la Repubblica, 19 febbraio 2020
Il quotidiano, una cerimonia del mattino
Confesso che ultimamente indulgo alla lettura del quotidiano cartaceo solo quando allocato (esso, non io) sul bancone dei gelati, in un bar generalmente gestito da cinesi, dunque ultimamente sempre meno frequentato, recandomi da subito alle pagine che trattano il Bologna Fc 1909. Per il resto, mi affido al santo tablet su cui, tra una partita e l’altra a Monopoly, tra un’occhiata e l’altra alla pagina Instagram di Elettra Lamborghini, di ministri e altri influencer celebri per non capire un’h di politica, sfoglio i principali quotidiani. Il dato pazzesco è che li pago tutti, compreso quello che avete tra le mani, perché derubarmi da solo scaricandolo su Telegram mi sembrerebbe un filo incoerente. L’altro dato, ancora più surreale, è che non sono solo. Perché, secondo i dati della Fieg, la federazione degli editori, sostenendo la quale si rischiano boutade scollacciate (nello specifico: “W la Fieg”) i lettori di quotidiani toccano 15,8 milioni alla settimana.Letta la cifra, tirato un sospiro di sollievo, spedita mentalmente una salva di pernacchie a chi ogni 3x2 decreta la fine del giornalismo e della carta stampata è il momento di una riflessione. Se dopo dieci anni di vaffanculo, di attentati alla credibilità della mediazione, all’insegna del “tutti venduti”, persino i settimanali (13 milioni di lettori) e i mensili (12 milioni) vantano ancora una certa diffusione, può significare solo due cose. Uno: Beppe Grillo l’ha presa in saccoccia. Due: questo mestiere dolente e bellissimo conserva, per una parte non residuale del Paese, lo stesso fascino a volte voyeuristico che affligge lo scrivente.Come farei, al mattino, senza il solito corsivo contro gli immigrati di Vittorio Feltri intinto nella polvere pirica? Come sopravvivrei senza la Verità, l’unico giornale al mondo in cui persino nelle previsioni del tempo nevica solo sulle aree amministrate del Pd?Come darei un senso alla giornata senza il Fatto Quotidiano, il monumento su cellulosa al senso comune, per cui ogni cosa che accade poteva essere letta in anticipo semplicemente consultando le carte dei Pm? I giochi di parole della Gazza, poi?Li esportiamo nei Paesi che ne sono privi. E il Giornale, con quelle deliziose apologie per sconosciuti peones forzisti? E la stampa casalinga, quella della mia città, dove è “degrado” persino un bus che accosta senza mettere la freccia? La carta stampata, così desueta, così lontana dalla contemporaneità della rete, così lesta a congelare l’afflato politico, la cronaca spicciola, l’umore o l’orientamento partitico, è evidentemente una salvezza per molti: le opinioni dichiarate come tali, i fatti quando serve, il tempo (anche, fuor di battuta, e neanche di rado) per approfondire, dare un senso, quello sì, non comune. Non sarà molto, ma è sempre meglio di un link no vax su Facebook. Che dio, e il mio commercialista, l’abbiano in gloria.