ItaliaOggi, 11 febbraio 2020
Periscopio
«L’elettore», disse un giorno Umberto Eco, «sentiva la Dc come una madre, al massimo come una vecchia zia». Marco Follini, vicepremier in un governo Berlusconi (Concetto Vecchio). il venerdì.
C’era una volta un mondo senza Spotify, un mondo in cui la musica era a 33 e 45 giri. Era il mondo di un attimo fa, di quando chi oggi ha 50 anni era adolescente. Gabriele Muccino, regista (Paola Jacobbi). il venerdì.
Quando scrissi sulla Stampa che per fare carriera nella Rai di allora bisognava frequentare il salotto romano dell’amica di Bettino Craxi, Ania Pieroni, Craxi stesso mi fece sapere che se mi fossi presentato al Congresso del Psi a Milano mi avrebbe preso a calci nel sedere. Ma Craxi era così, burbero ma al tempo stesso leale, con un grande rispetto per il lavoro del cronista da marciapiede. Augusto Minzolini. il Giornale.
Grossa parte dell’azione politica di Craxi era anticipatrice di questioni che ormai sono all’ordine del giorno. È stato un grande statista. Nel suo modo di gestire la politica estera ha anticipato la centralità del Mediterraneo nello scacchiere internazionale e il rischio migratorio. Davide Faraone, capogruppo al Senato di Forza viva (Pier Francesco Borgia). Il Giornale.
Nel 1987 ebbi un dibattito con Pierre Boutanga nella trasmissione Oceaniques (FR3). Era un’epoca in cui la televisione poteva rendere intelligenti, il che vale a dire molto tempo fa. George Steiner, scrittore (Sèbastien Lapaque). Le Figaro.
Non basta per Matteo Orfini essere bersaniano quando c’è Bersani, lettiano quando c’è Letta, fondare i Giovani Turchi, cioè la corrente delle giovani marmotte dalemiane, e poi gestire, in nome e per conto di Renzi, l’allontanamento dal Campidoglio del sindaco Ignazio Marino. Fabrizio Roncone. 7, Corsera.
Io, questa sinistra, la capisco sempre meno. Capisco che ci sono stati tempi anche più complicati. Perfino violenti. Mi ricordo di una poesia di Berltolt Brecht, quando provò a giustificare la violenza. Sergio Staino, disegnatore satirico, creatore di Bobo. (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Credo che alcuni sistemi di pensiero del secolo scorso (per esempio, quello di Marx, di Nietzsche e di Darwin) siano superati. Considero, invece, contemporanee le idee di Malthus, il primo a porsi il problema dell’esaurimento delle risorse della Terra. Limonov (Nicola Mirenzi). Huffington Post.
Venti giorni dopo aver intervistato, nel 2003, il filosofo Emanuele Severino nella sua casa di Brescia, mi arrivò una sua lettera, battuta con una macchina che, a giudicare dai caratteri, era dei tempi del fox trot. «Egregio dottore», scriveva, «non finirò mai di ringraziarla dell’intervista che mi ha letteralmente mandato in estasi. Vorrei solo precisare meglio il mio profilo filosofico in maniera che lei possa già prepararsi per la prossima intervista. Tra di noi, molto tra di noi: io sono il più grande filosofo di tutti i tempi. Non gliel’ho detto esplicitamente, perché se l’intervistatore dice una decina di volte «capisco», l’intervistato si sente dispensato dal dire molte cose. Ma veniamo in medias res. Io sono un parmenideo nell’ottica ipostatica del pre- e post-socratico dell’essere e del divenire orfico-pitagorico-presocratico-socratico-platonico. Il non-niente non è un non-niente, in quanto essendo essente rientra nell’ottica della Verità. Sono stato chiaro? Credo proprio di sì. A presto e cordiali saluti». Emanuele Severino (Giancarlo Perna). LaVerità.
Nel 1973, la Ginzburg non è una di primo pelo, ha 57 anni. Come una donna intelligente di quell’età può scrivere (in uno dei suoi articoli per il Corriere della Sera) stronzate come questa: «Per me è destra tutto quello che è falso, sinistra tutto quello che vero»? Misericordia! Pensavo di portarmi il suo libro biografico La Corsara a Parigi, lo lascerò alla biblioteca dell’albergo. Gabriele Matzneff, scrittore francese (Stenio Solinas). Il Giornale.
Per chi cercava in Alto Adige, durante il fascismo, di opporsi alla italianizzazione forzata c’erano solo il carcere o il confino: è lì che nacque il tenace sentimento anti-italiano, che per decenni, anche a fascismo passato, ha diviso le due comunità. La questione sembrò venir risolta dall’accordo Mussolini e Adolf Hitler nel 1939: era previsto un plebiscito tra gli abitanti di lingua tedesca perché scegliessero «definitivamente» fra il trasferimento nei territori del Reich o l’Italia. L’esito: su 267 mila votanti, 185 mila optarono per la Germania (circa il 70%, un plebiscito) che offriva terre nell’Est Europa. Ma il trasferimento fu ostacolato dalla guerra: nel settembre ’43 soltanto 70 mila sudtirolesi l’avevano effettuato. Quasi tutti tornarono a casa, di corsa, incentivati dall’avanzare dell’Armata rossa, non proprio tenerissima coi fan di quello coi baffetti a spazzolino. A quel punto, si dissero gli optanti, piuttosto che vedersela con Stalin, meglio gli italiani. Maurizio Pilotti. Libertà.
Avevo 21 anni quando mi sono trasferita a Hollywood, ero una ribelle. Mio padre, il generale Franco Calissoni, eroe di El Alamein, era un tipo all’antica, severissimo. In casa non si respirava. Mia madre, che fa 93 anni questo mese, si occupava di orafi, gemme preziose, maestri argentieri. Sa a memoria la Divina Commedia. Con il padre Costantino, primogenito dei cinque figli di Sotirio Bulgari, giunto in Italia dall’Epiro nel 1879, parlava in greco. Non le dico delle due Pasque, cattolica e ortodossa, cerimonie che non finivano mai. Il 7 aprile 1977 me ne andai. In tasca avrò avuto 200 mila lire. Francesca Calissoni, stilista (Stefano Lorenzetto). Corsera.
La vita non è fatta solo di soldi, successo e carriera. È importante il volere bene a chi ti ha fatto del bene, magari anche in maniera inconscia. Insomma la provincia è come una scuola di affetto. Andrea Vitali, romanziere (Luca Pavanel). Il Giornale.
Papà non ha mai creduto che mio zio Cesare fosse stato ammazzato a 42 anni «per errore» con cinque colpi di pistola dalla suocera messicana Sofia Bassi de Celorio, che si autoaccusò del delitto. La Walther 32 non spara a ripetizione. Pier Filippo d’Acquarone, ex giornalista del Tg4 (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Il cugino Vittorio arrivò per Natale. Era in divisa di reduce dalla Libia, col casco avana da bersagliere. Faceva assai conto su quelle piume e quei bottoni d’oro per lasciare su una bianca manina un anello di fidanzamento che aveva in tasca: un monile tripolino con la mezzaluna del Profeta, che gli sembrava una meraviglia. Luigi Santucci, Orfeo in Paradiso. Mondadori, 1964.
A raccomandare le virtù sono i santi o i grandi peccatori? Roberto Gervaso. Il Giornale.