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 2020  febbraio 10 Lunedì calendario

Su Marte con scalo Luna

«L’America sarà la prima nazione a piantare la sua bandiera su Marte». Di tutto il discorso sullo Stato dell’Unione, pronunciato martedì scorso da Donald Trump, questo passaggio ha fatto sognare anche chi osteggia il presidente. «Chiedo al Congresso – ha proseguito Trump – di finanziare tutto il programma Artemide, per assicurare che il prossimo uomo e la prossima donna sulla Luna siano astronauti americani, che la useranno come base per il lancio verso Marte». Un ritorno umano sulla Luna – dopo l’ultima missione del 1972 – stavolta come base di lancio verso Marte. Le date sono certe per la prima parte di questa missione ambiziosa: il 2024 per il nuovo sbarco di un equipaggio umano sulla Luna. E Marte subito dopo? La National Space Agency, più nota come Nasa, sa che Trump ci tiene e non bada a spese. I collaboratori del presidente fanno sapere che questa Amministrazione offrirebbe alla Nasa “un budget illimitato”, soprattutto se i piani per mandare esseri umani su Marte verranno concretizzati entro la fine del suo secondo mandato (Trump non ha dubbi su chi vincerà l’elezione del 3 novembre), cioè entro il gennaio 2025.
È chiaro che la missione verso il “pianeta rosso” avrebbe tempi più lunghi, ma Trump ci tiene a firmarne l’approvazione e il finanziamento, per passare alla storia come il padre della conquista di Marte. I vertici della Nasa non nascondono le difficoltà tecniche di questa impresa. Un conto è inviare su Marte delle sonde, anche sofisticatissimi robot capaci di fare tanto lavoro umano come la raccolta e l’analisi di campioni minerali, la misurazione delle radiazioni, e altre indagini scientifiche. Gli americani ne hanno già quattro di quei Rover operativi su Marte, di cui solo il primo (Mars Odissey lanciato nel 2001) sta per esaurire il suo ciclo di vita, mentre gli altri continueranno per anni a lavorare. Ma il viaggio umano è un’altra cosa.
Ci vollero solo tre giorni per raggiungere la Luna, il tragitto verso Marte richiederà dai sei agli otto mesi per una sola tratta. Tenuto conto che il soggiorno è più fruttuoso quanto più è prolungato, bisogna immaginare una missione umana di un paio di anni come minimo. Oltre agli enormi problemi ingegneristici e logistici (basti pensare alle scorte di cibo da trasportare e alla loro conservazione), gli esperti della Nasa stimano che una trasferta spaziale di questo tipo presenta cento volte più probabilità che un astronauta si ammali o si ferisca. Per non parlare del rischio a lungo termine per l’esposizione a radiazioni, almeno due volte più elevato rispetto alla luna. Questo non significa che la Nasa si tira indietro. Di questi tempi, con un’Amministrazione tutt’altro che generosa di fondi per la ricerca scientifica, poche agenzie federali hanno il privilegio di vedersi offrire un assegno in bianco. Anche il Congresso verrebbe posto di fronte a un dilemma. La Camera, a maggioranza democratica, di principio evita di fare regali a questo presidente. Salvo quando ci sia un evidente consenso della base democratica. E la corsa allo spazio fu lanciata per la prima volta da un presidente democratico, il giovane e carismatico John Kennedy. Infine ci sono tutte le ricadute, le applicazioni civili e militari che si possono ottenere dalla missione. I viaggi sulla luna furono generosi di scoperte scientifiche e ritrovati dalle molteplici applicazioni in altri campi.
Oggi gli Stati Uniti soffrono come negli anni Sessanta per un “complesso di Sputnik” cioè l’ansia di essere superati nel primato tecnologico: allora il rivale era l’Unione sovietica, oggi la Cina. Trump ha già creato all’interno del Pentagono una nuova divisione per le “guerre spaziali”. Ma che oggi è ben più attuale, dopo che la Cina ha sperimentato un “missile- killer” capace di distruggere una stazione spaziale. Si vedrà nella prossima legge di bilancio quanti fondi Trump offre esattamente per la conquista umana di Marte, ma una volta approvati al Congresso la Nasa dovrà mettersi al lavoro. Del resto ci sono già tappe intermedie ben avviate. È pronto un altro robot Rover in California, a motore nucleare, che verrà lanciato verso Marte a luglio: la missione complessiva è finanziata per 7 miliardi di dollari, con la partecipazione di aziende private. Tra un decennio si prevede un esperimento ardito: un cannone che da Marte spari verso un deserto terrestre dei campioni geologici prelevati sul “pianeta rosso”. Quella missione, chiamata in codice Mars Sample Return, vedrebbe anche la partecipazione dell’Esa, l’ente spaziale europeo, oltre a un ampio consorzio di imprese private. Allo spazio s’interessano infatti tutti i protagonisti dell’economia digitale, da Jeff Bezos a Elon Musk.