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 2020  febbraio 15 Sabato calendario

Il coronavirus non fa più paura della Sars

Nel suo fondo di venerdì Goffredo Buccini, su questo giornale, sottolineava efficacemente le parole del consigliere dell’ambasciata cinese che, davanti allo Spallanzani chiedeva la fine delle aggressioni, degli insulti e delle minacce ai cinesi. C’è quindi nel nostro Paese un clima di allarme tale da trascendere il livello normale delle precauzioni che si prendono in casi come questi?
I dati del sondaggio di questa settimana ridimensionano molto i rischi di psicosi emersi in questi giorni. Di fronte all’emergenza coronavirus, il 45% degli intervistati ritiene che sia necessario, per i cittadini italiani, prendere misure per attenuare il rischio di entrare in contatto con il virus, mentre circa un terzo ritiene che non siano necessari comportamenti diversi dal solito. Insomma, un atteggiamento di razionale prudenza, senza eccessi. Atteggiamenti che si riproducono senza apprezzabili cambiamenti in tutti i segmenti sociali, dai giovani agli anziani, dagli uomini alle donne, dagli scolarizzati ai bassi titoli di studio. E scarse sono anche le differenze di opinione in relazione ai diversi orientamenti politici. Nel centrodestra infatti troviamo un orientamento più rilevante verso la necessità di misure specifiche, ma questa opinione diventa maggioritaria, di misura, solo tra gli elettori di Fratelli d’Italia e di Forza Italia.
Nel definire il livello di pericolosità dell’attuale virus, sovente si è fatto riferimento alla Sars, la sindrome respiratoria acuta comparsa nel 2002, anche in questo caso a partire dalla Cina. Complessivamente la Sars provocò 774 decessi nel mondo. Il coronavirus, stando alla contabilità di due giorni fa, ha prodotto 1.383 decessi, quasi il doppio.
Tuttavia, solo poco meno del 40% degli italiani pensa che il contagio attuale sia molto (14%) o un po’ più grave (24%) della Sars, mentre la maggioranza relativa, il 43%, pensa che la gravità delle due minacce sia equivalga e addirittura il 12% attribuisce all’attuale una gravità minore. Posizioni che certo possono essere frutto di una scarsa informazione, ma che continuano a sottolineare come il clima sia lontano dalla psicosi. Le opinioni appena viste sono anche in questo caso trasversali a genere, età, scolarizzazione. Solo gli elettori leghisti, coerentemente anche con le preoccupazioni sollevate dai presidenti delle Regioni del Nord governate da questa forza, evidenziano una percezione più elevata della gravità della minaccia (48%, 10 punti in più rispetto alla media).
Come si valutano invece le reazioni del governo italiano e delle autorità sanitarie di fronte ai rischi di diffusione dei virus? Il comportamento del governo in questo frangente è approvato da oltre i due terzi degli italiani (69%), mentre i critici sono poco più di un quinto. L’apprezzamento, come accennato, è trasversale: se gli elettori Pd enfatizzano i giudizi positivi (89%), anche i leghisti approvano il comportamento del governo con una percentuale lusinghiera (62%). Come si ricorderà, la decisione di Roma di chiudere i voli con la Cina, aveva provocato l’irritazione del governo cinese, che riteneva eccessiva quella scelta. I cittadini italiani però approvano. Ben il 72% infatti la condivide come decisione difficile ma necessaria. 
In sostanza l’emergenza virus ha creato una sorta di «unità nazionale» intorno al governo, creando un clima condiviso, allo stesso tempo senza l’emergere di un clima di eccessiva preoccupazione, anzi evidenziando diffusamente un atteggiamento ragionevole preoccupazione. Un risultato davvero confortante. Ma un’unione passeggera, come probabilmente ci diranno i prossimi sondaggi.