Libero, 9 febbraio 2020
L’India rivaluta l’assassino di Gandhi
Avete presente l’ufficiale medico nazista fissato con gli indovinelli in La vita è bella di Roberto Benigni? Lo interpretava Horst Buchholz: un attore tedesco morto settantenne nel 2003. Bene: a trent’anni, era stato il protagonista di un film diretto dal canadese Mark Robson il cui titolo italiano è 9 ore per Rama, e in cui si narravano appunto le 9 ore prima dell’omicidio di Gandhi dal punto di vista dell’assassino Nathuram Godse. Un personaggio tormentato, che in attesa del momento decisivo ripercorre in flash-back la sua vita. È quello stesso Nathuram Godse di cui adesso un servizio del New York Times ci informa che il governo indiano di Narendra Modi vorrebbe rivalutare. «L’assassino di Gandhi suscita ammirazione come mai prima», è il titolo. «Mentre il nazionalismo indù continua la sua marcia attraverso l’India, un culto della personalità sta crescendo attorno a Nathuram Godse, l’estremista indù che uccise Gandhi». Anche se ovviamente un po’ invecchiato, quello del 1963 resta un bel film, che mette assieme thrilling, ricostruzione storica e introspezione psicologica.
IL FANATICO
Nato da una casta di guerrieri, apprendiamo, da ragazzino Godse ammirava i soldati dell’esercito anglo-indiano, e si era presentato pr essere arruolato. Ma i colonizzatori lo respingono. Umiliato, Godse diviene allora un nazionalista fanatico, e in un primo momento un ardente seguace di Gandhi. Ma oltre che gli inglesi Godse odia anche i musulmani, che in una faida gli hanno stuprato e ucciso una sposa bambina. Quando gli sembra che Gandhi sia troppo cedevole nei loro confronti passa dunque col nazionalismo indù più estremista e organizza il complotto. Alla cospirazione alterna scorribande amorose: con una ricca donna sposata che ammira Gandhi; con una prostituta che poi aggredisce quando scopre che è una vedova a cui i musulmani hanno ammazzato il marito e che truccandosi ha violato lo stretto codice di lutto imposto dalla tradizione. Alla fine, spara al Mahatma: con una Beretta, perché magari noi in Italia non lo sappiamo, ma come ci ricorda anche il fucile modello 91-38 con cui fu ucciso Kennedy con le armi made in Italy sono stati compiuti molti grandi assassini politici. Però poi quando Gandhi nel morire lo perdona lo vediamo pentito: «lo lo ho ucciso, e lui mi ha benedetto!». Quest’ultima in effetti è una licenza poetica. Godse non si pente affatto, e in tribunale anzi coi giudici che lo condannano all’impiccagione non solo difende la “moralità” della sua azione, ma prevede anche che un giorno gli storici lo rivaluteranno. Quel giorno sta venendo. Primo ministro è infatti dal 2014 Narendra Modi: leader del partito nazionalista indù Bjp, riconfermato dal voto l’anno scorso. E Modi, oggi 70enne, entrò in politica a 8 anni affiliandosi alla Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss): associazione che tuttora conta su 5-6 milioni di militanti, e teoricamente è indipendente dal Bjp, ma di fatto vi è legato in un rapporto tipo quello che c’era da noi tra Azione Cattolica e Dc. Ebbene: anche Godse e i suoi compagni di congiura erano militanti dell’Rss, anche se l’Associazione Nazionali dei Volontari, questo è il significato del suo nome, ha sempre sostenuto che erano schegge impazzite che avevano agito di testa propria.
L’EROE
Negli ultimi anni, però, la figura di Godse è diventata sempre più popolare. In suo onore sono state erette statue e templi, mentre gruppi ultra-nazionalisti attaccavano invece i simboli legati a Gandhi. Nell’Uttar Pradesh, Stato indiano più popoloso, è in corso una campagna per dedicare a Godse un capitolo speciale sui libri scolastici, e il governo locale ha anche proposto di cambiare il nome della città di Meerut in Godse City. Su Whatsapp e altri Social un’altra campagna sostiene che se Godse non avesse ucciso Gandhi l’India sarebbe andata in pezzi come l’Urss. Il tutto in un quadro politico in cui nel 2019 Modi ha prima tolto lo “status speciale” del Kashmir, Stato indiano a maggioranza musulmana rivendicato dal Pakistan, ed ha poi approvato una legge che osracola la concessione della cittadinanza ai migranti musulmani. Va peraltro osservato che Godse in tribunale disse che era stato Gandhi a non rispettare il principio della laicità, nel momento in cui aveva acconsentito alla creazione dello “Stato teocratico” del Pakistan.