Il Sole 24 Ore, 14 febbraio 2020
La moda vale l’1,2% del Pil
Senza numeri e persone che li raccolgano e analizzino non si può dipingere alcun quadro o scenario. Ma senza gli imprenditori e i manager ai quali quei numeri sono idealmente destinati è altrettanto difficile comprendere a fondo il presente e immaginare il futuro, a breve o medio termine. Potremmo riassumere così il messaggio del secondo Fashion Annual Talk dell’Area studi di Mediobanca, che si è tenuto ieri a Milano e ha fornito una fotografia del sistema moda italiano ed europeo e, grazie alle testimonianze di quattro imprenditori, ha calato numeri e previsioni nella realtà. Partendo da un quadro positivo: nel 2018 il giro d’affari delle aziende della moda italiane è stato di 71,7 miliardi (+3,4% sul 2017), con utili per 3,7 miliardi.
Convitato di pietra, ieri nella sede di Mediobanca, il coronavirus: non è possibile capire quali saranno gli effetti globali dell’epidemia, ma si può già affermare che il primo trimestre condizionerà pesantemente l’andamento dell’anno. Venendo ai dati, Nadia Portioli, analista dell’Area studi di Mediobanca, ha spiegato che le 173 aziende italiane considerate hanno tutte ricavi superiori ai 100 milioni: «Il loro valore aggiunto aggregato rappresenta l’1,2% del Pil nazionale del 2018, rispetto al quale è cresciuto a una velocità quasi doppia». Altro elemento estremamente positivo, in un Paese in cui il rapporto tra banche e imprese non è sempre proficuo come si vorrebbe, riguarda il merito creditizio: «Oltre i due terzi delle aziende selezionate ha una classe di merito classificabile come A o tripla B – ha sottolineato Nadia Portioli –. Il comparto più rappresentato è l’abbigliamento, seguito da pelletteria e occhialeria.
Come abbiamo ricordato in passato dalle colonne di questo giornale (si vedano ad esempio gli articoli usciti in settembre sull’ultima settimana della moda di Milano), il sistema del tessile-moda-abbigliamento non solo contribuisce – e tanto – al Pil, ma è anche pioniere nei temi che oggi serpeggiano in tutti i settori e business community: sostenibilità ambientale, attenzione alle persone, inclusività e diversità. Dallo studio di Mediobanca emerge che la presenza femminile nei board è ancora bassa (in media una donna per ogni consiglio di cinque membri), ma si lega a una maggior dinamicità, ovvero a uan redditività e ritmo di crescita superiori alla media. Un dato che vale per quotate e non.
Alessandra Lanza, senior partner di Prometeia, si è spinta a una previsione per il 2021: il giro d’affari della moda italiana continuerà a crescere fino a raggiungere quota 80 miliardi, con un ebit margin che sarà superiore di quasi 6 punti alla media dei settori benchmark. «Sono previsioni che ovviamente non tengono conto della crisi da coronavirus: a oggi possiamo confermare che l’effetto negativo già c’è e ci sarà, ma per misurarlo è presto», ha aggiunto Alessandra Lanza. Buone notizie dalle ricerche online: «I 559 brand delle 173 aziende considerate vengono cercati su internet circa 300 milioni di volte al mese, con 57 brand che superano il milione di ricerche ciascuno e una reputazione che dovrebbe renderci orgogliosi».
Alle tavole rotonde hanno partecipato Marco Marchi, amministratore unico di Liu Jo e di Eccellenze Italiane Holding, e Alessandro Varisco, ceo di Twin Set. Doppio cappello per Claudio Marenzi, ceo di Herno e presidente Confindustria Moda, e per Ercole Botto Poala, ceo di Reda e presidente di Milano Unica, la fiera del tessile che si è appena conclusa.