Il Messaggero, 18 febbraio 2020
Rifiuti, a Roma 400 mila utenze fantasma
«Prevedere un gettito congruo per la Ta.Ri.». Lo avevano già scritto e qualche giorno fa i commercialisti che sorvegliano i conti del Campidoglio lo hanno ribadito chiarendo che non si potrà fare finta di nulla all’infinito.
I professionisti che compongono l’organismo di revisione economico finanziaria di Roma Capitale hanno nello stesso tempo lanciato un avvertimento e confermato uno dei mali storici del Campidoglio: il flop del sistema di riscossione. E hanno avvertito che se non si rimedia si mette a rischio tutto il bilancio. Perché non si potrà per sempre buttare nel calderone dei crediti dubbi o inesigibili quei soldi fantasma che Roma non riscuote.
GLI EQUILIBRI
È quello che dice tra le righe l’Oref, l’organo di revisione, appunto quando lancia l’allarme sul «permanere degli equilibri di bilancio» se non si prevedono «congrui accantonamenti relativi alla previsione del gettito Ta.Ri». Il rebus dei numeri, delle aspettative più che altro, sta racchiuso nel Piano Economico Finanziario relativo alla Ta. Ri che deve essere stilato dall’Ama, sottoposto a revisione e a controllo analogo, approvato dall’Assemblea capitolina e inviato all’Arera, l’Autorità per l’Energia, che ha introdotto diverse novità sulla Ta.Ri.
LE PREVISIONI
Una novità è che all’Ama non dovranno più fare solo semplici previsioni di costi (che poi consegnate al Comune provocano la bacchettata dei commercialisti). Dovranno fornire dati basati su costi storici, certificati da fonti contabili sicure (il bilancio 2017 per dire è approdato solo ora in Comune). In tariffa non potranno più entrare servizi come la disinfestazione, la gestione del verde urbano, i servizi igienici comunali. Per questo l’Oref ricorda all’ente di ridisegnare bene «i termini e le modalità di calcolo del piano tariffario per la Tari». L’Oref inoltre ha studiato l’andamento (disastroso) della riscossione Tari e ha scoperto che la percentuale di incasso varia dall’89% del 2011 al 71% del 2017, con una media del 76% nel quinquennio 2013-2017. E tira le somme accendendo la spia rossa: «Anche volendo applicare la più favorevole previsione l’ammontare da accantonare per la Tari nel Fondo dei crediti di dubbia esigibilità ammonterebbe al 26%, ovvero 200 milioni di euro annui che rischiano di minare seriamente il bilancio». Eccola la certificazione di quei crediti che ballano e che sono persino di più di quanto stima il Campidoglio.
LA SITUAZIONE
La situazione è drammatica. Uno su quattro non ce la fa. A far che? A pagare la tariffa Rifiuti. A Roma se si parla di Ta.Ri. si può anche riscrivere Gianni Morandi. Il tasso di evasione è già altissimo e non conta ovviamente la quota di romani che paga regolarmente ma non vorrebbe: sono migliaia i ricorsi dei residenti che a fronte di un servizio inefficiente hanno presentato alla Commissione Tributaria una richiesta di rimborso.
LE MOROSITÀMa il problema insoluto riguarda le morosità, ovvero i pagamenti regolarmente recapitati agli utenti ma non onorati nei tempi giusti. Poi bisogna aggiungere quelli ignoti, cioè non censiti e conosciuti dall’amministrazione.
Nella Città eterna ci sono quasi 400 mila utenze fantasma, ossia famiglie, ditte e attività commerciali che non risultano proprio nei database dell’azienda di via Calderon de la Barca e che, quindi, vanno considerati evasori totali. Negli ultimi sei anni le utenze fantasma hanno comportato un buco di un miliardo di euro nelle casse capitoline.
Inoltre negli ultimi due anni i morosi della Tari, quindi utenti censiti ma debitori, hanno creato un ulteriore buco di 189,8 milioni di euro. Di questi, il Campidoglio ha recuperato solo 9,1 milioni di euro, pari a circa il 6 per cento del buco nero.
Ma quelle cifre dentro o fuori alla Ta.Ri devono essere accantonate in modo congruo, dice l’Oref non sapendo che il dibattito attuale in Campidoglio non è tanto sul recupero dell’evasione ma su chi paga i rimborsi Ta.Ri se i ricorsi dei cittadini infuriati andranno in porto come è successo a un ristoratore poco fa.