Libero, 11 febbraio 2020
Parigi vieta le barbe per le parate
Per la tradizionale sfilata del 14 luglio sugli Champs-Elysées, i preparativi sono già iniziati. Ma nel protocollo imposto dalla prefettura di Parigi, quest’anno, c’è una nuova voce: i motociclisti della gendarmeria candidati alla selezione per partecipare alla parata militare davanti al presidente Macron dovranno presentarsi imberbi. «I volontari che danno la loro disponibilità a partecipare alle esercitazioni e alle ripetizioni dovranno presentarsi senza barba e baffi il giorno della sfilata», si legge nella nota della prefettura datata 22 gennaio 2020, che il settimanale Le Point ha potuto consultare in esclusiva. «È assolutamente scandaloso», ha attaccato Denis Jacob, segretario generale del sindacato di categoria Alternative-Police. «È totalmente discriminatorio. Ma dove andremo a finire? Il prefetto di polizia non è al di sopra delle regole decise dal direttore generale della polizia nazionale. Se il prefetto manterrà questa decisione, lo attaccheremo in giustizia», ha aggiunto.
PROBLEMA SERIO
Dietro il divieto deciso dal prefetto di Parigi, Didier Lallement, non c’è un capriccio estetico di Macron, che d’ora in avanti vuole vedere tutti i poliziotti curati e sbarbati, ma un motivo molto più profondo che viene evocato a bassa voce nei corridoi degli apparati di sicurezza francese: la barba è diventata uno dei segni distintivi della radicalizzazione islamica, e il ricordo dell’attentato alla prefettura di Parigi, perpetrato dal funzionario radicalizzato Mickaël Harpon, è ancora vivo. Già nel 2018, Éric Morvan, ex direttore generale della polizia nazionale, aveva chiesto a tutti gli agenti che la barba, i baffi e i capelli fossero «corti e ben curati» prima di entrare in servizio. Lo stesso ministro dell’Interno, Christophe Castaner, dopo l’attacco alla prefettura di Parigi, che è costato la morte a cinque persone, aveva inserito «la barba» tra i segni di sospetta radicalizzazione, assieme alle preghiere durante gli orari di lavoro.
INFILTRAZIONI
E le recenti informazioni sull’infiltrazione islamista all’interno dei servizi di sicurezza hanno obbligato il governo ad alzare il livello d’allerta. Tre settimane fa, l’esecutivo ha annunciato che, dal 2014, sedici membri dell’intelligence sono stati «scartati per la loro potenziale radicalizzazione». Pochi giorni dopo un articolo di France Inter ha riportato la notizia della presenza di 106 poliziotti segnalati in tutta la Francia per sospetti di radicalizzazione (soltanto a Parigi, ci sono state 74 segnalazioni in quattro mesi). E in un commissariato del dipartimento Seine-Saint-Denis, dipendente dalla prefettura di Parigi, è sotto stretta sorveglianza un funzionario con «legami di parentela con uno degli attentatori del Bataclan», che si sarebbe rifiutato di comunicare ai suoi superiori la partenza di un individuo per fare il jihad in Siria. Macron vuole prendere tutte le precauzioni possibili per evitare che tra i gendarmi che sfileranno a pochi metri da lui, il prossimo 14 luglio, non si nasconda un potenziale terroristico islamico.