la Repubblica, 26 febbraio 2020
Aiuto, mi si sta scolorendo “L’urlo”
L’urlo sta sbiadendo, e minuscoli campioni di pittura prelevati dalla versione del 1910 della celebre dipinto di Edvard Munch sono stati messi sotto i raggi X, il laser e perfino un microscopio elettronico ad alta potenza: gli scienziati hanno usato tecnologia avanzata per cercare di capire perché porzioni della tela che prima erano di colore giallo-arancio vivido ora sono diventate bianco avorio.
Dal 2012, un’équipe di scienziati a New York e gli esperti del Museo Munch a Oslo stanno lavorando su questa tela (rubata nel 2004 e recuperata due anni dopo). La ricerca permette di scoprire di più su Munch e il modo in cui lavorava, disegnando una mappa che servirà ai restauratori per prevenire ulteriori cambiamenti.
Il mondo dell’arte si rivolge sempre più spesso ai laboratori scientifici per i dipinti di fine Ottocento e inizio Novecento. I gialli cromo di Vincent van Gogh, che in alcuni casi hanno cominciato a imbrunirsi, e i suoi viola, che in alcuni casi sono diventati blu, sono già largamente studiati, ma della tavolozza di Munch sappiamo di meno e gli scienziati stanno aprendo strade nuove. Jennifer Mass, presidente della Scientific Analysis of Fine Art a Harlem (New York) che conduce le ricerche su L’urlo, ci spiega gli aspetti scientifici della questione nel suo laboratorio. Indica la fotografia di quello che sembra un insieme di stalagmiti: è la superficie dell’opera vista al microscopio. «Non è quello che ci piacerebbe vedere», dice. Sul dipinto stanno crescendo dei nanocristalli, chiara evidenza di una degradazione intorno alla bocca della figura centrale, nel cielo e nell’acqua.
Eva Storevik Tveit, restauratrice al Museo Munch, spiega che ci si è rivolti alla Mass per la sua competenza nel giallo cadmio, che aveva studiato nelle opere di Matisse, e per gli eccellenti strumenti scientifici di cui dispone il suo laboratorio. Il museo norvegese, che quest’anno si trasferirà in un nuovo edificio, vuole sapere qual è il modo migliore per esporre il dipinto, trovando un equilibrio fra le esigenze di conservazione e la visione dei visitatori. I materiali sono stati analizzati e la ricerca, che dovrebbe essere pubblicata questa primavera, fornisce una storia più completa del dipinto. L’analisi, dice Mass, ha implicazioni per tutti i quadri del periodo che va dall’Impressionismo all’Espressionismo (cioè dagli anni ’80 dell’Ottocento agli anni ’20 del Novecento) che sono stati dipinti con il giallo cadmio e che nel 20 per cento dei casi stanno sperimentando fenomeni analoghi.
Lei e la sua équipe lavorano per musei, clienti privati, case d’asta, fiere d’arte e artisti su opere di ogni tipo. Fanno parte di una nicchia che si è creata nel mondo dell’arte, quella dei laboratori di alta gamma che operano al di fuori delle grandi istituzioni, anche se spesso in collaborazione con loro: cosa che è diventata più frequente con l’aumento della domanda. L’esempio forse più famoso è quello dell’Orion Analytical di James Martin, rilevata da Sotheby’s e diventata il primo laboratorio del genere all’interno di una grande casa d’aste.
«C’è stata una vera e propria esplosione del settore», dice Nicholas Eastaugh, fondatore e scienziato capo dell’Art Analysis & Research. «Tante persone entrano in questo business portando nuovi approcci, nuove idee e nuove intuizioni». Che sia per scopi di conservazione o di autenticazione, l’analisi scientifica rivela cose che l’occhio nudo non riesce a vedere: quanto è antico veramente un dipinto, se contiene disegni sotto la superficie o quali fattori ambientali potrebbero provocarne il deterioramento. Quest’ultima domanda è particolarmente importante quando si parla di artisti dello stesso periodo di Munch. «L’interesse della gente nasce soprattutto quando si parla di artisti famosi, per ovvie ragioni», dice Eastaugh. «Ma in realtà sono problemi che riguardano tutti gli artisti di quel periodo, se usavano questi materiali».
I colori del tardo XIX secolo e primo XX secolo si stanno sbiadendo con particolare rapidità a causa dei cambiamenti nella fabbricazione delle tinture che erano avvenuti in quel periodo. I colori prima venivano realizzati macinando finemente minerali estratti dal sottosuolo o usando tinture ricavate attraverso piante e insetti. La Rivoluzione industriale portò la produzione di pigmenti sintetici come il giallo cadmio o il giallo cromo. I pittori cominciarono a sperimentare questi pigmenti sintetici, che a volte erano preparati in modo approssimativo e di cui non era ancora stata testata la longevità, ma che avevano una luminosità straordinaria: furono questi colori a rendere possibile la brillantezza cromatica di fauvismo, postimpressionismo e modernismo.
In quel periodo molti artisti stavano abbandonando le tradizionali tecniche di pittura, dice Lena Stringari, vicedirettrice e restauratrice capo del Museo e della Fondazione Solomon R. Guggenheim, che ha studiato il cambiamento di colori e pigmenti nell’opera di van Gogh. «Molti lavoravano all’aria aperta e sperimentavano varie tinture», dice. «Il rigetto dell’accademia portò un’esplosione di colori». Ripristinare le tinte originarie è impossibile, ma la scienza può farci avvicinare al risultato.
©2020 The New York Times
(Traduzione di Fabio Galimberti)