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 2020  febbraio 11 Martedì calendario

In Africa l’epidemia potrebbe essere rallentata dal caldo

L’Africa rischia di diventare il “ventre molle” dell’epidemia del coronavirus cinese? Il dubbio nasce sostanzialmente per due questioni. La prima è legata al fatto che il virus si è rapidamente diffuso in oltre 20 paesi, e appare strano che non abbia raggiunto anche l’Africa. La seconda riguarda la vulnerabilità dei suoi sistemi sanitari e i suoi stretti legami con la Cina. In più, in tutto il Continente sono solo 5 i laboratori in grado di testare il 2019-nCoV, quindi «è molto probabile che ci siano casi in corso non ancora ricosciuti» ha detto John Nkengasong, direttore dei Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie. 
Sono circa 1 milione i cinesi che vivono nei 54 paesi africani e 80mila gli africani che studiano in Cina, 4mila a Whuan. L’Organizzazione mondiale della sanità regionale ha identificato 13 paesi prioritari nel continente, tra cui gran parte dell’Africa orientale, centrale e meridionale, che hanno collegamenti con la Cina. Però, anche qui, si sono avviate procedure di contenimento. Nel fine settimana, Air Tanzania si è unita a cinque altre compagnie aeree africane nel sospendere o limitare i voli verso la Cina, sebbene la compagnia di bandiera etiope, che trasporta quasi la metà di tutti i passeggeri, e la Nigeria, un paese con 200 milioni di persone, hanno mantenuto aperti i collegamenti. La Nigeria ha però esortato chi proviene dalla Cina ad “autoisolarsi” per almeno due settimane e in Mozambico il governo ha sospeso i visti per i cittadini cinesi e vietato ai propri di viaggiare in Cina. «La comunicazione e il coordinamento variano da area ad area. Il monitoraggio e la sorveglianza sono migliori in alcuni paesi, soprattutto quelli con esperienza di Ebola e poliomielite», ha precisato Serufusa Sekidde, specialista in salute pubblica ugandese che era in Cina durante l’epidemia di Sars nel 2003.
«L’Africa potrebbe essere una situazione meno problematica di quanto si pensi – ci dice Fausto Baldanti, responsabile del Laboratorio di virologia molecolare al Policlinico San Matteo di Pavia -. Anche se non conosciamo ancora bene questo virus, sappiamo che al di fuori della Cina non ha dato origine ad ampi focolai, se escludiamo il caso particolare della nave alla fonda in Giappone. E poi l’Africa è un mondo variegato, con zone molto sviluppate e strutture sanitarie in grado di sostenere l’impatto di eventi imprevisti, oltre a una densità di popolazione molto diversa da zona a zona. Basti pensare che nella penisola araba da anni è in corso un’epidemia di Mers, che non si è diffusa in altre regioni. E non mi sento di sostenere che le scarse risorse dei sistemi sanitari africani possano essere il volano per la diffusione del virus: l’aumento dei casi e la patogenicità dipendono dalla sua “biologia”. E mi chiedo: il coronavirus supererà l’”estate”, cioè la fascia tropicale?». In altre parole, il coronavirus potrebbe diffondersi meno rapidamente nelle parti tropicali dell’Africa rispetto alle città cinesi densamente affollate. 
«Infezioni respiratorie come influenza e Sars si diffondono più facilmente quando fa freddo – concorda Matteo Bassetti, direttore della Clinica malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova -. Nella pandemia influenzale del 2009 ci sono stati meno casi e morti in Africa in proporzione alla popolazione che in Europa e Nord America. E poi, sebbene vulnerabile, l’Africa ha una vasta esperienza e competenza con le epidemie. Oggi, il tasso di mortalità di 2019-nCoV è di circa il 2%, in confronto, i recenti focolai di Ebola hanno registrato tassi di mortalità di oltre il 50 per cento. E sono ancora in corso epidemie di morbillo, colera, febbre gialla, meningococco, eccetera». 
«L’Africa che deve affrontare altre gravi sfide sanitarie, deve quindi temere il coronavirus o sarebbe l’ennesima malattia infettiva con cui dover combattere?» si chiede Bassetti. Già, forse a fare più paura al Continente africano potrebbero essere le conseguenze economiche dell’epidemia più che l’impatto epidemiologico. Con la crescita economica cinese prevista in calo dal 6,1 al 5,6% a causa del coronavirus, anche le economie africane resteranno contagiate.