Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  febbraio 12 Mercoledì calendario

Cosa prevede la riforma del processo penale

La riforma del processo penale è virtualmente pronta. Domani andrà all’esame del consiglio dei ministri. E il ministro Alfonso Bonafede già ha iniziato a battere sul punto. «Interverremo con 50 misure per un processo penale celere e moderno, senza sacrifici per le garanzie delle parti. Non stiamo intervenendo sforbiciando qua e là i tempi ma per un processo penale con le spalle più larghe». In effetti, a giudicare dalle bozze che circolano, pur premettendo che non sono quelle definitive, c’è un lavoro di fioretto. Ma c’è nascosta anche una bomba, quella che ha rischiato di deflagrare sotto la poltrona di Giuseppe Conte. Nel senso che dentro questa legge-delega che, una volta approvata dal Parlamento, avrà poi bisogno di tanti decreti legislativi di attuazione, c’è anche famoso Lodo Conte bis. Ovvero quella faticosa mediazione che riscrive la riforma Bonafede sulla prescrizione, ormai in vigore da quarantuno giorni. 
C’è davvero di tutto, nella riforma. Il tentativo di limare le mille asperità che rallentano il corso del processo penale. Ad esempio è previsto che i difensori possano presentare un’istanza per l’immediata definizione del processo, decorsi i termini di 2 anni per il giudizio di appello e di 1 anno per il giudizio di Cassazione. Parallelamente, si impone che il processo debba poi essere definito entro 6 mesi dal deposito dell’istanza da parte dei legali. 
Per rendere effettiva questa accelerazione, ci sarà un’infornata di personale nuovo: 3000 assistenti giudiziari che verranno presi con contratto a termine di due anni e 500 nuovi giudici ausiliari nelle corti d’Appello.
Dati alla mano, sono le corti d’Appello quelle più in sofferenza. Qui si accumula più arretrato, e i tempi si allungano. Ancora peggio sarà in futuro, quando decine di migliaia di fascicoli non finiranno più nel cestino per effetto della prescrizione come accade ogni anno. E allora, ecco il tentativo di aumentare la produttività dei giudici: ci sarà una composizione monocratica nei procedimenti a citazione diretta di cui all’articolo 550 del codice di procedura penale (un lungo elenco di delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa). 
Il pubblico ministero che non rispetta le varie tempistiche del processo penale incorrerà in un «illecito disciplinare quando il fatto è dovuto a dolo o a negligenza». E se lo sforamento è dovuto al mancato rispetto delle misure organizzative adottate dal capo dell’ufficio. 
Per velocizzare il sistema, si introducono alcune misure deflattive. Ad esempio, l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa, così come l’inappellabilità della sentenza di condanna a lavori di pubblica utilità. Ma c’è anche una mezza rivoluzione sulle archiviazioni da parte del pm, «prevedendo che il pubblico ministero non eserciti l’azione penale nei casi in cui gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non consentano, anche se confermati in giudizio, l’accoglimento della prospettazione accusatoria». Cioé a fronte di prove molto deboli. Attualmente l’archiviazione è prevista solo quando il pm accerta «l’infondatezza» delle accuse.
Largo spazio all’informatica, poi. Le notificazioni si considereranno perfezionate mediante mail certificata al difensore. Più in generale, nei procedimenti penali sarà possibile il deposito di atti e documenti «anche con modalità telematiche», e con «soluzioni tecnologiche diverse dalla posta elettronica certificata». Ovvero con mail semplice.
Come annunciato, c’è anche un corposo capitolo dedicato al Consiglio superiore della magistratura. Sale da 20 a 30 il numero dei componenti del Csm (20 i togati, 10 i laici). È caduta l’ipotesi di un sorteggio tra toghe, aborrita dall’Associazione nazionale magistrati. È prevalsa invece l’idea di frazionare il collegio unico nazionale, suddividendo il territorio in 17 collegi territoriali. Dovrebbe servire a scoraggiare le correnti organizzate. Ma l’effetto concreto sarà da testare.