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 2020  febbraio 19 Mercoledì calendario

Intervista a Dorotea Wierer


Era ventiquattresima. Poi diciassettesima. Non sentiva i richiami degli allenatori, perché i 18 mila spettatori facevano troppo chiasso. A un certo punto Dorothea Wierer ha inquadrato la storia, con la sua carabina calibro 22. Cinque colpi a bersaglio: nona. Altri cinque centri: prima. Nella 15 chilometri individuale, come nell’inseguimento di domenica. Campionessa del mondo per la terza volta, come Deborah Compagnoni (solo Stefania Belmondo vinse quattro titoli, tra le donne degli sport invernali).Si può disquisire all’infinito sul peso del biathlon in Italia, sul suo cuore che batte soprattutto ad Anterselva, in un centro di nemmeno tremila abitanti che viene invaso da migliaia di tifosi del nord Europa una volta all’anno. Ma questo sport in cui Dorothea Wierer è diventata regina raduna 50 mila tifosi nello stadio dello Schalke 04 per una gara esibizione, è popolare in Scandinavia e Russia, regalando all’azzurra più fan stranieri che italiani (467 mila i suoi follower su Instagram). Dal 1960, edizione di Squaw Valley, il biathlon è disciplina olimpica, e la sua tradizione militare, fatica e precisione, sci di fondo nelle foreste e carabine imbracciate tra neve e colpi di vento, si è trasformata in uno degli eventi più televisivi del mondo invernale. Dove oggi regna un’altoatesina di ventinove anni, trenta il prossimo 3 aprile, che ha il privilegio di vincere il secondo oro in casa, nella sua Anterselva, sui prati che portano alla frazione di Rasun di sotto, dove tutti la conoscevano sin da ragazzina per la sua bellezza ed energia. Oggi Dorothea («nome scelto per le mie origini norvegesi»), è un’atleta della Finanza, che vive tra i raduni della Nazionale, le sedi delle gare e Castello di Fiemme, nella terra del marito Stefano Corradini. Ama la natura, andare a cavallo, tirare con l’arco, ma anche essere impegnata: il suo abito da sposa è andato all’asta per aiutare il Nepal dopo il terremoto. Adora fare shopping, ha una collezione di scarpe col tacco, e crede che anche in uno sport di fatica il trucco faccia parte del modo di andare in scena. È un po’ stanca, quando trova una pausa per parlare in un Mondiale che la sta soffocando d’amore.Dorothea, si sta specializzando in finali thriller?«È stata una gara particolare, piena di errori. In un poligono il vento cambiava direzione, e dovevo per forza reagire, curare ogni colpo come fosse il primo. Sono arrivata all’ultimo poligono senza sapere nemmeno in che posizione stavo, quanta energia mi era rimasta. Mi sono detta “può andar bene anche l’argento”, poi subito dopo “No, cavolo, devo vincere”. Quando sono entrata nello stadio ho cercato di dare tutto, è andata bene».Si è caricata anche stavolta con gli AC/DC o la musica dance?«Stavolta non ce n’è stato bisogno, ho solo cercato di concentrarmi.Dopo l’oro di domenica sono molto più rilassata, sciolta, non sento più tutte le pressioni della vigilia».Un privilegio poter vivere un Mondiale in casa.«È bello, ma anche molto duro, perché c’è di tutto attorno a questo evento, prima e dopo le gare. Le pressioni sono tante, ma i tifosi almeno ci danno la carica in pista».Ha raggiunto Deborah Compagnoni come numero di titoli mondiali vinti.«Mi fa molto piacere. La vedevo in tv che ero piccolina, anche se in quegli anni non ero molto interessata allo sport. Ma se mi dite Compagnoni, Belmondo, beh, io non mi sento al loro livello. Non valgo quanto loro».Lei è più popolare in Germania o Russia, non è strano?«Con la diretta dei Mondiali sulla Rai e su Eurosport forse riusciamo a crescere e far conoscere questo sport anche in Italia. Speriamo che comprino i diritti di tutte le gare, per farci seguire di più dagli italiani».Anche questa volta ha trovato il tempo per truccarsi?«Dieci minuti si trovano sempre. Fa parte del mio modo di essere la cura di me stessa, sopratutto in uno sport di fatica. È bello far vivere anche il mio lato femminile».Red Bull, Adidas, Huawei, solo per citare alcuni dei suoi sponsor.Si sente ricca adesso?«Sto molto bene, credo di essere fortunata. Ma dietro questi contratti c’è tanto lavoro. Parlo di molti impegni, di presenze in numerosi eventi. C’è il pro e il contro».Come si fa a non pensare di arrivare fino alle Olimpiadi 2022?«Facciamo un passo alla volta.Voglio concentrarmi sul Mondiale e sul finale di stagione, poi a fine marzo tireremo le somme coi miei allenatori e il mio staff. Il ritiro? Non so ancora. Ora sta andando tutto bene, ma arriveranno anche momenti meno brillanti».A spingerla fino al 2022 potrebbe essere anche il flop all’ultima Olimpiade.«In Corea ero un’atleta diversa, pativo tanto le emozioni. Eppoi quelle erano Olimpiadi del cavolo, il posto era bruttissimo, si mangiava male, il villaggio era pessimo».Perché non ritentare, quali altri sogni in fondo le restano?«Magari rivincere la Coppa del mondo. Ma c’è anche la sfera privata, e lì mi immagino di costruire una casa, una famiglia.Vivere una vita normale».