il Fatto Quotidiano, 13 febbraio 2020
Biografia di Amy Klobuchar
“Il senatore della porta accanto”, recita il titolo della sua autobiografia. E l’immagine di cordialità, di buon senso tipico del Midwest è il cuore della storia politica e umana di Amy Klobuchar. Cinquantanove anni, Klobuchar è salutata come la “sorpresa” delle primarie in New Hampshire, dove ha conquistato il terzo posto dietro Bernie Sanders e Pete Buttigieg. Chi la conosce sa però che la “sorpresa” qui non conta niente. Ostinazione e disciplina rabbiosa sono le qualità che hanno tenuto in vita, sinora, il sogno presidenziale della senatrice del Minnesota. Lei ha raccontato spesso in campagna elettorale la sua storia: lo fanno tutti i candidati, in America vuol dire essere inspirational e sembra avere un ottimo effetto sugli elettori. I nonni materni venivano dalla Slovenia, quelli materni dalla Svizzera. Il padre Jim, che ha lavorato anche nelle miniere del Minnesota, è uno storico giornalista sportivo di Minneapolis, con problemi di alcolismo; ora, a 91 anni, è completamente sobrio. La madre era un’insegnante, talmente orgogliosa della figlia da appuntare sul frigorifero le sue pagelle. Educazione middle-class, da brava ragazza del Midwest, e voglia di non corrispondere a modelli femminili imposti sono due cose che tornano spesso nel mémoir di Klobuchar. Alle superiori Amy viene mandata a casa da scuola “perché indossavo i pantaloni, non la gonna”. Si laurea magna cum laude a Yale, lavora come avvocato delle grandi corporation, entra nei circoli politici democratici e diventa procuratore della contea di Hennepin nel 1998. La appoggiano un po’ tutti: stelle del firmamento democratico come Walter Mondale, un altro figlio del Minnesota, e una schiera nutrita di avvocati repubblicani. Il salto al Senato, nel 2006, è naturale. È la prima donna a essere eletta senatrice nella storia del Minnesota. Viene riconfermata nel 2012 e ancora nel 2016, conquistando la fama di chi sa lavorare con i repubblicani e portare a casa risultati; nella legislatura che termina nel 2016 è anzi il senatore che riesce a far approvare più leggi. Non mancano attacchi e pregiudizi. Un giorno, in Senato, si vede recapitare un biglietto anonimo: “Senatore, nasconda un po’ la scollatura”, c’è scritto. Lei non se la prende. “Non mi sono mai fermata. Io vado avanti. Vado avanti, sempre”, ha detto in una recente intervista.
Annuncia la sua candidatura nel febbraio 2019. Lo fa sotto una tempesta di neve e non potrebbe essere altrimenti, per chi vuole mostrarsi tosta, tenace, impossibile da piegare. Il suo programma è quello di una moderata: minimi salariali a 15 dollari, cauto allargamento dell’assistenza sanitaria, misure per alleviare il debito degli studenti, ma non cancellarlo, come vogliono Sanders ed Elizabeth Warren. Il suo mantra, continuamente ripetuto in campagna elettorale, è: “Posso vincere. So come vincere. Ho vinto qualsiasi cosa in cui mi sono impegnata, dalle scuole elementari”. A dimostrazione della presunta invincibilità, cita un dato: nel 2016 ha conquistato tutti i distretti elettorali rossi, repubblicani, quelli che come presidente hanno votato Trump. Con la candidatura alla presidenza, partono anche nuovi attacchi. Nei suoi otto anni da procuratrice, Klobuchar non ha aperto una sola inchiesta sui poliziotti responsabili di omicidi e violenze, elemento che potrebbe costarle il voto afro-americano. Soprattutto, si raccontano cose terribili sul trattamento dei collaboratori: insulti, violenze psicologiche, addirittura oggetti lanciati contro i malcapitati. Di fronte a proteste e crisi di pianto, il capogruppo democratico del Senato Harry Reid avrebbe, nel 2015, richiamato Klobuchar a una “condotta più consona”. Lei ha sempre negato. “Adoro i miei collaboratori – ha detto – è che sono dura e voglio sempre il meglio”. Ora, dopo un brutto risultato in Iowa, Klobuchar risorge in New Hampshire. Si propone come il candidato perfetto. Non così a sinistra come Sanders e Warren; non così anziana come Joe Biden; non così giovane come Buttigieg (che ha definito “un fighetto”). Difficile dire se e quanto la sua candidatura potrà andare avanti. Le manca il conto in banca, e l’organizzazione elettorale, di altri candidati. Lei è pronta ai prossimi appuntamenti: il Nevada, il South Carolina. Le parole d’ordine sono sempre le stesse. Forza. Ostinazione. Resilienza. “Una donna, in politica, deve essere dura – ha detto nel New Hampshire – tanto più dura, se vuole battere Donald Trump”.