Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  febbraio 13 Giovedì calendario

Intervista a Tania Cagnotto

Tania si ri-tuffa, ma da sola. «Mi piace l’idea di un piano B». Cagnotto vuole volare a Tokyo 2020. Dal trampolino 3 metri nella gara individuale, se il sincro con la compagna di sempre Francesca Dallapè, che l’ha spinta a tornare in gara dopo aver appeso il costume al chiodo a Rio 2016 con due medaglie, dovesse fallire. «Ho più possibilità da sola che in coppia, anche se in Giappone io ci voglio andare con Francesca. E se ci riesco, vorrei essere la portabandiera». Ha 34 anni la bolzanina, 33 l’amica di Trento. Entrambe mamme, di Maya e Ludovica. Una vita insieme: nell’acqua a pescare 8 titoli europei di fila, 2 argenti mondiali e quello olimpico in Brasile. Fuori dall’acqua: testimoni delle nozze reciproche e Tania àncora dell’amore finito di Francesca. «Il mio ritorno in vasca comincia così: come una terapia».
Ci spieghi.
«La decisione di tornare non l’avrei mai presa se non ci fosse stata Francesca. Io avevo veramente deciso di smettere, ho fatto la mia gara di addio, per me era definitivo.
L’idea di chiudere in bellezza la carriera mi è sempre piaciuta. Ci ero riuscita a Rio. Invece le cose sono cambiate. E all’inizio, quasi per ridere. Francesca mi tampinava dicendo che fare l’Olimpiade delle mamme sarebbe stato un bel messaggio. L’idea mi attirava, ma mi sembrava impossibile. Poi, la nostalgia. Delle piccole cose: i raduni con i compagni, il lavoro insieme ma anche gli scherzi, la squadra. Anche il fatto di tornare in forma e fare qualcosa per me stessa, sganciarmi dall’essere soltanto madre e moglie, staccare di testa.
Quindi mi sono detta dai, proviamo».
E a quel punto?
«Francesca ha avuto un grande problema, una di quelle cose che nella vita capitano: la fine di un matrimonio, sta divorziando dal marito, una storia complicatissima e dolorosa, e io in quel momento non mi sono sentita di dirle no, non torno, fai a meno di me. Ne aveva bisogno, era il suo unico appiglio per distrarsi dal disastro che stava succedendo intorno a lei. Quindi è iniziata così, un po’ come una terapia per lei».
Poi?
«Le cose stavano andando e questo sogno di partecipare all’Olimpiade si è concretizzato. Anche perché appena abbiamo solo accennato l’idea, è come se avessimo sganciato una bomba: i media l’hanno resa ancora più reale.
Quindi adesso ci sono tante cose in ballo e dobbiamo realizzare questa impresa. Ma se non dovessimo riuscirci, perché la concorrenza è forte, io ci proverò da sola».
Finora non lo aveva mai detto così nettamente.
«Perché è stata una scelta molto combattuta. All’inizio non ci pensavo proprio, volevo rimanere col ricordo del bronzo di Rio.
Volevo provarci col sincro perché è con Francesca che abbiamo deciso di ritornare, e fare l’individuale avrebbe fatto perdere il senso di questo viaggio di coppia. Noi siamo state spesso in simbiosi. E non solo dal trampolino. Lo pensavo e lo penso tuttora, ma c’è anche da dire che io ho sacrificato molto della mia vita in questi due anni in cui è ricominciato tutto. Ho tolto delle cose alla mia bambina e a me stessa. Se non dovessimo farcela con Francesca, mi sembrerebbe di aver buttato tanto per niente.
Nell’individuale ho molte più possibilità, in Italia non c’è tutta questa concorrenza, è un piano B, una rete di salvataggio. Anche se avrei dei sensi di colpa, ad andarci da sola a Tokyo».
Immagino ne abbia parlato con Francesca.
«Certo, lei lo capisce. Ma prima eravamo alla pari, ora io ho un’altra occasione e lei no. Questo le mette più pressione».
Non teme che il vostro legame possa risentirne?
«No. Da quando è successa questa cosa con suo marito, il nostro rapporto si è rafforzato. Lei sapeva che lui a me non era mai piaciuto, era un ragazzo che non faceva proprio per lei. Non voglio dire di più, ci sono gli avvocati di mezzo, la situazione è difficile».
Come si fa a tornare dopo due anni lontano?
«È dura. Mi alleno meno della metà di prima. Ho acciacchi. Ma ora ho il vantaggio di potermi fare un regalo. Vivermela con gioia. Basta con la tensione e l’ansia delle gare, non mi mancano e non voglio più neanche riviverle. Tokyo sarebbe l’occasione per dire: mi diverto e lo faccio per me. Se va, sono contentissima, altrimenti va bene lo stesso. Lascerò anche la Finanza che non vuole che faccia l’allenatrice. Ma io ho la mia famiglia, ho altro, le medaglie che ho vinto non me le toglie nessuno».
Funziona?
«Abbastanza: se un allenamento va male non mi metto a piangere come prima. E se a volte non mi va, non mi alleno. Un tempo sarei stata divorata dal senso del dovere. Ma la settimana scorsa a Bolzano ho sentito di nuovo la tensione e mi sono arrabbiata con me stessa: non erano quelli i patti. Ne ho parlato anche con la mia psicologa Daniela Cavelli.
Sa che mi ha detto? Di farci pace, perché io sono fatta così».
La concorrenza interna con Elena Bertocchi e Chiara Pellacani?
«Non l’hanno presa bene all’inizio. Mi metto nei loro panni e dico: ma ’ste due vecchie cosa vogliono ancora? Elena mi chiede quanta voglia ho di tornare. Rispondo che se c’è anche una minima possibilità che io possa fare la portabandiera a Tokyo, dico che tutto questo ne vale la pena».
Il Coni glielo ha proposto?
«Non ho parlato direttamente col presidente Giovanni Malagò, ma girano voci. Nel 2016 ero una candidata, poi è stato giusto che l’abbia fatto Federica Pellegrini. Lo meritava per tutto quello che ha dato allo sport. Ora dico che dopo le mie due medaglie a Rio sarebbe giusto che io avessi l’opportunità.
Anche per il mio sport, sarebbe ora che qualcuno portasse la bandiera dei tuffi, è assurdo che neanche il grande Klaus Dibiasi ci sia mai riuscito. In più rappresentare il proprio Paese ai Giochi non ha prezzo. Sarebbe la mia ultima Olimpiade, e da mamma. Un sogno».
Sarebbe ancora nuoto e ancora una donna.
«Siamo uno sport e un genere vincente. È così e basta. Se una donna nel mondo del lavoro in Italia non vince mai, nello sport è diverso, parlano i risultati: la Pellegrini fa quel tempo e lo fa meglio di un uomo. Ai colloqui di lavoro ti chiedono che età hai e se vuoi avere