https://www.lettera43.it/scetticismo-riscaldamento-globale-fake-news-cambiamenti-climatici/, 16 febbraio 2020
Perché non ha senso essere scettici sul riscaldamento globale
«Se tutti gli esperti concordano, non è obbligatorio essere d’accordo con loro, ma come ha scritto Bertrand Russell, essere certi del contrario di quanto sostengono non è saggio». È una frase tratta da A qualcuno piace caldo di Stefano Caserini, ingegnere ambientale e docente di mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano.
UN ESPERTO TRA LIBRO, BLOG E CONFERENZE
Impegnato nella sensibilizzazione alle questioni ambientali, ha pubblicato un secondo libro sul tema dei cambiamenti climatici, Il clima è (già) cambiato, tiene conferenze in tutta Italia e cura il blog Climalteranti. Parlando a Lettera43.it di informazione scientifica, fake news e falsi miti sul riscaldamento globale è emersa una visione molto più sobria e realistica della climatologia.
«LA CERTEZZA ASSOLUTA NON È COMUNQUE POSSIBILE»
«Le verità assolute non esistono nelle scienze complesse», ha dichiarato. «Nel descrivere processi così complicati come quelli dei cambiamenti climatici non è richiesta la certezza assoluta, semplicemente perché non è possibile».
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DOMANDA. Il 2019 è stato il secondo anno più caldo della storia e l’intero decennio 2010-2019 ha registrato temperature da record. Quanto sono preoccupanti questi dati?
RISPOSTA. Non lo sono in modo particolare, non si tratta di dati nuovi. La tendenza è chiarissima, per cui non è una sorpresa che il 2019 si trovi al secondo posto. Ciò che è preoccupante è che il cambiamento si sta verificando.
Eppure molte persone non la pensano affatto come lei, anzi vedono gli ambientalisti come una setta di invasati. Lei si sente un radicale?
No, mi sembra non ci sia nulla di radicale nel chiedere azioni sul clima quando è evidente che sono necessarie. Va dato il merito agli ambientalisti di 30 anni fa di essere stati i primi a sollevare la questione del riscaldamento globale, che ha poi portato alla Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici nel 1992.
Cosa accadde all’epoca?
Il tema fu snobbato dai politici, ma ora si sono accorti che gli ambientalisti avevano ragione. Ai tempi però non furono creduti.
Greta non va messa troppo al centro della questione, la mobilitazione è fatta da milioni di persone, non si può ricondurre tutto a lei
A Greta Thunberg va dato qualche merito?
Dal mio punto di vista non va messa troppo al centro della questione. Sicuramente ha un merito enorme ed è stata molto efficace nel far crescere le attenzioni sul tema, ma la mobilitazione è fatta da milioni di persone. Non si può ricondurre tutto a lei.
Certo non si può dare torto a chi sostiene che la scienza dei cambiamenti climatici non ha certezze da offrire…
Le verità assolute non esistono nelle scienze complesse; esiste un metodo scientifico che porta a risultati con gradi più o meno elevati di confidenza. Ci sono sempre dei gradi di incertezza, pretendere il contrario è tipico di chi non conosce la scienza.
Eppure spesso viene rinfacciato.
L’argomento “non c’è l’assoluta certezza” è usato da chi non sa nulla di scienza, più per fare polemica che per altro, perché nelle scienze complesse una tale certezza non c’è quasi mai. Nel descrivere processi così complicati come quelli dei cambiamenti climatici non è richiesta la certezza assoluta, semplicemente perché non è possibile.
Quando si raggiunge l’evidenza lo scetticismo deve essere superato. Quando si nega nonostante l’evidenza è negazionismo
Se non ci sono certezze, allora forse ha ragione chi si dichiara scettico di fronte a certe questioni?
Io mi ritengo uno scettico; essere scettici però non significa esserlo sempre e comunque, per partito preso; quando si raggiunge l’evidenza lo scetticismo deve essere superato. Quando si nega nonostante l’evidenza è negazionismo, è non voler accettare il metodo, è screditare la scienza.
Ci sono delle prove?
L’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha dichiarato 13 anni fa che il riscaldamento globale è inequivocabile, chi lo nega semplicemente non accetta i dati, non è uno scettico. Lo scetticismo è una cosa nobile in campo scientifico.
Come si valuta l’incertezza nel campo dei cambiamenti climatici?
L’Ipcc chiede agli autori dei vari “Rapporti di valutazione” di comunicare l’incertezza delle valutazioni facendo riferimento a linee guida. La valutazione dell’incertezza avviene a volte con metodi qualitativi, a volte in modo semi-quantitativo, a volte in modo quantitativo, in termini probabilistici, stimando cioè la probabilità che un determinato evento sia accaduto o possa accadere in futuro.
Un esempio?
Scrivendo «la frequenza degli eventi con precipitazioni intense è probabilmente aumentata» s’intende che la probabilità che ciò sia avvenuto è maggiore del 66%. Oltre il 90% è «molto probabile», oltre il 95% «estremamente probabile», dal 99% in su è «virtualmente certo». Tra il 50% e il 66% si dice che è «più probabile che non». Al contrario, meno del 33% è «improbabile», «molto improbabile» al di sotto del 10%, «estremamente improbabile» sotto il 5%.
