiscono il 60 per cento del mercato.
Le informazioni disponibili, però, sono molto vaghe, almeno per ora (abbiamo chiesto all’azienda spiegazioni sulla discrepanza tra quanto risulta dai bilanci e il volume degli affari ma non ci sono state fornite). Qualcosa, però, si muove perché mentre Elettra l’ereditiera si designava socio unico della neonata Desos Ent, che gestisce i diritti sulla sua immagine da 5,6 milioni di follower su Instagram e da nuova icona pop e del web, papà Tonino creava una holding, la Tl&Sons di cui sono consiglieri tutti i figli. La famiglia prima di tutto.