ItaliaOggi, 19 febbraio 2020
Periscopio
Lo smartphone è felice quando riesce a farti restare sempre un backup di te stesso. Conosco persone che hanno sposato Siri, indipendentemente dalle loro scelte di genere. Massimo Bucchi, il Venerdì.
Quando nel 2019 ho lasciato il mio incarico in Bankitalia avevo un po’ di horror vacui e mi sono messo subito a scrivere. Adesso invece ho il problema contrario, di avere troppe cose da fare. Salvatore Rossi, già direttore di Bankitalia oggi presidente di Telecom Italia (Francesco Manacorda). il venerdì.
A me Conte ricorda molto il protagonista di Oltre il giardino, Chance, il giardiniere. Uno che dice assolute banalità sentite in televisione, tipo «dopo l’autunno viene l’inverno», ma il Pd ci scorge dentro profonde e sofferte verità. Del resto, Conte è il premier ideale per questa operazione-abbraccio del grillismo: un contenitore ben vestito, con la pochette e la pronuncia blesa, ma completamente vuoto. Ci puoi infilare quel che ti pare, dal progressismo mondiale ai decreti sicurezza di Salvini, e lui è sempre lì contento. Carlo Calenda (Laura Cesaretti) il Giornale.
Il mio primo incontro con Craxi avvenne quando non avevo ancora vent’anni, frequentavo i giovani repubblicani. Ero in piazza Cavour, a Milano, con Antonio Del Pennino, esponente storico del Pri milanese. Aspettavamo sotto il palazzo dei Giornali i risultati elettorali delle elezioni politiche del 1963. Si avvicinò questo signore alto, calvo. Era Craxi. Del Pennino me lo presentò e lui cominciò a farmi molte domande: studi, romanzi preferiti... Alla fine sentenziò: «Hai letto troppo Cesare Pavese e troppo poco Gian Burrasca». Claudio Martelli, già numero due del Psi (Vittorio Zincone). 7 Corsera.
Formidabili quegli anni? Mica tanto: «Il decennio degli anni 70 è quello in cui sono stati gettati alcuni dei semi della paralisi che ha poi colpito l’economia italiana dalla fine dei 90. In retrospettiva sono stati un decennio abbastanza disgraziato». Salvatore Rossi, già direttore di Bankitalia oggi presidente di Telecom Italia (Francesco Manacorda). il venerdì.
Il critico Sergio Saviane sosteneva che «la tv è la grande meretrice». E diceva la verità. La tv è seduttiva, dà piacere, ma illude moltissimo, perché poi ti molla e passa ad altro. È lei forte, non tu. Invece tutti quelli che la fanno pensano di essere forti loro. Quando li tolgono dal video, svengono, si ammalano, muoiono. Mi salvò da questa sorte il regista Carlo Vanzina, che sul lago di Como fu prodigo di consigli su come gestire il successo e l’insuccesso. Con Mixer ero al settimo piano: mi ritrovai spiaccicato al suolo. Andai nove mesi in Africa a sciacquarmi il cervello. Lì, in mezzo a gente che non mi conosceva, scoprii che Giovanni era più importante di Minoli. Ricucii i due pezzi della mia vita. Tornai a essere Giovanni Minoli. Giovanni Minoli (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Ho scritto il mio libro per Feltrinelli (Ragazzo italiano) perché c’era una storia, la mia, che avevo l’ambizione di raccontare andando oltre i fatterelli privati. Ho rovistato in un’epoca che ho visto con i miei occhi e che considero un mondo perduto. Ho 76 anni e ne sono il frutto. Ora tutti dicono che dopo la tragedia ci fu la rinascita dell’Italia. In parte è vero. Ma si dimentica di entrare nei dettagli che illuminano una storia diversa: fatta di durezze, viltà, illusioni, violenze e, ovviamente, dell’aspra generosità dei protagonisti. Non puoi farti un’idea di un film dai titoli di coda. Gian Arturo Ferrari, editore (Antonio Gnoli). La Repubblica.
La generazione a cui, in quanto figli, apparteniamo, quella nata nei Cinquanta, è l’ultima ad aver conosciuto, bambini e poi ragazzi, che cosa fosse l’Italia della ricostruzione postbellica e del miracolo economico, della contestazione e del terrorismo politico. Marco Risi, figlio del regista Dino Risi (Stenio Solinas). il Giornale.
Non mi sono mai incontrata con la moglie di Pansa. Sentivo la sua voce quando parlava con Giampaolo; e si parlavano spesso, lui non è mai sparito dalla sua vita. Siamo sempre rimaste l’una per l’altra una voce al telefono. Lei è mancata nel novembre 2015. Con Giampaolo ci siamo sposati il 14 gennaio 2016. E il 14 gennaio 2020, nel quarto anniversario di matrimonio, l’ho portato al camposanto. Adele Grisendi, moglie di Giampaolo Pansa (Aldo Cazzullo). Corsera.
Stiamo ai fatti. Per consentire a Napoleone le sue guerre, racconta Renée de Chateaubriand, caddero ogni anno 350 mila soldati francesi, per 15 anni di fila. Complessivamente, 5 milioni e 250 mila uomini. A questi, vanno aggiunti i morti, militari e civili, passati a fil di spada dagli eserciti napoleonici in giro per l’Europa. Sono, pallottoliere alla mano, 12-15 milioni di vittime che collocano Bonaparte alla pari con Stalin e Hitler. Giancarlo Perna. la Verità.
Gravitiamo sospesi, nel tardo pomeriggio, immersi accanto senza neppure tentare qualche bracciata, badando solo a galleggiare con la pancia per aria e il ditone dei piedi fuori dall’acqua. E la testa reclinata che si abbandona finalmente e va giù. Geminello Alvi, Ai padri perdòno. Mondadori, 2003.
Giulio si chiedeva il perché della completa apatia della popolazione tunisina di fronte alle vicende della guerra che si svolgeva in casa loro. Evidentemente francesi, inglesi, tedeschi, italiani, americani erano, per i tunisini, la stessa cosa: popoli di stirpe europea in lotta fra di loro, ma tutti concordi nel trattarli da padroni! Perché interessarsi alle loro lotte? Luigi Preti, Giovinezza, giovinezza. Mondadori, 1964.
La conoscenza sempre più chiara della smisurata vicenda comunista gli consentiva, un po’ alla volta, di afferrare bene la parentela con essa delle altre due imponenti vicende storiche che si erano sviluppate nel suo solco: quella fascista e quella nazista. E di distinguere, finalmente con chiarezza, tra queste ultime due: di semplice reazione, com’era la prima, e di concorrenza al comunismo, la seconda. Eugenio Corti, Il cavallo rosso. Ares, 1983, 33 edizioni.
Il corteo di Cecilia Metella sorpassa un Ratto delle Sabine e uno d’Europa, un baccanale di tedeschi, una roulotte in fiamme dietro una siepe di rose, una fila di sarcofagi di caciottina. Alberto Arbasino, Super-Eliogabalo. Einaudi, 1978.
Le consultazioni: il mesto corteo nell’esercizio delle sue finzioni. Roberto Gervaso. il Giornale.