Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  febbraio 25 Martedì calendario

Sulle criptovalute lo spettro della corruzione

Le criptovalute attualmente in circolazione si presume siano 450, la più famosa è il bitcoin, moneta virtuale biridezionale in quanto facilmente convertita con le principali valute ufficiali e viceversa. In forma fisica non esiste (anche per questo viene definita ’virtua-le’), ma la criptovaluta si genera e si scambia esclusivamente per via telematica. E può essere scambiata in modalità peer-topeer (ovvero tra due dispositivi direttamente, senza necessità di intermediari) per acquistare beni e servizi (come fosse moneta a corso legale a tutti gli effetti). È un fenomeno in grande espansione e del quale vanno studiate attentamente potenzialità ma anche limiti connessi.
Tra i molti potenziali vantaggi, le criptovalute offrirebbero ad esempio una maggiore velocità ed efficienza nei pagamenti e nelle rimesse estere, promuovendo altresì l’inclusione finanziaria. Le criptovalute si sottrarrebbero inoltre all’azione degli incentivi, potenzialmente controproducenti, tradizionalmente legati alle banche e ai governi sovrani. Persino il governo cinese aveva preso in considerazione la creazione di una criptovaluta nazionale.
Accanto ai benefici delle ’valute virtuali’, si accompagnano però molte ombre. E su queste si è concentrata l’attenzione del convegno ’Corruzione & Criptovalute’, organizzato a Rimini dall’Ordine dei Commercialisti.
Fabio Ronci, vicepresidente di Banca Popolare Valconca, mette in luce due aspetti negativi: «la disintermediazione, ovvero fuga dai procedimenti tradizionali di intermediazione della ricchezza; e la difficile identificabilità che si cela dietro ai codici criptati». «La tracciabilità garantita dai servizi informatici dovrebbe garantire la massima riconducibilità alle persone e ai movimenti – rilancia sul tema il Pubblico Ministero Gianfranco Donadio – ma restano spesso avvolti nel mistero la porta d’ingresso e quella di uscita di queste operazioni».
Il crescente utilizzo delle criptovalute nell’ecosistema criminale, richiama l’attenzione sulla necessità di ricondurre questa nuova tecnologia sotto il controllo delle autorità. «Le criptovalute hanno occupato uno spazio non regolamentato – è l’opinione del dottor. Umberto Ambrosoli –. È strumento di investimento ancora da normare». Nel convegno ha ripercorso la vicenda drammatica del padre, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona fallita, ucciso nell’adempimento del dovere e dopo aver scoperchiato la frode milionaria, e ha messo in relazione la corruzione di ieri con quella attuale.
L’Italia ha provveduto a regolamentare in qualche modo le ’valute virtuali’ con una normativa del 2017, precedendo di due stagioni quella europea, ma c’è il problema di conciliare le leggi con gli altri Paesi. «Prevenire e contrastare le condotte illecite basandosi solo sull’ordinamento è meramente virtuale» sottolinea Ambrosoli. Per Claudio Clemente, direttore dell’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF), l’ente autonomo della Banca d’Italia con il ruolo di unità centrale antiriciclaggio, «lo pseudo anonimato può rappresentare un forte incentivo ad attività illecite attraverso le criptovalute, come finanziamento di organizzazioni criminali, riciclaggio o corruzione».
Il filosofo Nevio Genghini sposta la riflessione su un altro piano. «Sono necessarie cultura ed educazione per evitare che la corruzione diventi una consuetudine che porti nel cittadino quasi la rassegnazione» è l’opinione del dottor Giancarlo Ferrucini.