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 2020  febbraio 14 Venerdì calendario

Alta velocità, i progetti più lenti d’Europa

I 15 anni necessari per realizzare una qualunque media opera di importo oltre i 50 milioni registrati dal rapporto della Presidenza del Consiglio e i 5-8 anni necessari per cantierare un’opera dell’Anas dopo il “gioco dell’oca” progettuale e autorizzativo sono solo due dei dati che fanno scivolare l’Italia all’ultimo posto della classifica europea di durata dei lavori pubblici. Non esistono molti dati di raffronto fra i grandi Paesi Ue in letteratura, né studi fatti ad hoc dall’Unione. La ragione è semplice: il tema del patologico ritardo nella realizzazione delle grandi opere e delle procedure defatiganti per avviare un cantiere è un tema ossessivamente italiano o almeno è in Italia che diventa continuamente oggetto di scontro politico, di interventi legislativi ripetuti a decine e mai risolutivi, di vicoli ciechi in cui si perdono inevitabilmente anche i più ambiziosi piani infrastrutturali. È in Italia che la burocrazia e i dissensi politici paralizzano l’azione di governo centrale e locale.
Questo non toglie che qualche volta anche l’Unione europea senta l’esigenza di fare il punto su tempi, costi e procedure, soprattutto quando ci sono di mezzo programmi comuni o, viceversa, priorità infrastrutturali condivise che si fa fatica a ricondurre a programmi comuni. La Corte dei conti Ue, in particolare, ha fustigato più volte i piani dell’Alta velocità ferroviaria, colpevoli – secondo un primo rapporto del 2018 – di produrre in tutta Europa progetti poco armonizzati, costi crescenti e ritardi realizzativi. Quando poi si va a vedere come stanno le cose, nella tabella dei ritardi pubblicata alla pagina 23 del rapporto, ecco che i problemi italiani vengono tutti a galla, già alla prima lettura.
Delle undici tratte ad alta velocità prese in considerazione dall’organismo di controllo contabile europeo le ultime due in fondo alla classifica per durata dei programmi e dei lavori sono due opere italiane: l’ultima in realtà è condivisa con Austria e Germania, vale a dire la Monaco-Verona (con il tunnel del Brennero), l’altra è tutta tricolore, la Milano-Venezia. Per la pianificazione, alla Monaco-Verona è attribuito il tempo record di 54 anni: partendo, appunto, dal 1986, anno in cui furono stilati i primi protocolli con Lodovico Ligato alle Fs (il primo che parlò di Alta velocità) e Claudio Signorile al ministero dei Trasporti e arrivando al 2040, anno previsto per il completamento della linea.
Subito dietro, al secondo posto, per tempi di programmazione la Milano-Venezia. L’opera fu inserita nei programmi delle Fs per la prima volta con la classificazione di Alta velocità da Lorenzo Necci nel 1995. Era la T dell’Alta velocità che arriverà fino ai nostri giorni, con la differenza che sulla Torino-Milano-Napoli corrono già da dieci anni i treni veloci, mentre sulla Milano-Venezia si prevede che l’opera sia ultimata nel 2028.
Non va meglio se si prende in considerazione il più realistico tempo di durata dei lavori. Le opere in fondo alla tabella restano le stesse. Per la Monaco-Verona la previsione europea è di 37 anni di lavori, dalla data di inizio del 2003 al 2040. Per la Milano-Venezia siamo a 25 anni, partendo dal 2003 e dando come data di completamento il 2028.
L’Italia può consolarsi con i 15 anni di lavori per la Torino-Salerno che pongono l’opera a metà della classifica europea.
Va detto, guardando la tabella pubblicata in pagina, che anche nel resto d’Europa i tempi per queste megaopere sono tutt’altro che brevi. Non patologici come i nostri, non teatro di scontro politico a ogni cambio di governo, ma comunque lunghi. Gli spagnoli che mediamente sono i più veloci (14 anni per la Madrid-Leon e per l’Eje Atlantico) impiegano comunque 18 anni per la Madrid-Galizia.
Mentre i tedeschi sono mediamente molto lunghi nella pianificazione ma recuperano nei tempi dei lavori, secondo un modello che tipicamente punta su una solida progettazione. Per la Stoccarda-Monaco, trenta anni di programmazione e 15 di realizzazione.