Corriere della Sera, 22 febbraio 2020
Chi è la prima vittima italiana del coronavirus
Si chiamava Adriano Trevisan e aveva 78 anni. È la prima vittima del coronavirus in Italia. Ex titolare di una piccola impresa edile, da tempo in pensione, Trevisan era stato ricoverato dieci giorni fa all’ospedale di Schiavonia, tra Este e Monselice. I sintomi che presentava avevano fatto pensare a una grave forma influenzale. Ma mercoledì le sue condizioni erano peggiorate, il giorno dopo il 78enne e un altro pensionato di 67 anni ricoverato assieme a lui con un quadro clinico simile, sono stati sottoposti a tampone faringeo e nel pomeriggio di ieri è arrivato il responso del test: positivo. I due pensionati si conoscevano. Frequentavano gli stessi due bar, ora chiusi con un’ordinanza del sindaco Giuliano Martini, dove andavano a giocare a carte. Non erano mai stati in Cina e si stanno ricostruendo i loro contatti per risalire a chi potrebbe averli contagiati. Durante la permanenza in ospedale sono stati curati in vari reparti: Pronto soccorso, Geriatria, Medicina. Trevisan è morto in Terapia intensiva. I familiari dei due anziani sono in isolamento fiduciario domiciliare e sottoposti a vigilanza quotidiana. Vanessa, una dei tre figli di Adriano Trevisan, era stata sindaco di Vo’ Euganeo.
Da ieri Vo’ Euganeo, 3.300 abitanti, è un paese isolato, scuole e negozi chiusi (tranne le attività commerciali di pubblica utilità e i servizi essenziali), mezzi pubblici interdetti, lavoratori costretti a casa – a meno che non operino nei servizi essenziali —, attività ludiche, sportive e feste di Carnevale sospese. Nelle stesse ore in cui il ministro della Salute, Roberto Speranza, volava a Milano per i primi contagi italiani, il laboratorio di Microbiologia e virologia dell’Università di Padova diagnosticava l’infezione nei due anziani. Il governatore veneto Luca Zaia ha riunito nella sede dell’Usl Euganea l’unità di crisi che, in collegamento con il ministro Speranza e il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, ha adottato le misure descritte e altre «prudenziali». «L’ospedale di Schiavonia sarà chiuso e svuotato in cinque 0 sei giorni – ha detto Zaia —. Nessuno potrà entrare, né i ricoverati saranno dimessi prima di essere stati sottoposti a tampone».
«Le attività programmate sono sospese, i ricoverati di tutti i reparti torneranno a casa dopo il risultato del test, se negativo – ha precisato la dottoressa Francesca Russo, a capo della Direzione regionale prevenzione – lo stesso vale per gli operatori sanitari venuti a contatto con i soggetti infetti. I test saranno ripetuti nei reparti che li hanno accolti. Le persone che dovessero risultare sintomatiche o positive al virus saranno ricoverate, i soggetti asintomatici rimarranno in sorveglianza attiva a casa. A meno che, per tutelare i parenti, non vogliano stare in ospedale».
Per creare un cordone sanitario attorno a Vo’ Euganeo, affronteranno il tampone 4.200 persone. Per fornire un supporto logistico all’Usl, la Regione ha creato una task force di medici e infermieri e la Protezione civile sta allestendo un campo base a Schiavonia. «Se dovessimo avere problemi di spazio potremmo appoggiarci alle scuole, che saranno vuote – ha detto Zaia —. A ulteriore tutela dell’intera popolazione del Veneto, il test per il coronavirus sarà esteso ai pazienti con gravi forme influenzali».