Il Messaggero, 20 febbraio 2020
Intervista a Guido Maria Brera
Accade il terzo mercoledì di ogni mese, in una stanza al tredicesimo piano di un grattacielo a Midtown Manhattan, con vista sul mondo. Qui si danno appuntamento i Diavoli. Chi sono? Un cerchio magico di uomini – finanzieri, banchieri e pensatori liberi – che difendono il Nuovo Ordine Mondiale, decidendo le sorti dell’economia globale e quindi, le nostre stesse vite. Da questa suggestione parte il nuovo romanzo di Guido Maria Brera, La fine del tempo (La Nave di Teseo) che l’autore presenterà oggi a Roma, con Sandro Veronesi, alla libreria Feltrinelli di Largo di Torre Argentina, alle ore 18.30. Romano classe 69, studioso delle teorie economiche di Federico Caffè (a cui dedica il libro), oggi è capo degli investimenti del Gruppo Kairos Julius Baer e dovendo spiegare il suo lavoro, usa queste parole: «cerco di leggere il presente».
Il protagonista del suo nuovo romanzo è il professor Philip Wade, intellettuale di sinistra in crisi, un tempo stratega in una banca d’affari. Brera racconta l’Europa contemporanea, piegata dal populismo ma ammaliata dalla potenza della tecnofinanza, seguendo Wade che dopo essere stato colpito da una tragica amnesia, cerca di ricucire i lembi della sua memoria, ossessionato dal Tredicesimo piano. La fine del tempo ha il passo del thriller pieno di suspense narrando la lotta di un uomo nel labirinto della propria mente, in cerca di risposte nell’enigmatico mondo della finanza. Un romanzo ambizioso che sfida il lettore sulla via della complessità delle nostre esistenze. Accanto a Wade tornano in azione i grandi protagonisti del libro d’esordio di Brera, I Diavoli (Rizzoli, 2014), da cui è tratta una ambiziosa serie originale – girata in lingua inglese, ambientata fra Roma e Londra – che arriverà ad aprile su Sky con un cast guidato da Alessandro Borghi, Patrick Dempsey e Kasia Smutniak fra finanza, potere e inganni.
Perché ha scelto di rimettersi in discussione come romanziere?
«Fare finanza significa essere contemporaneo. Pensavo che un giorno avrei lasciato tutto per approdare alla scrittura, invece, questi due mondi coesistono e mi permettono di raccontare la realtà».
Finanziere, scrittore, marito e padre di quattro figli
«La mia famiglia è meravigliosa e come tutte le cose meravigliose, è molto impegnativa».
La finanza viene sovente raccontata come un manipolo di individui ricchi e spregiudicati. La disturba?
«Molto, perché è una visione errata. Le banche non sono istituzioni cattive tout court, dietro ogni istituzione c’è l’uomo, il suo agire; semmai, ci sono stati singoli individui che non sono stati onesti. Io racconto la finanza moderna, dominata dagli algoritmi e popolata da veri e propri monaci guerrieri, uomini laici e talvolta cinici, diversissimi da quell’immagine stereotipata del potere, fatta di sigari ed eccessi veicolata da certa fiction».
Quantitative easing, cornering e cantillon effect sono esempi di una terminologia che fa ormai parte del nostro quotidiano
«La finanza è un mondo virtuale, impenetrabile, difficile da raccontare. Chi ne vuole scrivere deve accettare la sfida. La finanza ci affascina perché fa parte della nostra realtà, i suoi effetti si ripercuotono sulla gentrificazione dei centri storici e il degradarsi delle periferie, nei rider che portano il cibo a domicilio come nei pernottamenti acquistati con le app con pochi click sul nostro smartphone».
La perdita di memoria che affligge il protagonista è anche una metafora dei nostri tempi?
«Assolutamente. La scheda madre nel nostro cervello è esaurita, zeppa dei dati di cui siamo bombardati. La memoria è il tempo. C’è un legame strettissimo fra queste due forze che sono in aperta lotta, fra permanenza e dissoluzione».
I Diavoli, pochi uomini che decidono le sorti dell’economia, esistono davvero?
«È verosimile che esistano ma forse, non importa. I miei Diavoli, però, hanno un’accezione positiva, sono coloro che in un momento particolare dell’Occidente, hanno fermato il tempo per scongiurare il caos e la rivolta sociale».
Come si ferma il tempo?
«Il tempo è denaro, si dice così. Nel momento in cui si azzera il tasso di interesse, stiamo azzerando il tempo ed ecco che il futuro frana sul presente. All’inizio di un incubo c’è sempre un sogno ma i fatti dimostrano che l’individuo da solo non può bastare a se stesso, del resto le crisi di questi anni hanno reso necessario l’intervento della finanza, comprando il debito per salvaguardare l’equilibrio mondiale».
Scrive che esiste una connessione invisibile tra le app sugli smartphone e la vita nelle metropoli d’Occidente. Roma ne è la rappresentazione?
«Decisamente. Roma è svuotata di diritti sociali, cancellati dalle app. Racconto una metropoli eterna che ha perso il senso di comunità, in cui si comprano le case solo per metterle a reddito, distruggendo il contesto sociale. Roma, come tante metropoli, è stata annullata dalla tecnologia che separa gli uomini fra loro».
La paura quanto conta in finanza?
«Come diceva Agostino Di Bartolomei, l’unico vero capitano della Roma, i rigori vanno tirati forte. Bisogna capire quando non avere paura, sta tutto lì».
Ad aprile su Sky andrà in onda I Diavoli. Cosa vedremo?
«Una fiction molto ambiziosa che viaggia sulle ali della fantasia con un cast internazionale. Abbiamo scelto di raccontare la finanza come uno strumento politico, senza buoni e cattivi, rendendo la complessità. È il progetto della mia vita, stare sul set e partecipare alla scrittura è stata un’esperienza incredibile da cui sono nate vere amicizie».