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 2020  febbraio 21 Venerdì calendario

Bloomberg paga 500 influencer

Michael Bloomberg deve affidarsi a un’arma segreta per rimediare al flop del debutto televisivo nella gara con gli altri candidati democratici. L’arma segreta è un esercito di 500 “influencer” a pagamento, reclutati in California per disseminare messaggi nella rete delle loro conoscenze. La California è il più grosso degli Stati dove si vota per le primarie del Supermartedì 3 marzo, assegna 494 delegati sui 1.357 che saranno in palio quel giorno (per vincere una maggioranza di delegati, bisogna oltrepassare la soglia dei 1.991).
Lì sulla West Coast l’ex sindaco di New York si gioca molto, se non tutto. La sua candidatura finora era rimasta virtuale, visto che non si era presentato alle primarie di Iowa e New Hampshire, né parteciperà a quelle del Nevada e South Carolina nei prossimi giorni. Una campagna pubblicitaria massiccia, fatta di spot tv in cui ha già investito mezzo miliardo di dollari, aveva proiettato Bloomberg al secondo posto nei sondaggi dietro Bernie Sanders. Ma questi erano sondaggi fatti alla vigilia di martedì sera, quando per la prima volta il progressista straricco (patrimonio stimato oltre i 60 miliardi) è sceso nell’arena di un dibattito tv.
Con un risultato disastroso. I primi 15 minuti sono stati un “plotone d’esecuzione": tutti gli altri contro il miliardario ex sindaco di New York. Bloomberg è apparso timido, impacciato, quasi sorpreso. La senatrice Elizabeth Warren è stata la più feroce, gli ha rimproverato a più riprese frasi sessiste e accuse di discriminazioni contro le donne nella sua azienda. Bernie Sanders e Joe Biden gli hanno rinfacciato la procedura " stop-and-frisk “ (ferma e perquisisci) applicata dalla polizia newyorchese in modo sproporzionato ai danni di persone di colore quando lui era sindaco. Pete Buttigieg lo ha accusato di voler «comprare l’elezione » con i suoi miliardi. Tutti quanti lo hanno tacciato di scarsa trasparenza fiscale per non avere ancora divulgato le sue dichiarazioni dei redditi. Lo hanno trasformato in un simbolo vivente delle diseguaglianze sociali.
Doveva aspettarselo, quindi essere pronto a reagire. Ha avuto qualche uscita brillante, quando ha detto al socialista Sanders che «uscire dal capitalismo è stato già provato e non ha funzionato, queste sono le ricette che faranno rieleggere Donald Trump». Però non ha convinto, quando alla domanda di Sanders se sia giusto che il suo patrimonio valga quanto quello di 120 milioni di americani, ha risposto: «Ho lavorato duro».
Di sicuro la scelta degli altri candidati di attaccare così pesantemente Bloomberg ha messo in ombra quello che dovrebbe essere il bersaglio principale: alla fine si è parlato poco di Trump, delle sue politiche, delle ragioni per cui cacciarlo il 3 novembre. Ma questa era la serata del primo test reale per Bloomberg e sembra esserne uscito malconcio. Se non è in grado di difendersi dai suoi compagni di partito, è difficile immaginarlo più forte e aggressivo contro un lottatore come il presidente.
I suoi ora dicono che per Bloomberg i dibattiti non sono molto importanti, che la sua strategia è costruita su altri mezzi di comunicazione. È il Wall Street Journal a rivelarne un dettaglio nuovo. Oltre alla pubblicità televisiva – negli Stati del Supermartedì ha già investito 147 milioni solo per spot sulle tv locali – la campagna di Bloomberg inaugura un metodo nuovo. Ha assunto 500 “deputy digital organizer”, di fatto degliinfluencer. Li organizza Outvote, una app creata da Higher Ground Labs, incubatore tecnologico di start-up vicine al partito democratico. Pagati 2.500 dollari al mese, lavorano dalle 20 alle 30 ore alla settimana per diffondere nelle loro reti di conoscenze messaggi favorevoli all’ex sindaco di New York.
È la prima volta che un candidato può permettersi un simile esercito di mercenari dei social. Il che pone problemi inediti, per esempio a Facebook: le cui regole in teoria richiedono che il “creatore di contenuti” dichiari se il suo messaggio è stato pagato da uno sponsor. Il vero interrogativo però è se i soldi e la tecnologia basteranno a far dimenticare la deludente prestazione del Bloomberg in carne ed ossa. La risposta il 4 marzo.