La Stampa, 17 febbraio 2020
Il business delle reliquie
Circola una spina della corona di Gesù Cristo. E anche un pezzetto della tunica di San Francesco d’Assisi. Ma attenzione: sono patacche. Non vanno venerate. Eppure, l’enorme diffusione di falsi non scoraggia il culto delle reliquie dei santi, che spopola anche nel terzo millennio. Soprattutto grazie ai mercati online. Nell’ultimo triennio sono stati rubati, in media, 500 reliquiari all’anno.
Richieste in aumento
Un simbolo dell’antichità viene così rilanciato dallo strumento per eccellenza della modernità, che contribuisce al «boom della richiesta», confermato da suor Albarosa Bassani, consultrice storica della Congregazione vaticana delle Cause dei Santi.
«In questi ultimi anni c’è una forte crescita della ricerca di reliquie», spiega. I devoti o presunti tali le domandano all’ente d’Oltretevere, ma soprattutto si tuffano nel «mare» della rete e navigano - in particolare su eBay e sui siti d’asta - a caccia di «frammenti di santità» (ovviamente la cui autenticità è tutta da verificare). Disposti anche a spendere quasi 10 mila euro per un reliquiario che conterrebbe capelli della Vergine Maria. Ma non è un’esplosione di fede e preghiera, per suor Bassani: «Si tratta soprattutto di una moda di collezionismo». Oppure di «commercio», alimentato anche dai furti. Con due Paesi capofila: le Filippine e il Brasile.
Vecchie chiese ed eredità
Innanzitutto, che cosa sono le reliquie. La parola dal latino (reliquiae) significa «avanzi», «resti»; assume così il senso di «resti di una persona morta». In ambito cristiano, dal IV secolo, il termine è usato non solo per definire i resti del corpo di un santo o di un martire, ma anche per gli abiti o altri oggetti che siano stati a contatto con la tomba di un martire, oltre agli strumenti eventualmente utilizzati per la sua uccisione.
È rimasta in vigore, iniziata nel IX secolo nella Chiesa latina, la consuetudine di incastonare una reliquia all’interno di ogni nuovo altare che viene consacrato. Così il fiorente business deriva innanzitutto dalla dismissione di vecchie chiese, oltre che dall’immissione nel mercato web da parte di eredi che se le sono trovate in casa. Ci sono i grandi reliquiari un tempo esposti nelle chiese e oggi magari confinati nei musei o negli armadi. E poi migliaia di piccoli reliquiari da portare sempre con sé. Fondamentale, per il loro valore, il sigillo di ceralacca e possibilmente la dichiarazione di autenticità dell’autorità ecclesiastica. Sulla rete sono centinaia le pagine dedicate, in genere su siti specializzati della compravendita di oggetti usati o d’antiquariato.
Il divieto della Santa Sede
«Sono assolutamente proibiti il commercio» e «la vendita delle reliquie», nonché «la loro esposizione in luoghi profani». Lo stabilisce un’istruzione di dieci pagine e 38 articoli, «Le reliquie nella Chiesa: autenticità e conservazione», della Congregazione per le Cause dei Santi, resa pubblica il 16 dicembre 2017. Vi si ricorda che le reliquie «hanno sempre ricevuto particolare venerazione e attenzione perché il corpo dei beati e dei santi, destinato alla risurrezione, è stato sulla terra il tempio vivo dello Spirito Santo e lo strumento della loro santità, riconosciuta dalla Sede Apostolica tramite la beatificazione e la canonizzazione». Nel contesto di una «legittima ricognizione canonica - continua l’Istruzione - si può procedere, su indicazioni del perito anatomico, al prelievo di alcune piccole parti o di frammenti, già separati dal corpo».
Le cause di canonizzazione
Questi frammenti «vengano consegnati» dal vescovo al postulatore (il responsabile della causa di canonizzazione) «per la confezione delle reliquie»: sono collocati nelle piccole teche per il culto dei singoli fedeli.
