La Stampa, 13 febbraio 2020
Persi 4,5 miliardi nel turismo per il coronavirus
Si chiama paura, il virus più pericoloso. Quello che sta riducendo del 30% i turisti al Carnevale di Venezia, anche se i viaggiatori cinesi in città non sono mai stati più del 3%. Quello che sta facendo perdere a Roma il 35% delle prenotazioni negli alberghi, sta facendo decidere di rinviare il Festival dell’Oriente al Lingotto di Torino previsto per la fine di marzo o a dare già per persi i 30 mila cinesi attesi a Milano per la Fiera del Mobile di aprile. Le previsioni economiche sono ancora più nefaste. Secondo l’istituto Demoskopica il coronavirus sta facendo perdere il 5% del Pil del settore turismo, con perdite calcolate fino a 4 miliardi e mezzo di euro, concentrate soprattutto in Veneto -954 milioni, Toscana -779 milioni, Lazio -765 milioni e Lombardia -685 milioni.
Il dato più aggiornato lo fornisce la Fondazione Italia Cina - Camera di Commercio Italo Cinese. Per questo 2020 si aspettavano nel nostro Paese 1,5 milioni di turisti o uomini d’affari cinesi, con un pernottamento totale per 5 milioni di notti. La previsione è che ne arrivino il 25% in meno. Una sberla per l’economia italiana, calcolando ad esempio che nel settore lusso gli acquisti Tax Free appannaggio dei turisti cinesi rappresenta il 30% del totale. Peggio vanno solo i ristoranti cinesi della Penisola, che in poche settimane hanno visto crollare la clientela, soprattutto italiana, tra il 40% ma fino a picchi del 50%.
Emblematico il caso di Venezia. Su 11 milioni di pernottamenti annui i cinesi occupavano 360 mila camere. Claudio Scarpa, presidente di Ava, l’associazione veneziana degli albergatori, giura che il dato non influiva più di tanto: «I turisti cinesi che si fermano a dormire sono il 3%, la metà di quelli che provengono dall’America Latina. Ma quello che ci tocca pesantemente è l’effetto domino provocato dalla paura». Spiega il vicepresidente di Ava Daniele Minotto: «Per il Carnevale abbiamo assistito a circa 30% in meno di presenze. Sono disdette arrivate da chi temeva che in un luogo affollato, con una grande presenza di cinesi che in effetti non c’è, fosse più facile il contagio». Costo della paura stimato 200 milioni di euro. Se al Carnevale di Venezia si piange a quello di Viareggio, per ora si ride. A sfilate ancora in corso la previsione dei biglietti venduti è di un +2,5% rispetto alle presenze dell’anno scorso. La presidente della Fondazione Carnevale di Viareggio Marianina Marcucci giura che il coronavirus non ha prodotto effetti: «Non siamo ancora entrati nel grande giro delle guide turistiche cinesi». All’associazione commercianti di Lucca intanto già incrociano le dita: «Da noi in Versilia gli alberghi sono ancora chiusi. La stagione non è ancora iniziata ma ci aspettiamo pesanti contraccolpi».
Va peggio a Milano, una delle mete dei turisti cinesi in vena di spendere montagne di yuan nel Quadrilatero della Moda. Intanto mille tra buyer ed operatori cinesi attesi per le sfilate di Milano Donna Autunno Inverno 2020-2021 dal 18 al 24 febbraio non verranno a Milano, ma saranno collegati via web. Secondo Atr di Confesercenti nel solo mese di febbraio sono mancate in città 40 mila presenze cinesi che hanno generato una perdita secca di 8 milioni di euro. Che diventano 300 ogni mese, secondo quanto ha già detto il sindaco Giuseppe Sala, se si conta pure l’indotto, generato da shopping e ristorazione. A pagare caro sono anche i ristoranti cinesi. Alcuni di loro hanno già preferito chiudere momentaneamente visto il crollo dei clienti che arriva pure al 50%.
Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi di Roma, si è messo a fare i paragoni con la Sars del 2003, che provocò tre mesi di blocco ma ce ne vollero altri 4 per la ripresa: «Calcoliamo per il settore una perdita secca di 500 milioni di euro. I turisti cinesi rappresentano il 2% del totale degli arrivi in città. L’anno scorso abbiamo avuto in tutta l’area metropolitana 23 milioni di turisti, con 54 milioni di presenze. I cinesi erano 399 mila con 620 mila presenze. Calcoliamo tra il 35% e il 40% di presenze in meno negli alberghi». Stesso discorso a Napoli dove il turismo è più stagionale e le previsioni sono più difficili, come dice il presidente di Federalberghi Costanzo Iaccarino: «Da noi ci sono 3 o 4 milioni di presenze di turisti. I cinesi sono aumentati ma non abbiamo dati aggiornati. Temiamo disdette soprattutto in alta stagione, quando Napoli diventa meta del turismo anche verso Capri, Ischia o la Costiera Amalfitana». Anche all’estero si contano i danni: il Mobile World Congress, la più importante fiera della telefonia mobile in programma a fine febbraio a Barcellona, è saltata.