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 2020  febbraio 25 Martedì calendario

Dalle Vele allo Zen e al Serpentone: il fallimento dell'utopia

Da Le Corbusier a Gomorra. La grande architettura del 900 finito malinconicamente a fare da sfondo per i film e le serie sulla camorra, e ora addirittura con una dispendiosa demolizione salutata come segno di speranza pluripartisan.

Giusto Roberto Saviano fa qualche puntualizzazione. «Cade la Vela verde ma non basta per abbattere Gomorra», avverte proprio colui che con i suoi best-seller ha più contribuito a raccontare al mondo come il complesso realizzato tra 1962 e 1975 fosse diventato simbolo di degrado.

«Le Vele non sono responsabili del male di Scampia», spiega. Ricorda che Franz Di Salvo, «un geniale architetto», si era appunto ispirato allo spirito architettonico del tempo, nell’idea di ridurre l’appartamento a un minimo indispensabile ed economico, proiettando la vita in una dimensione collettiva esterna. E osserva che questa idea di «ricostruire lo spirito dei vicoli in un condominio» in effetti ha funzionato in Costa Azzurra, con le Vele gemelle di Villeneuve-Loubet.

L’inizio dell’abbattimento della Vela Verde a Scampia. «Tra gli appartamenti più ambiti d’Europa». Ma «le Vele non furono realizzate come il piano prevedeva». Non si fecero i servizi, e con le occupazioni di famiglie senza casa dopo il terremoto del 1980 la camorra ebbe gioco facilissimo nel trasformare le Vele in un suo regno.  

IL SERPENTONE ROMANO Ma non è solo un problema napoletano. «Tu giganteggi monumentale, nel brullo paesaggio di nuovo Corviale / ma nel vederti domando e dico, che cazzo d’uomo t’ha concepito», è il violentissimo testo dedicato nel 1993 dai Santarita Sakkascia al “Serpentoneromano di Nuovo Corviale

Un brano riecheggiante la leggenda urbana secondo la quale l’architetto Mario Fiorentino dopo aver visto il risultato si sarebbe suicidato.

UN ALVEARE RESIDENZIALE DA RECORD Quell’edificio unico lungo un chilometro per 8.500 persone, servito da cinque corpi scale-ascensori e ballatoi interni a distribuzione degli alloggi, fu interamente prefabbricato in stabilimento nelle sue componenti strutturali e di finitura architettonica.

Il Serpentone di Corviale, il ‘manifesto’ dell’architettura Anni 70 trasformatosi in una mini-città ghetto (Ansa).

Alveare residenziale su 11 livelli strutturato a partire da singole unità abitative sul modello de Les unitès d’habitation di Le Corbusier (come del resto le Vele di Scampia), fu soprannominato subito “Serpentone” ed è tutt’ora il più grande edificio residenziale mai realizzato in Italia. Da subito venne contestato, ma Fiorentino lo difese sempre, spiegando che voleva lasciare un «segno sulla campagna» stile mura romane. In effetti, la sua carriera accademica toccò i vertici proprio allora. Morì di infarto a soli 64 anni nel giorno di Natale del 1982, prima che il “Serpentone” fosse completato. 

IL PROGETTO DI RIQUALIFICAZIONE Tuttora nel “Serpentone” vivono 4.500 persone.«Serpentone, serpentone / alveare di cemento/ tu ti nutri di persone», cantano ancora i Santarita Sakkascia. «Assomigli al Verano/ solamente più spartano/ tetro come una prigione». Anche in questo caso, il progetto era quello di un edificio completamente autonomo con quattro teatri all’aperto, uffici circoscrizionali, biblioteca, scuole dall’asilo alle medie, servizi sanitari, mercato, una sala riunioni di 500 posti e un intero quarto piano esclusivamente dedicato alle attività commerciali e artigianali. Ma le abitazioni iniziarono a essere consegnate tra 1982 e 1984 senza che fossero terminati i servizi. E cominciarono puntuali le occupazioni. Oltre 700 famiglie installandosi proprio al quarto piano fecero saltare tutto lo schema. Il generale abbandono ha fatto il resto, anche se poi qualche servizio è stato effettivamente inserito. Scartata l’idea di abbattimento proposta tra gli altri da Massimiliano Fuksas, dal 2008 è stato approvato un «piano di rinascita».

Un momento del sit in indetto dagli abitanti dello Zen, esasperati dalla montagna di rifiuti, Palermo, 29 gennaio 2020 (Ansa). QUANDO BENNATO CANTAVA LO ZEN «Zona Espansione Nord – abbreviazione: Zen/ Non c’è ragione no – non c’è ragione/ Quartiere di Palermo – città d’Italia/ Non c’è ragione no – non c’è ragione/ Zona Espansione Nord – abbreviazione: ZEN/ Non c’è ragione no – non c’è ragione/ Anno quarantatré della Repubblica/ Età industriale, quinta potenza al mondo!», cantava nel 1989 Edoardo Bennato.



«Progettazione: all’avanguardia/ Somma espressione dell’urbanistica». 16 mila abitanti, lo Zen di Palermo è suddiviso in due aree, divise dalla Chiesa monumentale di San Filippo Neri. Se lo Zen 1 è più o meno in regola, lo Zen 2, costruito a partire dal 1969 su progetto dell’architetto Vittorio Gregotti, è restato invece una entità avulsa. Anche qui, a una peculiare struttura architettonica a insulae si sono aggiunti ritardi burocratici, occupazioni e mancata realizzazione di servizi. Tuttora è in gran parte senza fognature, manca manutenzione, e ovviamente si è insediata la mafia. Anche in questo caso Fuksas aveva proposto di abbattere tutto. 

IL VIRGOLONE DEL PILASTRO La citofonata elettorale di Matteo Salvini ha riportato all’attenzione nazionale anche il Pilastro di Bologna. Concepito nel 1962, inaugurato nel 1966, il quartiere è stato oggetto di ulteriori interventi di riqualificazione  a metà degli Anni 80 e attorno al 2000. Nei primi Anni 90 divenne uno dei teatri dei delitti della Uno Bianca. Il simbolo del Pilastro è il Virgolone, l’edificio di alcune centinaia di metri a forma di virgola. Gli architetti, coordinati da Giorgio Trebbi, si sarebbero ispirati a modelli sovietici per creare un quartiere autonomo con pochi collegamenti rispetto al resto della città, ma già dotato di tutti i servizi. Cosa che non avvenne.

Matteo Salvini nel maggio 2019 a Zingonia (Ansa). IL PARADISO PERDUTO DI ZINGONIA Ancora più a Nord è Zingonia: progetto urbano realizzato nella seconda metà degli Anni 60 dall’architetto Franco Negri su richiesta dell’imprenditore Renzo Zingone, e ubicato in provincia di Bergamo tra i comuni di Verdellino, Ciserano, Osio Sotto, Verdello e Boltiere. Anche qui l’idea originaria era quella di un’urbanizzazione razionale per oltre 50 mila persone, fornita sia di servizi che di spazi industriali e ricreativi, in modo da evitare il pendolarismo. Ma i Comuni interessati iniziarono subito a litigare su chi avrebbe dovuti spendere per fornire i servizi, e in più con il 1973 arrivò la crisi. Tutto si fermò e lo stesso Zingone si trasferì altrove. Anche qui illegalità e ghettizzazione si sono imposte.  Anche Zingonia, con l’abbattimento delle famose Torri, è in via di riqualificazione.