Si arriva così all’articolo 25 del documento: «Sono assolutamente proibiti il commercio (ossia lo scambio di una reliquia in natura o in denaro) e la vendita delle reliquie (ossia la cessione della proprietà di una reliquia dietro il corrispettivo di un prezzo), nonché la loro esposizione in luoghi profani o non autorizzati». Ma questo vale in ambito vaticano, mentre in Italia non ci sono leggi specifiche, e le forze dell’ordine entrano in azione solo in caso di traffico di materiale rubato. Fenomeno peraltro non indifferente. Più di 5 mila sono i reliquiari trafugati dal 1970 a oggi, una media di circa 330 all’anno dal 2010. In crescita, secondo gli ultimi dati disponibili dei Carabinieri: una media annua di 500 reliquiari nell’ultimo triennio. E la maggior parte vengono rivenduti sul web, malgrado le regole ferree poste, per esempio, da eBay.
I furti celebri
Nel giugno del 2017 l’ampolla contenente il cervello di san Giovanni Bosco fu rubata dall’altare maggiore della basilica di Colle Don Bosco, nell’astigiano, in Piemonte, «cuore» dei Salesiani. I figli spirituali del «Santo dei giovani» tremarono per due settimane, ma, con loro grande sollievo, l’urna fu poi ritrovata. E rimessa al suo posto.
Ventisei anni prima, nel 1991, a Padova, tre uomini incappucciati e armati entrarono nella Basilica del Santo e portarono via il reliquiario contenente il mento del Santo. Un’operazione che ebbe un grande impatto mediatico, oltre che emotivo. A Padova, il Santo, è solo uno: Antonio. Uno dei più venerati al mondo: Dottore della Chiesa, Patrono di bambini malati, orfani, reclute, prigionieri, fabbricanti di maioliche, vetrai, oltre che di Padova e del Portogallo. La banda era della «Mala del Brenta», mandante il boss Felice Maniero, detto «faccia d’angelo», che aveva ordinato il blitz con l’intenzione di costringere lo Stato a scendere a patti e ottenere la liberazione del cugino Giulio Rampin, in galera per questioni di droga, insieme alla revoca della sorveglianza speciale per lui stesso.
Crimini su commissione
In un’intervista pubblicata nel 2011 sul Messaggero di Sant’Antonio, rilasciata per «riparare, anche solo per la miliardesima parte, al dispiacere che ho provocato ai fedeli», Maniero ricordava di aver indicato «di prendere la lingua incorrotta di sant’Antonio, molto più sostanziale per lo scambio. Invece, quegli zucconi mi arrivarono con il mento. A loro non dissi nulla. Dentro di me, però, feci questo pensiero: per prendere la reliquia sbagliata, di sicuro devono aver ritenuto, come tutti noi, che la lingua fosse dentro la bocca. Negli intenti, e poi nei fatti, quell’azione ebbe il risalto e l’eco voluti».
Listino prezzi
Digitando la voce «reliquie» su eBay ci si imbatte in uno dei «dominatori» del flusso: san Pio da Pietrelcina. Certo, per avere i suoi «pezzi da 90» serve il portafoglio pieno. Una sua firma autografa viene venduta alla bellezza di 4.000 euro. Anche se paradossalmente «bastano» 260 euro per una sua lettera di benedizione. Chi volesse portarsi a casa l’oggetto più pregiato di questi giorni deve sborsare 7.400 euro: potrà vantare così un antico reliquiario del ’700 con 60 (presunte) «Reliquie del Sangue di Cristo in Croce», una sorta di moderno e dubbio Santo Graal. 6.450 euro è il prezzo da pagare se si vuole invece una «Grande bottiglia della manna di san Nicola in vetro soffiato dell’epoca 1700». 3mila euro per un brandello di Sant’Anna. Ma non bisogna preoccuparsi, ci sono anche prezzi decisamente abbordabili. Un pezzettino di stoffa di un abito di santa Faustina Kowalska è costato 7 euro, mentre con 25.50 euro c’è chi ha acquistato 12 santini con altrettanti stralci di vestiti presi da un sari di madre Teresa di Calcutta. Per un lembo di un indumento di don Bosco bisogna affrettarsi: ora costa solo 10 euro.