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 2020  febbraio 14 Venerdì calendario

Il business degli autografi

Sa di antico perché oggi vanno di moda le fotografie. Sa di antico perché c’è di mezzo la carta, oggi sostituita con il piatto schermo degli smartphone. L’emozione, però, in questo caso è condensata in pochi centimetri di un foglio. È meno vistosa di uno scatto su instagram e non è quasi per nulla “condivisa” come è in voga oggi. È nel privato che si scatena la commozione per un autografo appoggiato su una pagina leggera. È il tatto, il pizzicore della carta sotto i polpastrelli a muovere il pensiero. L’idea che quel foglio come lo tocchiamo noi, l’abbia toccato lui, l’autore dell’autografo, e ci abbia impresso la propria unica e distinta firma. L’autografo di Shakespeare oggi vale 4 milioni di dollari. Quello di Ernest Hemingway, 400mila dollari. «Il collezionismo di autografi nasce dal desiderio di possedere la cosa più intima di una persona, la sua scrittura che è un pezzo di anima», spiega Stefano Fortunati, presidente di Autografia-Associazione Periti Calligrafi Certificatori che ha prestato il proprio patrimonio di autografi d’autore per la mostra di “autografia” che si terrà domani e domenica in fiera a Cesena, in occasione della manifestazione “C’era una volta…il libro”, curata da Elisabetta Casanova. 

LA PARTITURA
Due giorni e ottanta autografi d’autore, suggelli di manoscritti, spartiti celebri o lettere, custoditi in teche di vetro perché la luce non sbiadisca i cartoncini e il segno della penna sul foglio. «Il valore della mostra è di circa 300mila euro», spiega Stefano. L’autografo è un bene che come i diamanti non perde valore. Anzi. «Più ci si allontana dalla scomparsa della persona autrice dell’autografo, più la sua firma ha valore. Il fatto che quell’autore non potrà mai più imprimere il proprio autografo rende unici i pezzi da collezione», sottolinea Stefano. Il collezionismo d’autografi è di nicchia perché richiede una certa disponibilità economica. Basti pensare che uno dei pezzi più pregiati esposti a Cesena si aggira sui 40mila euro. «Si tratta della prima partitura dell’Iris di Pietro Mascagni. Esce per la prima volta alla luce grazie alla nostra mostra». È un originale manoscritto e «data la sua eccezionalità, questo esemplare unico che non sarà in vendita. Abbiamo preso accordi con la Sovrintendenza perché venga esposto in una struttura pubblica probabilmente a Bologna», spiega Stefano. Altri pezzi però presenti in mostra saranno acquistabili. È il caso del Liber Amicorum del celebre tenore ottocentesco Neri Baraldi che raccoglie spartiti dei grandi compositori del ‘800, come Rossini, Perosi, Gounod. «Il prezzo è 38mila euro». Si sguinzaglieranno i patiti degli autografi tra i padiglioni della mostra. Cacciatori seriali di firme “che vanno alla ricerca di filoni precisi. Da chi colleziona solo gli autografi dei Savoia, a chi si innamora di un solo personaggio». In mostra sarà in vendita pure una lettera firmata da Napoleone al comandante Kellermann. «Un botta e risposta, che vale 5500 euro. Grazie a queste lettere autografate abbiamo scoperto un aspetto caratteriale di Napoleone: era tirchio e per risparmiare la carta postillava le lettere che riceveva», dice Stefano. 

LE STORIE
L’autografo è anche uno strumento per leggere la storia e scoprirne le pieghe nascoste. «Noi esperti possiamo toccare di prima mano la storia». Come il caso di una lettera di Mussolini autografata. «Grazie a questa firma abbiamo scoperto che al momento della dichiarazione di guerra, il dittatore si trovava in Etiopia. Nessuno l’aveva mai saputo fin quando non abbiamo trovato questa lettera», racconta Stefano. Diversi sono gli autografi di Mussolini esposti a Cesena: accaparrarseli non è difficile perché il costo si aggira tra i duecento e i trecento euro. La firma di Madre Teresa di Calcutta è un pezzo più pregiato, venduta a 1400 euro. E poi c’è la sezione dedicata ai papi e ai santi, con prezzi che si aggirano su qualche migliaio di euro. La letteratura con Carducci, Pascoli, Matilde Serao e D’Annunzio. «Di D’Annunzio esporremo anche dei falsi», racconta Stefano, «il figlio del poeta era un attore che per vivere divenne falsario. Riproduceva bene gli autografi del padre e li vendeva». Anche altri falsi saranno esposti. «Uno di Verdi che era fatto molto bene. Ma i contenuti dipingevano un Verdi diverso dalla realtà: tanto che apostrofava in toni aggressivi suoi conoscenti».