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 2020  febbraio 14 Venerdì calendario

I monaci marchigiani alla Berlinale

Ventidue persone hanno compiuto una scelta radicale, sottraendosi al mondo. Non sono eremiti millennial. Pregano e si allenano: kung fu, arti marziali. Consacrano dal 1998 corpo e anima «in vista di un bene superiore», per costruire un nuovo mondo. «Vivono in regime quasi monastico, il Maestro, che è il fondatore della comunità, battezza gli uomini monaci guerrieri, e le donne madri guardiane. Ma tra loro si definiscono i guerrieri della luce», racconta Valentina Pedicini, 41 anni.
Su di loro ha girato il docu-film Faith, che, prodotto da Donatello Palermo con Rai Cinema, il 25 andrà alla settimana della critica del Festival di Berlino, poi in altre dieci rassegne, da Copenaghen a Londra, infine nelle sale in Italia. 
I 22 adepti vivono in un casolare nella campagna marchigiana, tra galline, mucche e l’orto. Hanno fondato un monastero, sono autosufficienti. Sono rasati, vestono solo di bianco e nero, la purezza e il male. Uomini e donne quasi alla pari, ci sono coppie. La regista dice che gli adepti non vengono da disagi familiari e appartengono a ceti medio-alti, molti sono laureati. Non hanno cellulare né Internet, se hanno necessità di comunicare una qualsiasi emergenza si rivolgono al portavoce.
La regista, che ha trascorso quattro mesi con loro, dice che non pagano per vivere lì, non è una setta, possono andarsene quando vogliono. Il Maestro è molto severo quando si fanno anche piccolissimi sgarri alle regole. La sera si mettono in circolo per delle sedute di autoanalisi collettiva, che loro chiamano «giro delle emozioni». Col passato non si relazionano, non ne parlano. 
Ma come lo vogliono cambiare il mondo? «Pensano di essere portatori del bene, lavorano su sé stessi sul piano psicologico e fisico, sperando che il loro stile di vita sia seguito da altre persone». Facile ironizzare che si potrebbe ottenere lo stesso risultato con uno psicologo e una palestra. «Ma hanno un messaggio universale, che si può vivere in un altro modo, al di fuori delle convenzioni sociali. Siamo sicuri che tante loro dinamiche non accadono nelle famiglie?». 
La regista sostiene che nei suoi «lavori, ospitati alla Festa di Roma e alle Giornate degli autori di Venezia, c’è sempre il tema della radicalità». Lei non ha aderito alla scelta religiosa o di vita, ha voluto semplicemente raccontare «con rispetto un mondo sconosciuto che ha deciso di affidare la propria vita a qualcun altro, è qualcosa che facciamo fatica a comprendere, non giudicare è stata la mia scommessa più grande. Mi ha dato forza la presenza di bambini nella comunità».
I 22 si definiscono monaci cristiani, il Vaticano non li riconosce. Il film comincia con le parole di Dino Buzzati da Il deserto dei tartari: «Tutti là dentro si erano dimenticati che in qualche parte del mondo esistevano fiori, case allegre e ospitali. Tutto là dentro era una rinuncia, ma per chi, per quale misterioso bene?». Valentina, sono degli utopisti? «Il Maestro ha creato un mondo dal nulla, e a quel mondo hanno aderito. Hanno trovato la loro forma di felicità, contro ogni violenza».