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 2020  febbraio 11 Martedì calendario

Karajan ricordato dal pianista Leone Magiera

«Voleva che i cantanti lo guardassero sempre. Non per vanità, ma per una ragione precisa: era molto espressivo. Con il suo volto suggeriva ogni intenzione, ogni sentimento. Per questo aspetto, penso sia stato un mago, senza eguali». Leone Magiera, 85 anni, pianista accompagnatore richiesto dai migliori cantanti, primo marito di Mirella Freni, si decide finalmente a pubblicare il volume di ricordi dedicato a Herbert von Karajan che teneva nel cassetto da molti anni e della cui reale esistenza erano in molti a dubitare. «Ho cominciato a scriverlo appena lui è mancato, nel 1989, ma avevo pudore a renderlo pubblico. Poi l’ho dato da leggere all’amico Alberto Spano che ha messo in moto la macchina ed eccoci qua». Va in libreria giovedì, pubblicato da La nave di Teseo, Karajan - Ritratto inedito di un mito della musica (pp. 260, € 18).
Maestro Magiera, i protagonisti del suo libro credo siano due: Karajan e Mirella Freni, mancata domenica. Il nome del grande soprano in queste pagine ritorna per 102 volte. La signora Freni è la madre della sua prima figlia. La introduce così: «Al cinema Astra proiettano Sansone e Dalila, con Victor Mature, è il soggetto di un’opera di Saint-Saëns. "Ti va di andare?" le chiesi un po’ timidamente». E poi?
«Eravamo ragazzini, lei prendeva lezioni di canto da un mio zio che io aiutavo accompagnando al pianoforte. Il primo bacio durante quel film. Grazie a Mirella ho conosciuto Karajan. Lui la volle per cantare Bohème alla Scala con la regia di Zeffirelli. Mirella sapeva che Karajan aveva protestato il tenore Giuseppe Di Stefano, era molto nervosa. Ma andò tutto bene e quella produzione diventò leggendaria».
Anche Pavarotti ha rischiato di venire protestato da Karajan...
«Il maestro diceva: "Luciano sbaglia, ma mi dà sempre della musica". Però, in occasione di una Butterfly, Luciano esagerò, presentandosi impreparato alle prove. Arrivava dagli Stati Uniti, era affaticato e non aveva ripassato la parte. Karajan pensò di protestarlo, ma la casa discografica lo scongiurò di non farlo, per ovvi motivi commerciali. Furono molto bravi i tecnici del montaggio, in fase di post-produzione». 
Non fu la sola occasione. Qual era il problema di Pavarotti? 
«La sua voce era di una bellezza unica. Lo slancio interpretativo lo poteva portare a ignorare il solfeggio».
L’arte di Karajan è un recente volume, edito dalla LIM, che raccoglie molteplici punti di vista sulla sua figura. Lei, verso il maestro, non esprime alcuna riserva. Perché lo preferisce a tutti gli altri direttori? 
«L’ho venerato come musicista. Il suono che lui riusciva a ricavare dall’orchestra rimane impareggiabile per duttilità ed espressività. Otteneva dai cantanti la verità di ogni frase, di ogni passaggio, sapeva trasmettere la giusta ispirazione per capire e restituire il senso della parola, la situazione drammatica del momento. Forse Carlos Kleiber e Claudio Abbado hanno condiviso la stessa ricerca della verità artistica».
Conosceva bene la lingua italiana?
«Sì, e voleva comprendere il senso di ogni parola dei libretti. "Leone, che cosa vuol dire bàlteo fregiato"? È un passaggio del libretto di Boito per l’Otello di Verdi. Lo sapevo: il bàlteo è una cintura di cuoio che portavano i soldati. Un figurone!».
Karajan è stato un nazista della primissima ora. Lo è rimasto?
«Aderì al nazismo per interesse di carriera, e lo ammise. Non ho mai potuto pensare che un uomo così sensibile abbia potuto macchiarsi di crimini durante il periodo nazista. Fu Nino Sanzogno, suo vecchio amico e collega, a soccorrerlo a Trieste nel dopoguerra, mentre era in attesa dei processi di denazificazione. Anche per questo rimase grato all’Italia».
Le ha raccontato dei suoi incontri con Hitler? 
«Un episodio: in occasione di una replica a Berlino dei Maestri cantori di Wagner, Hitler gli ordinò di prendere la partitura e di non dirigere a memoria, come faceva sempre, per non far sfigurare il grande collega e rivale Wilhelm Furtwängler, che non dirigeva a memoria. Karajan obbedì, ma mise sul leggio la partitura girata al contrario».