Il problema con molti “autorevoli” negazionisti è che l’autorevolezza riguarda settori che hanno ben poco a che fare coi cambiamenti climatici
A volte però a pontificare contro i cambiamenti climatici non sono persone qualunque, bensì autorevoli scienziati…
Il passo dall’autorevolezza all’incompetenza è molto più breve di quanto si pensi. La complessità, la settorialità e la specificità della ricerca scientifica fanno sì che l’autorevolezza sia strettamente limitata alla propria disciplina. Il problema con molti “autorevoli” negazionisti è proprio questo: che l’autorevolezza (molte volte indiscutibile nel loro campo) riguarda settori che hanno ben poco a che fare coi cambiamenti climatici.
Carlo Rubbia è autorevole? Alludo ovviamente alle sue dichiarazioni in Senato di qualche tempo fa.
Non è il suo settore la scienza del clima, sono discipline scientifiche diverse. Rubbia è un grandissimo scienziato, ma si è occupato di fisica delle particelle. Sul clima ha raccontato delle storielle che aveva sentito, riciclando bufale e luoghi comuni, come la tesi del grande caldo nel Medioevo: sono cose che fanno sorridere.
Perché l’ha fatto?
Si tratta di argomenti screditati già da molto tempo, prima di lui le stesse cose sono state dette da molte altre persone. Sono cose che si dicono e che di tanto in tanto catturano l’attenzione pubblica, grazie anche ai media che danno spazio a certe notizie; dietro però non c’è alcun spessore scientifico. Poi Rubbia si è corretto, c’è un’intervista in cui smentisce quanto ha detto in Senato. Diciamo che è stato un incidente di percorso.
Per evitare gli incidenti di percorso generalmente la comunità scientifica si affida al metodo della “peer review” (“revisione dei pari”). Come funziona questo processo?
È un consolidato sistema attraverso cui si garantisce il vaglio di una tesi da parte di persone dello stesso settore disciplinare, in modo da favorire la qualità e la fondatezza delle affermazioni. Gli autori della peer review sono spesso anonimi e non vengono pagati. Il prestigio di una rivista dipende dalla serietà di questo processo, più è rigoroso e più aumenta il valore della rivista. Science e Nature, due tra le riviste scientifiche più famose al mondo, scartano praticamente il 95% degli articoli che ricevono, perché non ci devono essere errori, sbavature, ogni argomento deve essere inattaccabile.
Sembra un metodo infallibile. È sempre affidabile?
È fatto da esseri umani, quindi per definizione è fallibile. Non è un processo perfetto, ma in generale funziona, assicurando una selezione dei lavori scientifici più validi e interessanti. Sono scappati errori in diversi articoli pubblicati, nel complesso un numero davvero molto limitato.
Quali sono le riviste scientifiche più importanti sulla climatologia?
Oltre a Science e Nature, che si occupano anche di molti altri temi, ci sono il Journal of Geophysical Research, il Geophysical Research Letters, il Journal of Climate, Nature Climate Change e il Journal of the Atmospheric Sciences. Gli studi sull’influenza del sole sono pubblicati sul Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics. Gli studi sugli scenari emissivi su Climate Policy, Climatic Change, Environmental Science and Technology e Atmospheric Environment. Le ultime due riviste, però, non sono specifiche sui cambiamenti climatici, per questo sono considerate minori su questo tema.
Non c’è nessuno che prova seriamente a sostenere che sono i vulcani ad aver aumentato la CO2 dell’atmosfera o che il sole causa il riscaldamento globale
Le tesi dei negazionisti si incontrano in queste riviste?
No. Non c’è una teoria scientifica alternativa rispetto a quella accettata dalla comunità internazionale. Non c’è nessuno che prova seriamente a sostenere che sono i vulcani ad aver aumentato la CO2 dell’atmosfera o che è il sole a causare il riscaldamento globale; sa già che il suo articolo non vorrebbe mai pubblicato, perché non ci sono dati o teorie a supporto, dei bravi revisori massacrerebbero queste teorie senza fondamento scientifico. I negazionisti quindi non ci provano nemmeno, sanno già che è tempo perso confrontarsi a quei livelli, sanno che non possono competere con la scienza seria.
La rivista più vicina al negazionismo climatico?
Senza dubbio Energy and Environment, su cui è stati pubblicata la grande maggioranza degli articoli più controversi su questo tema. La rivista ha pubblicato diversi articoli con errori macroscopici ed è stata accusata di evitare deliberatamente un efficace peer review degli articoli. La mancanza di chiarimenti ne ha poi provocato l’inevitabile screditamento.
Possiamo quindi dire che il consenso della comunità scientifica è unanime sulle principali questioni legate al riscaldamento globale?
Non c’è mai l’unanimità assoluta, in nessuna scienza. Troverà sempre qualcuno che non è d’accordo, come tra i medici trova lo 0,1% che dice che fumare fa bene. È quasi unanime, molto vicino al 100%, ma è così che funziona la scienza.