Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  febbraio 23 Domenica calendario

Mughini commenta la sconfitta di Landolfi nel torneo di Robinson

Caro Dago, premetto che in fatto di escogitazioni editoriali il mio vecchio compare Giorgio Dell’Arti è un genio. La rubrica che lui trasmette cinque volte alla settimana online dopo esseri alzato alle quattro del mattino è imperdibile per un cittadino della Repubblica.  
Il mensile letterario Wimbledon che lui s’era inventato una ventina d’anni fa e a fare il quale ci rimise un bel po’ di dindini era succulento, né io dimentico che quando quel mensile andò gambe all’aria Giorgio pagò sino all’ultima lira noi collaboratori. Nel giardino della casa di Marina/Carlo Ripa di Meana, Giorgio e sua moglie Lauretta Colonnelli erano fra gli ospiti a me più graditi.
Da ultimo lui s’è inventato un torneo letterario su Robinson, il fascicolo settimanale della Repubblica. Altra idea magnifica. Solo che in fatto di tornei letterari e di premi letterari i risultati sono talvolta indecenti. Succede difatti che in questo stuzzicante format inventato da Giorgio si contendano il primato ogni volta due scrittori. In questo caso Primo Levi contro Tommaso Landolfi. Ebbene Levi ha battuto Landolfi. Più indecente di così.
Beninteso Levi ha scritto un grande libro, La tregua, e un libro da cui nessuno di noi può prescindere, il celebratissimo Se questo è un uomo. E poi anche un altro paio di libri molti belli, tra cui uno firmato con lo pseudonimo Malabaila. Bei libri, magnifici libri.
Nulla di paragonabile tuttavia con l’opera omnia di Tommaso Landolfi, uno dei cinque più grandi scrittori italiani del Novecento, uno di cui nessun libro – lui vivente – superò le 1000-2000 copie vendute. Un’opera gigantesca durata quarant’anni, prelibati capolavori tipo Il Mar delle Blatte (1939), lo strepitoso Le due zittelle (1946), il sublime Racconto d’autunno (1947), Ottavio di Saint-Vincent (1958). Se non la realtà (1960).
E così via, un capolavoro dopo l’altro. A un certo punto l’editore Vallecchi gli chiese di partecipare a un importante premio letterario. Landolfi sapeva di non avere un grande pubblico, che i suoi lettori erano pochini. «E che mi succede se non lo vinco, mi date un risarcimento?» chiese al suo editore. Vallecchi esitò un attimo prima di rispondere.
A quel punto Landolfi chiese ancora: «E che mi succede se lo vinco? Spero che anche in quel caso mi darete un risarcimento». E voleva dire che i premi sono una cialtronata e basta, tanto è vero che né Louis-Ferdinand Céline né Philip Roth ne hanno mai vinti di veramente importanti. Nel caso della sua sconfitta al torneo inventato da Dell’Arti, a Landolfi è andata bene. Ha perso.