ItaliaOggi, 12 febbraio 2020
Troppi deputati in Germania
Sono troppi i deputati anche in Germania. E rischiano di diventare sempre di più. Se non si provvede con una riforma, con un taglio all’italiana, dal 2021 gli Abgeordnete, che qui nessuno chiama onorevoli, non troveranno più posto al Bundestag. Gli ultimi venuti dovranno sedersi sugli scalini tra i banchi. Per loro si dovranno allestire dei container trasformati in uffici vicino al parlamento, lungo la Sprea: un vano di 18 metri quadrati, quanto una camera d’albergo a tre stelle, per il parlamentare e il suo assistente. Der Spiegel pubblica un rapporto tra deputati e popolazione: noi siamo al primo posto, un eletto ogni 96 mila elettori (ma non si tiene conto del senato), la Gran Bretagna segue con uno a 102 mila, la Germania uno ogni 117 mila.In Italia si protesta che il taglio dei parlamentari sarebbe un duro colpo per la democrazia. Gli onorevoli rappresentano al parlamento i loro elettori. In teoria sì, ma la rappresentanza viene a cadere con le candidature plurime. Maria Elena Boschi è stata paracaduta in Sud Tirolo, nel collegio di Bolzano, senza che avesse mai avuto prima un contatto con i suoi possibili elettori. Silvio Berlusconi si è presentato in una decina di collegi, poi ne sceglie uno e rinuncia agli altri. E chi l’ha votato ignora dunque chi spedirà alla camera.
In Germania, al contrario, e per paradosso, gli Abgeordnete crescono per un’overdose di democrazia, a causa della legge elettorale. Ogni cittadino ha due voti a disposizione, uno per il partito e un secondo ad personam, per un candidato che può appartenere a un partito diverso. Metà dei deputati vengono eletti nella lista del partito in proporzione dei voti raggiunti, dalla Cdu, o dall’Spd, e così via. Gli altri sono eletti nominalmente, e chi nel suo collegio ottiene il 50 piú una scheda entra direttamente in parlamento. Non sono previste, come dovrebbe essere ragionevole, le candidature plurime. E in Germania, per i rari casi di voltagabbana, si è aperto il dibattito: si può cambiare casacca? Alcuni vogliono distinguere: chi deve il seggio alla lista di partito, dovrebbe dimettersi. Chi ha ricevuto voti personali potrebbe sostenere di rimanere fedele ai suoi elettori. E se la proposta venisse adottata anche a Roma?
Una legge quasi perfetta. L’elettore potrebbe indicare la coalizione preferita, evitando che anche il proprio partito ottenga la maggioranza assoluta, mai augurabile in una democrazia. Ma se si esagera in questo voto, diciamo schizofrenico, si finisce per eleggere più deputati del previsto. Al partito vanno tanti mandati in proporzione ai voti ottenuti, a cui si aggiungono altri seggi per il voto ad personam.
Nel 1990, al primo voto della Germania riunita, i deputati furono 662, sei extra, gli Überhangsmandate. Nel ’94, furono 16, poi si scese a 13, a 5, per tornare a 16. Nel 2009 siamo a 24. Quattro anni dopo si arriva a 29, ed è necessario aggiungere altri 4 mandati di compensazione per mantenere la proporzione dei voti ricevuti in complesso dai partiti. L’esplosione avviene nel 2017: 65 mandati extra, più altri 46 per ristabilire il rapporto. E siamo a ben 111 deputati in più, siamo arrivati a 709, e il numero previsto sarebbe di 598. L’anno venturo a settembre, se non si cambia, si supererà quota 800.
Due le cause: ci sono più partiti, e gli elettori dividono le scelte, e la grande coalizione tra due forze dal programma quasi identico, induce a votare malvolentieri per il partito a cui si rimane fedeli, e per stanchezza per qualche faccia nuova. Un problema che si trascina da anni. Per cambiare bisognerebbe essere tutti d’accordo, ma sono i partiti più forti a godere dei mandati supplementari. E oggi, è la Csu, i cristianosociali bavaresi, ad opporsi. Nel 2002, Gerhard Schöder sarebbe stato battuto, o costretto alla patta, poi gli arrivarono una decina di mandati supplementari a salvarlo. Tre anni fa, a trarne il maggior vantaggio fu la Cdu-Csu. Oggi, il presidente del Bundestag è il cristiano democratico Wolfgang Schaüble, 77 anni, ed è deciso a condurre in porto la riforma, riducendo i collegi elettorali da 299 a 270, il 10%. Ma non ha molto tempo.