la Repubblica, 12 febbraio 2020
Il Parlamento e gli animali
«Abbiamo isolato il virus!» annunciava lo scorso 2 febbraio il ministro della Salute Roberto Speranza mostrando ai giornalisti l’immagine fotografica della scoperta. Senza immaginare che mentre lodava la bravura dei ricercatori, nel suo partito Liberi e uguali e nella maggioranza non mancava chi cullava l’idea di mettere in crisi con il decreto Milleproroghe proprio ciò che gli scienziati considerano uno dei pilastri di quel genere di ricerca. Ovvero la possibilità di sperimentare l’efficacia di certi farmaci sugli animali prima che sull’uomo.
Ma per raccontare questa storia è essenziale fare un passo indietro. Tutto comincia nel 2013, quando il Parlamento italiano decide finalmente di recepire (come al solito in ritardo) la direttiva europea che limita la sperimentazione sugli animali. Nell’occasione l’ex ministra Michela Vittoria Brambilla lancia subito una crociata per inasprire le regole comunitarie. E, grazie a un Parlamento nel quale sono appena sbarcati in forza grillini molto sensibili a un tema al quale persino il leader del suo partito Silvio Berlusconi si è ormai sensibilizzato, porta a casa un inaspettato giro di vite. Oltre al divieto di allevare animali destinati alla sperimentazione, viene introdotto quello di utilizzarli per le cosiddette sostanze d’abuso (per esempio i farmaci oncologici) e gli xenotrapianti: per capirci, l’utilizzo di organi animali per trapianti umani. Tutta roba non prevista nella direttiva di Bruxelles, dove a qualcuno la cosa dev’essere andata di traverso se è vero che da due anni a questa parte c’è un’altra procedura d’infrazione già innescata, anche se tuttora senza un esito concreto.
Ma nemmeno la comunità scientifica l’ha digerita particolarmente bene, come dimostrano le prese di posizione che si sono susseguite nel corso degli anni sul rischio che l’inasprimento della direttiva potesse creare seri problemi alla ricerca sanitaria. Così da allora, nell’incapacità politica di prendere di petto la questione, si è andati avanti come al solito. A forza di proroghe: di tre anni in tre anni. E fra coloro che possono ringraziare c’è anche Berlusconi, fresco di fede animalista, faro politico di Michela Vittoria Brambilla. Perché nel 2016 il suo cuore è stato rimesso in carreggiata proprio grazie a una valvola cardiaca presa da un animale. «La valvola biologica è una valvola di origine animale. Viene dal maiale e consente nel post operatorio di assistere a una funzione che è la più vicina alla valvola nativa»: il suo medico personale Alberto Zangrillo spiegò così la decisione di sottoporre il Cavaliere al famigerato xenotrapianto.
Di tre anni in tre anni, dunque, si è arrivati fino alla fine del 2019. E anche in questa circostanza, in un Paese abituato ad aggirare sempre i problemi con la geniale invenzione del Milleproroghe, i ricercatori si aspettavano una nuova moratoria di uguale durata. Salvo scoprire che stavolta la sarebbe stata di un solo anno. Così Giovanni Apolone, Marco Foiani, Gianvito Martino e Giuseppe Remuzzi, direttori scientifici di Istituto nazionale dei tumori, Istituto Firc di oncologia molecolare, San Raffaele e Mario Negri di Milano hanno scritto al premier Giuseppe Conte: «Nelle ultime settimane si è scatenato un violento attacco alla ricerca biomedica, che usa come pretesto il termine “vivisezione”, pratica fuorilegge in Italia e in tutta Europa, con l’obiettivo di precludere al nostro Paese la pratica legale, strettamente regolamentata e delimitata, nota come sperimentazione animale». I quattro protestano che questo metterà la ricerca italiana in condizioni di inferiorità, rischiando di precluderle l’accesso ai fondi Ue e di rendere ancora più complicato il rientro dei cervelli.
Per tutta risposta ieri nella commissione parlamentare che doveva decidere, la confusione si è ancora una volta impadronita della scena. Leu, che voleva abolire del tutto la moratoria, ha ritirato l’emendamento. Ma lo stesso ha fatto pure il Pd, che invece aveva sposato la linea dei ricercatori chiedendo di portarla a tre anni. Zero a zero, palla al centro. Del resto, con una maggioranza sbrindellata e un governo che anziché governare deve mediare fra galletti che litigano, chi avrebbe il coraggio di prendere una decisione seria su un tema tanto importante? E poi, cari ricercatori, guardate che piega ha preso nel nostro Parlamento il sacrosanto furore ambientalista, scoperto grazie a una ragazzina di 16 anni. Metà delle 16 (sedici) proposte di modifiche dell’articolo 9 della Costituzione per introdurre anche la tutela dell’ambiente mirano a tutelare pure gli animali. «Gli animali sono esseri senzienti e la Repubblica ne promuove e garantisce la vita, la salute e un’esistenza compatibile con le loro caratteristiche etologiche», dice la proposta di Michela Vittoria Brambilla. Con il suo collega di partito Paolo Russo che vuole garantire con la Costituzione «il rispetto degli animali e la biodiversità». Rispetto rivendicato anche da Rossella Muroni del Pd, ex presidente di Legambiente, nonché di Loredana De Petris, senatrice dello stesso partito del ministro della Salute Speranza...