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 2020  febbraio 12 Mercoledì calendario

Cambiamenti climatici, in pericolo i più poveri

Uno spettro si aggira per il pianeta Terra, lo spettro del cambiamento climatico, ma nessuna delle potenze del vecchio mondo sembra aver compreso quanto grave possa già essere la situazione. E le persone illuminate che lo hanno capito, si rassicurano pensando che non sarà domani e si domandano perché dovrebbero fare qualcosa se neanche gli scienziati sono d’accordo. Iniziamo dalle conseguenze.
Incendi smisurati hanno portato sull’orlo della fusione il terreno permanentemente ghiacciato della Siberia, compromesso la ricchezza dei viventi, sapiens e non, in Amazzonia, liberato ingenti quantità di anidride carbonica e spinto verso l’estinzione i marsupiali australiani (per non parlare delle vittime). Questi roghi sono stati certo favoriti dalla siccità e dall’abbassamento delle falde idriche. Temperature calde come mai in passato hanno interessato tutto il pianeta, da Parigi (+43°C, mai registrati prima) a Biarritz, da Torino all’Antartide (record di +18°C, più caldo che a Roma), mentre tempeste di vento a 200 km flagellano il Nord del mondo. Secondo l’Università di Oxford, entro il 2030 (nei mesi estivi) non si riformerà più la grande banchisa del Polo Nord, passando i ghiacci artici da più di 11 a circa 4 milioni di kmq dal 1980. E la fusione dei ghiacciai terrestri porterà a un innalzamento del livello medio dei mari calcolato fra 1 e 10 metri nei prossimi trent’anni. Perturbazioni meteorologiche a carattere violento stanno diventando più numerose, più frequenti e avvengono anche al di fuori delle regioni e delle stagioni tradizionali. Tutto questo dipende dal fatto che fa più caldo e che il sistema atmosferico deve evacuare maggiori quantità di energia termica e regolare contrasti termici sempre più profondi. 
Gli scienziati non sono affatto divisi sul cambiamento climatico: tutti gli specialisti del clima sostengono unanimemente che stiamo assistendo a un cambiamento climatico anomalo e accelerato rispetto al passato. E che dipende dalle attività produttive dei sapiens. Se si calcolano le pubblicazioni scientifiche (unico terreno su cui si confrontano i ricercatori, che non hanno maggiore calibro se vengono intervistati dai media), si vede chiaramente che, su decine di migliaia di articoli pubblicati in riviste "peer reviewed", solo alcuni non concordano sulle responsabilità degli uomini. Purtroppo l’audience di questa straminima minoranza (che in altre discipline neanche avremmo considerato), è amplificato da alcune personalità autorevoli e da una gran massa di siti e articoli (non scientifici) prezzolati dalle compagnie petrolifere. E’ curioso, però, che anche scienziati esperti in altre discipline discettino allegramente del ruolo del Sole o neghino il riscaldamento rilasciando interviste, non, invece, scrivendo articoli sulle riviste scientifiche che potrebbero certificare il loro dissenso.
Il clima della Terra può variare solo per cinque motivi: irregolarità dell’orbita terrestre (che spiega le grandi glaciazioni del Quaternario), correnti oceaniche (che riscaldano, per esempio, maggiormente la Scandinavia), posizione dei continenti (il nostro emisfero ha più continenti e perciò è più freddo di quello australe), Sole (se è più caldo o più freddo) e presenza di carbonio in atmosfera. Ma possiamo considerare attualmente irrilevanti i primi quattro motivi, in quanto cambiano molto lentamente e addirittura perché il Sole raramente è stato così freddo. Rimane solo un motivo che può cambiare il clima sulla Terra oggi, ed è il carbonio in atmosfera. Ed è anche l’unico su cui i sapiens possono intervenire, non potendo certo influire sugli altri. Nonostante ci siano cicli naturali del carbonio che muovono 770 miliardi di tonnellate di CO2, il contributo degli uomini è significativo (30-40) e, soprattutto, interviene su sistemi all’equilibrio: la classica goccia che fa traboccare il vaso. La logica rafforza i numeri degli specialisti del clima. 
Bisogna sempre distinguere il tempo dal clima, ma ormai gli eventi meteorologici si ripetono così frequentemente da diventare climatici. Ed è inutile pensare che anche nel passato il clima cambiava: certo, ma solo alcune regioni alla volta e più lentamente. Oggi il cambiamento è globale e avviene in maniera più accelerata del passato, tanto che ogni anno che passa è ormai più caldo di quello precedente. Inoltre le previsioni delle tendenze climatiche di 15 o 10 anni fa si sono rilevate esatte, segno che i modelli fisici e matematici utilizzati erano corretti.
Va poi rilevato che non stiamo soffrendo di tutto il potenziale negativo del cambiamento climatico, che è ancora di là da venire: il carbonio persiste in atmosfera per cento anni, dunque quello riversato in passato è ancora largamente attivo. Se oggi potessimo azzerare istantaneamente tutte le combustioni degli uomini e tutto quello che non è energia rinnovabile si fermasse, ci vorrebbero 45 anni perché la CO2 tornasse ai livelli pre-industriali (cioè attorno alle 350 ppm, oggi siamo a 415). Come a dire che la temperatura media continuerebbe ancora a salire per decenni prima di tornare al livello di oggi, perché l’inerzia dell’atmosfera è considerevole. 
Dunque il famigerato punto di non ritorno (il tip-point) rischiamo di vederlo negli specchietti retrovisori, lanciati a tutta velocità verso uno schianto che non procurerà alcun fastidio al pianeta, ma ai sapiens e ai viventi sì, riducendo drasticamente il nostro benessere e portando alla morte e alla migrazione forzata gli uomini della parte povera del pianeta. E’ davvero avvilente constatare che solo una ragazzina e un uomo vestito di bianco amplifichino le preoccupazioni degli scienziati, mentre tutti gli altri fanno finta di niente.