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 2020  febbraio 24 Lunedì calendario

Ci sono fantasmi nell’ambasciata afgana a Roma?

C’è chi dice che addirittura i fantasmi ci abbiano messo lo zampino. Chi parla di un colpo basso contro una donna in una poltrona estera importante, chi spiega tutto con la lotta politica in Afghanistan tra il capo dello Stato Ashraf Ghani e il premier Abdullah Abdullah, rivali nelle presidenziali dello scorso settembre concluse con un risultato ufficiale dopo mesi. Al centro del groviglio diplomatico, Helena Malikyar, ambasciatrice di Kabul in Italia. Ha presentato le credenziali a Sergio Mattarella lo scorso novembre, ma – giurano i media afgani – sarebbe già stata invitata dal suo governo a fare le valigie e tornare a casa.
Malikyar, una storica e analista politica dall’inglese fluente e dalle buone conoscenze, è una ottima amica di Rulla Ghani, moglie del presidente. Nata in Arizona, studi alla New York University, l’ambasciatrice è una delle pedine che il capo dello Stato – uomo dalle molte connessioni internazionali – sta muovendo per riformare il ministero degli Esteri e allontanare i partigiani di Abdullah, sostenuto tra gli altri dall’Alleanza del Nord (del fu Massud). Sbarcata a Roma, Malikyar avrebbe trovato un clima ostile tra i suoi collaboratori, tra l’altro non felici – raccontano da Kabul persone informate – di vedersi piazzata una donna sulla testa. Irritazione avrebbe creato in ambasciata pure l’insofferenza della raffinata signora per le fatiscenti condizioni della residenza, ai piani superiori dell’ambasciata di via Nomentana. Bell’edificio, ma bisognoso da anni di manutenzione. E qui entrano in gioco i fantasmi. Sarebbero stati fatti circolare ad arte sui social, e non solo, aneddoti su terrificanti spettri che si aggirerebbero nel palazzo, oltre l’ingresso vegliato da due leoni di pietra.
Un po’ troppo per Malikyar. Che avrebbe senza mezzi termini chiesto il siluramento dei fantasiosi e ostili collaboratori. Cinque sarebbero stato convocati a Kabul. L’ambasciatrice nel frattempo ha continuato il suo lavoro. Diplomatici italiani ed esperti di Afghanistan la descrivono come “colta e preparata”. Entusiasta di progetti di onlus italiane in favore delle afgane, come il Pink Shuttle, un bus per favorire la mobilità delle donne del suo paese, presentato a Palazzo Pallavicini davanti a plaudente nobiltà romana.
Ma il fronte anti-Ghani non si è dato per vinto e a metà febbraio, attraverso l’agenzia afgana Khama Press e poi l’emittente Tolo Tv, è arrivata la notizia della cacciata di Helena Malikyar. Che pare sia stata colta piuttosto di sorpresa. Lei risponde cortesemente al telefono, dice di essere al lavoro, ma non commenta. In una partita politica difficile, spiegano suoi conoscenti, non vuole fare passi falsi, neanche confermando la dismissione. A Kabul intanto alcune fonti hanno fatto circolare la notizia che a provocare il taglio delle teste nell’ambasciata di Roma sia stata la scoperta di “irregolarità amministrative”, ma voci vicine all’ambasciatrice liquidano ogni addebito sottolineando il breve periodo in carica di Malikyar, non sufficiente per maturare responsabilità in merito.
Ghani va avanti e stila liste di prossimi ambasciatori. Abdullah contesta i risultati (un riconteggio ha assegnato la vittoria al rivale per lo 0,56%) e rincara mettendo in discussione non solo le prerogative in materia di politica estera del presidente, ma proprio la poltrona del capo dello Stato.