Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  febbraio 15 Sabato calendario

Gli italiani comprano meno carne

Se la spesa alimentare degli italiani non aumenta molto nel 2019, cambia però la sua composizione: la crescita è dovuta soprattutto a bevande analcoliche e vini, mentre diminuiscono gli acquisti di carne, pane e pasta (che vengono sostituiti da altri tipi di derivati dei cereali). E continuano a riscuotere successo tutte le confezioni di cibi pronti all’uso e porzionati, come le verdure già pulite in busta. La fotografia del carrello della spesa degli italiani è scattata dal report sui Consumi alimentari che Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) diffonderà nei prossimi giorni: dopo un primo semestre che aveva fatto sperare in un rilancio dei consumi (+1,1%), la frenata nella seconda parte dell’anno ha fatto registrare un modesto +0,4% nel 2019 rispetto al 2018, per un totale di spesa che supera 81 miliardi (vedi grafico in alto).
«La stagnazione dei consumi in casa non è più un fatto solo congiunturale. Si tratta oramai – secondo l’Ismea – di un fenomeno strutturale che riguarda il cambiamento dei modelli di consumo e degli stili di vita piuttosto che il livello di reddito disponibile. Modelli di acquisto più razionali in grado di contenere gli sprechi e l’incremento dei pasti fuori casa determinano la dinamica domestica». I rischi per le esportazioni che derivano da dazi e Brexit (vedi articolo in pagina) difficilmente potranno quindi essere compensati dal mercato interno. La prospettiva però cambia in base al segmento di riferimento: il dato che più balza agli occhi è la differenza del trend delle bevande (+1,7% in valore ) rispetto ai generi alimentari (+0,2%). Spumanti e aperitivi trainano il comparto. Per le bollicine una crescita del 5,3% segue un aumento analogo (+5,5%) già fatto segnare nel 2018. Il +1,6% dei vini è caratterizzato da una «conferma del trend positivo per i Dop e gli Igp – si legge nel report – e una flessione di volume e di prezzi per il prodotto da tavola». Un balzo del 10% sia in valore che in volume lo fanno segnare gli aperitivi; dinamica simile anche per le bevande energetiche. Non rallenta poi il consumo di acqua in bottiglia (per il 99,7% in plastica) per cui sono stati spesi oltre 2 miliardi (+1,2% pari al 30% del fatturato bevande della Gdo, vini esclusi). 
Dopo un 2018 in risalita, la carne è invece ancora in frenata: un -0,8% determinato dalla carne bovina (-1,6%) e suina (-1,7%) con le carni bianche in leggera crescita e i salumi che fanno segnare +1,3%, in sintonia con il trend positivo dei cibi pronti e dell’aperitivo in casa. «Come per il vino e altri alimenti –commenta Fabio Del Bravo, responsabile della direzione Servizi per lo sviluppo rurale di Ismea – una tendenza è quella di acquistare meno a prezzi più elevati e quindi privilegiando la qualità. C’è da registrare però un fenomeno di polarizzazione per alcuni prodotti come ad esempio la pasta e i derivati dai cereali, che da un lato vedono aumentare gli acquisti di fascia alta, ad esempio nel segmento integrale o biologico con produzioni di nicchia, o da sementi di varietà particolari, ma che dall’altro registrano ottimi risultati anche nel primo prezzo e nei discount. A soffrire è spesso la fascia media di prodotto». Il calo del 3,5% del pane fresco viene ad esempio compensato con un’analoga crescita dei sostituti (come i cracker). Sulla pasta la tendenza è evidente se si confrontano le quantità e la spesa: la pasta di semola è calata in volume del l’1,2% dopo il -1,6% del 2018, in valore quest’anno c’è stato invece un recupero dello 0,8% dopo un calo dell’1,4% nel 2018. 
Per verdura e ortaggi sono stati più i prezzi al rialzo che i volumi a far lievitare l’esborso dei consumatori (+2,5%), ma alcuni comparti fanno storia a sé, ad esempio i surgelati e la cosiddetta quarta gamma, cioè le confezioni già pronte che sono cresciute del 2% in quantità e dello 0,4% in valore. «Tutti i beni ad elevato contenuto di servizio – continua Del Bravo – vedono il segno positivo nonostante i prezzi elevati. I consumatori sono disposti a spendere di più pur di salvaguardare il valore del proprio tempo». Un trend che fa il paio con la diminuzione della quota di fresco e sfuso (spesa giù del -3,1%) rispetto al confezionato (Lcc, +1,9%), a cui è dedicato sempre più spazio negli scaffali nella Gdo. Tra i comparti solo carni, ittici e frutta mantengono più della metà dell’offerta in formato sfuso, per le altre filiere il confezionato rappresenta circa i tre quarti dell’offerta. 
A chiudere il quadro dei consumi alimentari, i prodotti lattiero caseari – dove la spesa si conferma stabile dopo un lungo periodo negativo con il latte fresco che però continua a soffrire– e il pesce, in flessione dello 0,7%. Discorso a sé per l’olio extravergine d’oliva, dove una pessima annata di produzione ha avvantaggiato i prodotti industriali soprattutto nella fascia di prezzo più bassa rispetto ai canali di vendita diretta.