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 2020  febbraio 16 Domenica calendario

il boom delle chiocciole

Il prossimo passo è il Chioccio-Burger. Un vero hamburger a base di lumaca e verdure che presto troveremo nel reparto surgelati della grande distribuzione. «È una bella alternativa alla carne – afferma soddisfatto Simone Sampò, il “padre” della nuova elicicultura italiana -. Le chiocciole sono ricche di proteine e hanno solo l’1,2% di grassi, un alimento perfetto».
È un momento d’oro per le chiocciole italiane («per favore non chiamatele lumache, implora Sampò»): crescono gli allevamenti, si moltiplicano gli utilizzi e sale il riconoscimento internazionale. Tutto grazie all’Istituto internazionale di elicicultura di Cherasco, e soprattutto al “Metodo Cherasco”. Un vero e proprio disciplinare, molto rigido, sull’allevamento green. Messo a punto nel piccolo centro langarolo già famoso per vigneti, nocciole e tartufi e adottato da 870 allevatori in Italia e più di 3mila in altri 18 paesi. Impone allevamenti a ciclo naturale all’aperto (messi in sicurezza da reti brevettate, resistenti ai raggi Uiv e alle proprietà corrosive della bava), alimentazione esclusivamente vegetale e la migrazione libera delle chiocciole al recinto di riproduzione.
Quella delle chiocciole è in tutti i sensi un’economia circolare. Non si elimina né si spreca nulla. Le piccole Helix – massimo venti grammi – vengono usate in gastronomia, cosmetica, benessere e farmaceutica. La bava, cui sono ormai riconosciute evidenti qualità terapeutiche, viene estratta attraverso un macchinario innovativo, Il Muller One, brevettato dall’Istituto di Cherasco: utilizza l’ozono, con un metodo cruelty-free che non danneggia l’animale. È poi utilizzata per creme, scrub, lozioni. Ultimamente è entrata a far parte della wine-therapy, combinata alle vinacce di Nebbiolo, il vino principe della zona. Ma esistono efficaci composti anche con il veleno d’api che agisce da botulino naturale.
L’ultima novità risale a pochi mesi fa: «abbiamo brevettato la pratica della Snail Therapy Experience, un massaggio speciale che sta dando ottimi risultati» annuncia Sampò. In pratica le chiocciole vive vengono adagiate su determinati punti del corpo dove rilasciano la propria bava, dando beneficio sia alla pelle che al sistema nervoso. «Dopo averle fatte passare in un macchinario sanificatore, le operatrici pongono le chiocciole sui punti chakra energetici – spiega il presidente dell’Istituto di elicicultura – e poi eseguono anche un massaggio che opera come uno shatzu, utilizzando per contatto il guscio». Il centro di ricerca e sviluppo dell’Istituto piemontese sta anche lavorando all’atomizzazione della bava: la sua concentrazione in polvere ne renderebbe più semplice l’utilizzo e la distribuzione.
«Ma quello che mi sta più a cuore – afferma Sampò – è l’applicazione farmaceutica. Già si fanno sciroppi per la tosse, gastroprotettori, creme dermatologiche perché la bava è efficace sulle dermatiti e come cicatrizzante. Il grande progetto a cui stiamo lavorando però è il riconoscimento come “novel food” e l’eventuale utilizzo per gelati da servire nei reparti oncologici infantili».
Intanto al Senato è stato presentato un disegno di legge per regolamentare il commercio e salvaguardare il consumatore: in sostanza la vendita di chiocciole vive verrebbe consentita solo agli allevatori che aderiscono alle pratiche green. «Un’altra grande conquista – commenta Sampò – è il riconoscimento da parte del mondo accademico che questa è molto più che un’economia circolare, è un’economia elicoidale, con sviluppi a 360 gradi».
Gli utilizzi sono tanti e tali che viene quasi messo in secondo piano quello che, storicamente, è stato l’uso primario. In gastronomia. Secondo il poeta Marziale addirittura il nome cucchiaio deriva dalla chiocciola, la “còchlea” latina: in uno dei suoi celebri epigrammi afferma che la posata nasce per “trar fuori le chiocciole dal guscio”. Già protagoniste dei primi ricettari, sempre ai tempi degli antichi romani, come tramandato dal gastronomo Apicio: le lumache venivano spurgate per diversi giorni nel latte, per essere poi fritte o arrostite e accompagnate dal “garum”, la salsa a base di pesce simile all’attuale pasta d’acciughe.
Oggi sempre di più raccolgono il favore degli chef. Gusto, consistenza, versatilità, basso impatto ambientale, tradizione ne fanno un ingrediente di grande interesse. In trattoria come nelle raffinate cucine stellate. Massimo Bottura le ha inserite nella carta “Viaggio nella valle del Po”, ispirata allo storico reportage gastronomico realizzato intorno al grande fiume da Mario Soldati nella gloriosa Rai di fine anni Cinquanta. L’Enoteca Pinchiorri le propone al prezzemolo, topinambur, avocado leggermente piccante e salsa alla noce di cocco nel menu “omaggio” alla cucina italiana.
Le preparazioni più celebri restano comunque quelle francesi (non farsi ingannare: il famoso beurre d’escargot le lumache non le vede nemmeno da lontano…). Il piatto par excellence naturalmente è l’escargot à la Bourguignonne, un must dei ristoranti tradizionali d’Oltralpe: dentro al loro guscio, farcite con abbondante burro aromatizzato all’aglio, prezzemolo e scalogno. E scagli la prima pietra chi in vita sua non se ne è lasciata scappare una mentre tenta di agguantare la lumaca provando a trattenerla con l’apposita pinza. Una delle scene memorabili di Pretty Woman…