Il Sole 24 Ore, 26 febbraio 2020
Rischio verde per i prossimi dieci anni
Il coronavirus è oggi la minaccia numero uno per l’economia mondiale con un primo impatto sul Pil già nel 2020 tra lo 0,1 e lo 0,2% secondo il Fondo monetario internazionale. Ma se si allarga l’orizzonte ai prossimi dieci anni i cinque rischi più probabili sono tutti legati da un filo verde: l’ambiente e la sua mancata salvaguardia.
Basta scorrere la quindicesima edizione del Global Risks Report del World Economic Forum con la collaborazione di Marsh&McLennan Company e Zurich per rendersene conto. Al primo posto della classifica stilata da un panel di oltre 750 esperti e decision maker globali della community del Forum – affiancati per la prima volta da circa 200 giovani nati dopo il 1980 – ci sono le condizioni climatiche estreme. Seguono il rischio del fallimento nell’azione a difesa del clima da parte di governi e imprese, i disastri naturali (terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche), la perdita della biodiversità e le catastrofi causate dall’uomo (contaminazioni radioattive o fuoriuscite di petrolio).
Se si allarga il focus ai primi dieci rischi globali compaiono i timori connessi alle tecnologie, come le infrastrutture o le reti in tilt e le falle della sicurezza digitale – rovescio della medaglia dell’innovazione – le incertezze geopolitiche e le malattie croniche.
I rischi legati all’ambiente sono comparsi nella top 5 globale nel 2011 e dal 2017 le condizioni estreme vengono percepite come la principale preoccupazione per il futuro. Ma solo da quest’anno tutti i cinque posti sono occupati da timori legati al clima. L’ambiente domina anche la classifica dei rischi globali in termini di impatto. Qui tre su cinque sono minacce connesse ai cambiamenti climatici, accompagnate dal rischio di armi distruzione di massa e dalle crisi idriche.
I dati, del resto, parlano chiaro e la natura trascurata ha già iniziato a presentare un conto salato se si pensa che nel solo 2018 i governi hanno dovuto staccare un assegno complessivo da 168 miliardi di dollari. L’emergenza aumenta anno dopo anno. Gli esseri umani rappresentano solo lo 0,01% della vita sulla terra, ma la loro azione ha portato alla scomparsa dell’83% dei mammiferi selvatici e di metà delle piante, con un tasso di estinzione oggi al livello massimo.
Per le generazioni più giovani lo stato del pianeta è ancora più preoccupante. Circa il 90% di essi ritiene che le ondate di caldo estremo, la distruzione degli ecosistemi e le conseguenze sanitarie dell’inquinamento peggioreranno nel 2020 rispetto al 77, 76 e 67 per cento rispettivamente delle altre generazioni.
«L’allarme lanciato è un messaggio forte e chiaro e al tempo stesso il segnale di una nuova consapevolezza che non va sottovalutata, ma anzi deve agire da stimolo per ripensare l’agenda globale, anche perché i cambiamenti climatici generano a loro volta altri rischi economici, sociali e finanziari» sottolinea Maurizio Quintavalle, che guida i servizi di consulenza alla clientela di Marsh per l’Europa Sud-occidentale.
Il tempo però stringe ed è ora di agire. A fine 2019 lo stesso segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha avvertito che ci stiamo avvicinando a «un punto di non ritorno». Qualche passo avanti, certo, è stato registrato, come il Green New Deal della Commissione Ue che si pone l’obiettivo della neutralità climata entro il 2050. «Il piano va nella giusta direzione – dice Quintavalle – ma servirebbe un orizzonte di più breve termine e un’azione non circoscritta a un’area del mondo, perché un’emergenza globale necessita di una risposta globale». La consapevolezza cresce tra i vertici delle istituzioni internazionali e le Banche centrali che hanno ben chiari questi rischi e stanno mettendo a punto le contromisure, ma al momento della verità i singoli governi spesso si tirano indietro, come dimostra il fallimento della conferenza dell’Onu sul clima, la Cop25 di Madrid dello scorso dicembre, che doveva essere l’occasione per rilanciare gli impegni.
Intanto l’economia mondiale sta vivendo una fase caratterizzata da un mix tra rallentamento sincronizzato e alto indebitamento, dove le turbolenze sono diventate la “nuova normalità” e non può contare sul tradizionale pilastro del commercio imbrigliato dalle numerose restrizioni.
Il 2020 – si legge nel report – dovrà essere l’anno cruciale per mettere in atto questi cambiamenti. «La strada maestra – afferma Quintavalle – è quella del dialogo, dell’azione coordinata e della condivisione dei rischi in luogo della polarizzazione e dell’unilateralismo». I prossimi dieci saranno dunque gli anni della resilienza – conclude il report – per trasformare questi rischi in opportunità a livello sociale, politico ed economico.