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 2020  febbraio 23 Domenica calendario

Come si fanno le maschere degli attori

È un attimo: si comincia con la gobba di Leopardi e si finisce con la faccia di Ligabue. E così, dopo Pierfrancesco Favino e Toni Servillo, con Volevo Nascondermi di Giorgio Diritti – presentato due giorni fa alla Berlinale – anche Elio Germano si è unito ai pionieri italiani del trucco prostetico, versione moderna del vecchio make-up in grado di stravolgere, meglio di una maschera, i connotati degli attori. Solo negli ultimi due anni la prostetica – che in America è categoria da Oscar, ma in Italia è confusa col trucco – ha trasformato Servillo in Berlusconi, Favino in Buscetta e Craxi e Germano in Ligabue. Per Andrea Leanza, l’artista prostetico sul set di Hammamet, «l’evoluzione dei materiali ha contato molto. Prima in America e poi in Europa, sull’onda di Harry Potter, abbiamo cominciato a usare il silicone al platino medico, lo stesso degli interventi al seno. La resa è realistica ma è più pesante da indossare». 
PENSIONE
A mandare in pensione la schiuma di lattice, fino a 15 anni fa materiale di prima scelta, è stata la diffusione dell’alta definizione: le macchine in HD sentono la sua densità, leggendola come opaca, e rovinano l’effetto. Dalla medicina proviene anche la nuova colla utilizzata per attaccare le protesi, la stessa che si usa per suturare le ferite: il costo, 800 dollari al litro, non la rende a buon mercato. Eppure, in termini economici, la prostetica è ancora più conveniente del ritocco digitale. Un’operazione estrema come quella di The Irishman di Martin Scorsese, in cui il ringiovanimento digitale degli attori ha fatto lievitare il budget da 100 a 160 milioni di dollari, sarebbe impensabile in Italia. «Molto banalmente: fabbricare una dentiera costa meno che disegnare un dente marcio in ogni fotogramma – spiega Lorenzo Tamburini, creatore di Ligabue e Buscetta – La prostetica incide in Italia ancora poco sul budget di un film. A pesare è il tempo per la preparazione, da un minimo di due settimane a cinque, sei mesi». 
Oggi alla Berlinale con Pinocchio, Matteo Garrone è considerato il pioniere italiano nella prostetica da film, da lui sdoganata nel 2015 con il gigante deforme de Il racconto dei racconti: in Pinocchio il lavoro di prostetica, realizzato dall’inglese Mark Coulier insieme al nipote d’arte Pietro Scola, sarebbe stato, a detta del regista, «fondamentale per creare effetti dentro la storia che sembrassero naturali e reali». 

VISIONARIO
Ma non tutti, in Italia, condividono la sua visionarietà. Lo stesso Marco Bellocchio, prima di autorizzare i sei processi di prostetica necessari per Buscetta (zigomi e guance finte, protesi alla mascella, pancia), aveva chiesto di fare a meno del trucco. E Gianni Amelio, spiega Leanza, «all’inizio voleva che si sentisse l’attore, che Favino non fosse troppo somigliante a Craxi. Alla prima prova trucco cambiò idea». 
La scomparsa dell’attore nella maschera è un tema dibattuto dagli stessi addetti ai lavori: «Il rischio è di fare la fine del cabaret. È importante che il trucco rispetti la visione dell’attore e che non lo nasconda – commenta Aldo Signoretti, alle parrucche per Loro, Volevo Nascondermi e nel prossimo film su Elvis di Baz Luhrmann – Sorrentino ha dato al suo attore la maschera di Berlusconi, ma Servillo non scompare mai». Di diverso avviso il decano della recitazione Giancarlo Giannini, già trasformista in Mimi Metallurgico ferito nell’onore e Film d’amore e d’anarchia: «Le trasformazioni eccessive non mi trovano d’accordo. Mi sembra che ci siamo fatti prendere la mano, sembra di guardare Tale e Quale Show. Stiamo parlando di grandissimi attori. Ma trovo inutile voler assomigliare a un personaggio. Coppola mi raccontò che Marlon Brando per Il padrino si mise due mezze patate in bocca per camuffarsi. E quel genio di Bucci fece Ligabue con niente: solo sguardo, tensione e movimento».