ItaliaOggi, 20 febbraio 2020
Periscopio
Se Salvini ha raggiunto il suo apice, la Meloni no. Il suo serbatoio è fra coloro che in passato hanno votato M5S. Marco Tarchi, docente di Scienze Politiche a Firenze. Corsera.
Le Sardine non spariranno subito perché servono ancora per le elezioni regionali in Toscana, Campania e Puglia. Mario Roberti. La Verità.
La sinistra italiana ha l’antico vizio di dover ciclicamente fare maquillage: oggi si chiamano Sardine, in precedenza Girotondi, Popolo viola e via elencando. Ma dietro ci sono sempre gli stessi, quelli che fondano la loro linea politica su una sorta di superiorità morale, secondo il quale chi non vota a sinistra è scemo. Le Sardine sono la faccia pulita di gente che è lì da anni. Dopo di loro, arriverà un altro movimento, ma il giochino è sempre lo stesso. Francesco Borgonovo. La Verità.
Mi disturba il comportamento pilatesco di chi adesso vuole scaricare solo su Salvini una responsabilità politica che è anche di altri membri del governo e, in primo luogo, di Conte. Antonio Di Pietro (Stefano Zurlo). il Giornale.
Che il partito di Matteo Renzi sia al 40 o al 30% non cambia assolutamente nulla: o comanda lui o fa casino (per la verità faceva casino anche quando comandava lui). Pretendere che Matteo Renzi stia sotto padrone o che solo collabori per portare acqua al mulino di un altro mugnaio è come sostenere che il sole sorge a Ovest: sbagliato, impossibile. Alessandro Sallusti (Il Giornale).
Ho salvato persone che Malta non poteva accogliere e che rischiavano di morire, chiedendone la redistribuzione in Eu. Invece sono stato denunciato. Indovinate da chi? Da Legambiente Sicilia. Matteo Salvini, segretario della Lega (Alessandro Mondo), la Stampa.
Mentre Palazzo Chigi brucia, il Parlamento nemmeno discute. Dalla ripresa dei lavori dopo le festività natalizie, è praticamente fermo, immobilizzato dalla (finta) crisi di governo. Francesco Verderami. Corsera.
Il governo Conte è un governo senz’anima. Destinato, in assenza di un colpo di reni, a spegnersi lentamente. Bruno Manfellotto. L’Espresso.
Chi mi vuole bene mi ha suggerito di fare attenzione, perché, mi ha detto, i giudici non sono uguali per tutti. Ma io ne ho incontrati tanti e credo che il 99% di loro siano persone per bene, libere, rispettose e rispettabili. Matteo Salvini, segretario della Lega. (Alessandro Mondo), la Stampa.
Il coraggio di Craxi nello sfidare i sindacati sulla scala mobile, a esempio. Il suo modo di improntare le relazioni col mondo imprenditoriale, poi, era tutt`altra cosa rispetto al vecchio modo di intendere i rapporti di classe del partito comunista. E poi ha portato il piccolo Psi a percentuali importanti rendendolo centrale nella vita politica. Ricordo che anche sul caso Moro fu uno dei pochi per la trattativa. Cose che fanno di lui un riferimento. Davide Faraone, capogruppo al Senato di Forza viva Pier Francesco Borgia (il Giornale).
Le statistiche dimostrano che, dalla Seconda guerra mondiale a oggi, gli esseri umani sono diventati mediamente più longevi, sani, ricchi, liberi e felici, non solo in Occidente ma a livello mondiale. Questo costante sviluppo positivo rimane invisibile perché la maggior parte della gente non ricava la propria comprensione della realtà dalle statistiche ma dai titoli dei giornali che di queste cose positive non parlano quasi mai. Enrico Franceschini, il Venerdì.
Peter Friedlander è un veterano di Netflix. È lui che, nel 2011, si è occupato di House of Cards, una serie sul potere già uscita in Gran Bretagna di cui aveva scorto l’enorme potenziale. «Decidemmo una cosa mai fatta prima: fare uscire due stagioni tutte insieme, ventisei episodi di colpo! Sapevamo dai nostri dati che sempre più persone, almeno nel caso di Breaking Bad, Lost, Prison Break, li guardavano già di seguito, come fossero capitoli di un libro, come infatti chiamammo le puntate. Ma è in quel momento che ufficialmente nasce il binge-watching, l’indigestione di tv». Riccardo Staglianò. il Venerdì.
Mio padre aveva il gusto del lavoro ben fatto. Un signore del posto vicino a Como mi disse: «Se tüch i sicilian fussen cuma el to pà, la Sicilia l’era el Giapùn». Non mi fece piacere. Era un’offesa ai siciliani, che abitano una terra meravigliosa e potente. Antonio Albanese, comico (Aldo Cazzullo). Corsera.
Continuo a disegnare. Ma lo faccio al computer perché in pratica non vedo. È difficile da spiegare cosa provo. O forse è la cosa più semplice, se la vedi come la sottrazione di un organo o di una funzione. È stato un progressivo perdere qualcosa, un lento scivolare dentro una diversa dimensione. Credimi, non è che la cosa mi faccia piacere. Ma alla fine ci si abitua. Le ombre diventano una parte di te. Sergio Staino, disegnatore satirico, creatore di Bobo (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Ritornai in Italia nel 1979. Ero molto amica di Egon von Fürstenberg. Una sera di febbraio, a Cortina, sua madre, Clara Agnelli, m’invitò a cena: «Ci sarà uno stilista emergente». Era Gianni Versace, che alla fine mi chiese: «Che fai nella vita?». Niente, replicai. «Allora vieni a lavorare per me a Milano». Ospite nella sua casa di via del Gesù, dopo che aveva superato una grave malattia, gli chiesi: come hai fatto a creare un simile impero? Rispose: «Controllo anche le mille lire che escono dalla cassa». Poi, rivolto a mio marito, disse: «Tenetela stretta questa donna. È l’unica che conosco capace di far ridere». Francesca Calissoni, stilista (Stefano Lorenzetto). Corsera.
È stato mio maestro un pittore appena scomparso, Giancarlo Vitali. Un grande amico, da lui ho imparato tanto in termini di serietà del lavoro; mai sedersi sugli allori e non montarsi la testa. Una delle grandi lezioni: quasi tutto è vanità. Andrea Vitali, romanziere. (Luca Pavanel). il Giornale.
Fui assunto a Milano dallo studio Sigla del commendator Mario Bellavista con lo stipendio di 45 mila lire al mese, una miseria. Trovai alloggio a Ospitaletto, Brescia. All’alba prendevo il treno dei pendolari per Milano. Mi infilavo sul tram 33 e arrivavo in piazzale Biancamano, sede della Sigla. La città mi appariva enorme, con la neve, il traffico e le latterie dove mi sfamavo a furia di pane e caffellatte. Allo Studio Sigla, che lavorava per Bic e Spic e Span, dovevo indossare un camice cremisi, come tutti i creativi. Stavo in un salone con le penne ben disposte e la carta fine. Non sapendo che fare, disegnavo. E tutti mi si facevano intorno. Il disegno è sempre stato il mio asso nella manica. Gavino Sanna, pubblicitario (Paolo Baldini). Corsera.
Zingaretti: non volete darmi una poltrona? Datemi uno strapuntino. Roberto Gervaso. il Giornale.