Libero, 25 febbraio 2020
Non sono sicuri due prodotti online su tre
C’è chi è convinto di far parte, e di voler far parte, di un processo di modernità nel farsi consegnare a casa pacchi e pacchetti senza muoversi dal divano. E chissenefrega se il negozio sotto casa chiude, viene trasformato in appartamento (a Milano, per esempio, è ormai la normalità) mortificando e spegnendo, strada dopo strada, interi quartieri. Chi, invece, è convinto di fare dei veri e propri affari risparmiando qualche spicciolo. E chissenefrega della qualità, questa sconosciuta. In pochi, anzi in pochissimi, si preoccupano se la merce comprata sulle piattaforme di e-commerce sia a norma di legge e quindi sicura per la salute.A smascherare la “truffa” a portata di mouse ci ha pensato il mensile Altroconsumo con una inchiesta sul prossimo numero di marzo, fatta in collaborazione con diverse associazioni di consumatori a livello europeo. I risultati sono scoraggianti: due terzi degli acquisti online, ovvero il 66%, non è sicuro e non è conforme alle normative europee.
Non c’è categoria che si salva: a partire dai trucchi per i bambini, quelli che in genere si utilizzano per le feste di compleanno (bocciato il 91% di quelli acquistati), passando per i giocattoli, tanto per rimanere in tema di infanzia. Quelli presi in esame sono stati trovati con quantità elevate di ftalati (le sostante tossiche che si aggiungono alla plastica per facilitarne il modellamento) fino a 200 volte il limite previsto per legge. Pure l’88% degli abiti per bambini non rispetta gli standard europei che mirano a preservare la salute dei più piccoli.
E poi ancora: carica batteria Usb di scarsissima qualità e adattatori per viaggio risultati talmente pericolosi da provocare addirittura degli incendi. E pericolosi, all’indirizzo di Altroconsumo, sono risultati anche i classici palloncini, i kit per sbiancare i denti, i rilevatori di fumo e monossido di carbonio.
I siti su cui sono stati fatti gli acquisti sono quelli noti ai più: Amazon in primis, Aliexpress, eBay, LightInTheBox e Wish. 250 i prodotti acquistati ai fini dell’inchiesta, di cui due terzi risultati non a norma. I risultati sono stati condivisi con il ministero dello Sviluppo economico e il ministero della Salute, ai quali è stato chiesto un intervento per arginare il fenomeno e prendere provvedimenti seri a tutela dei consumatori. E dire che le piattaforme in questione, già legalmente autorizzate a pagare tasse ridicole rispetto a chi gestisce un negozio vero e proprio, sono in qualche modo tutelati per legge, che li considera dei semplici “intermediari” e quindi senza alcuna responsabilità sui prodotti che mettono in vetrina e vendono. La solita scappatoia legale all’italiana, viene da dire, che obbliga gli “intermediari” soltanto a rimuovere i prodotti non in regola dopo che i consumatori ne hanno segnalato la pericolosità non certo senza andare incontro alla solita burocrazia.
«L’attuale quadro normativo non è in grado di dare la giusta tutela, in termini di sicurezza, ai consumatori», spiega infatti Ivo Tarantino, responsabile relazioni esterne Altroconsumo, «da un lato, le piattaforme non riescono a impedire la vendita di prodotti non sicuri e a rimuoverli tempestivamente quando sono già in vendita, dall’altro, le autorità non riescono a garantire una sorveglianza adeguata e un’applicazione efficace delle norme». Chi paga, alla fine, è sempre lui, il consumatore che sceglie di comprare online pensando «che la comodità ed efficienza del servizio sia associato anche ad una garanzia di qualità dei prodotti offerti», osserva ancora Tarantino. «Purtroppo non è così, i dati ce lo dimostrano».
L’inchiesta è stata fatta tra gennaio 2019 e gennaio 2020 e tutti i prodotti acquistati, di 18 diverse categorie, sono stati poi testati in laboratorio. «Come Altroconsumo, vogliamo accendere i riflettori sul tema e chiediamo alle istituzioni che ci sia una presa di responsabilità concreta e congiunta da parte di tutti gli attori coinvolti. Auspichiamo di essere partner di questo processo per arrivare ad uno scenario in cui ci sia la maggiore tutela possibile dei consumatori», chiosa il responsabile del mensile. come difendersi Certo, la migliore difesa è quella di non comprare online. Ma, se proprio non se ne può fare a meno, meglio affidarsi a marchi sicuri, che si conoscono, diffidando sempre dai prezzi troppo bassi. E non dimenticare che i prodotti comprati online possono essere restituiti entro 14 giorni dall’acquisto.