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 2020  febbraio 17 Lunedì calendario

La nascita della forchetta

L’Italia? È il Paese della forchetta, il primo al mondo ad avere utilizzato questo tipo di posata già nel medioevo, quando nel resto d’Europa era considerata poco più che una bizzarria. E la ragione, sostiene Massimo Montanari, è legata proprio agli spaghetti. «La forchetta è funzionale – quasi necessaria, verrebbe da dire – al consumo di pasta», scrive lo storico. Quest’ultima è «normalmente condita con formaggio e servita bollente: in tal modo la pasta assume due caratteristiche, la scivolosità e il calore, che mal si adattano all’uso delle mani».
Fino almeno al Rinascimento avanzato l’usanza europea, anche nelle Corti, è proprio questa: i cibi solidi si mangiano con le mani, quelli liquidi con un cucchiaio di legno, spesso personale, ma non sempre (Erasmo da Rotterdam, in un’opera pedagogica rivolta ai ragazzi, scrive nel 1530: «Quando avete mangiato, restituite il cucchiaio dopo averlo pulito»). Per tagliare si usano coltelli messi in comune, come nel quadro riprodotto a fianco di un autore tedesco, Hans Mair, del 1480: riproduce un momento dell’Ultima Cena, a tavola ci sono dieci persone con tre boccali e quattro coltelli che devono servire per tutti. 
Sono usanze che un po’ alla volta iniziano a suscitare la riprovazione e il disgusto delle classi più elevate. Nel 1444 Enea Silvio Piccolomini, raffinato umanista, più tardi Papa con il nome di Pio II, scrive: «Bisogna bere da un boccale di legno, nero, vecchio e puzzolente, sul cui fondo si è formata una patina solida di vino... viene passato di mano in mano e devi mettere la bocca dove si sono sposate la barba schifosa, la labbra purulente o i denti marci di qualcun altro». 
Quanto all’Italia, c’è appunto, la pasta, che impone strumenti leggermente diversi. Il Liber de coquina, il più prezioso ricettario tramandato delle Corti italiane dell’alto medioevo, presentando la ricetta delle lasagne, raccomanda di mangiarle usando un «punctorio ligneo», una posata di legno appuntito, che della forchetta è l’antenato. Montanari cita anche un curioso documento del 1361 in cui si fa l’inventario dei beni razziati da un banda di briganti sulle banchine del porto di Cesenatico. Tra tutti gli oggetti rubati figurano anche quattordici dozzine di forchette «ad comendum macherones», per mangiare i maccheroni. 
Così, quando nel 1533, Caterina de Medici, quattordicenne figlia di Lorenzo, duca di Urbino, va in sposa nella città di Marsiglia al futuro sovrano francese Enrico II, porta con sé le abitudini delle raffinate corti rinascimentali della Penisola: i bicchieri di fragile vetro veneziano, e soprattutto la forchetta, che da quel momento in poi diventa un «must» anche in Francia. Non in Inghilterra, però. Ancora nel 1608 un viaggiatore di Oxford in Tour nella Penisola, annota stupito: «In Italia ho visto qualche cosa che non avevo mai visto in nessuna nazione cristiana: tutti usano una piccola forchetta con cui tengono ferma la carne mentre la tagliano con il coltello».