Avvenire, 9 febbraio 2020
Brutte storie di banche e spionaggio in Svizzera
Banche inossidabili, cioccolato buono e orologi che spaccano il secondo. Quando si pensa alla Svizzera vengono in mentre queste tre immagini che sono, in gran parte, anche realtà. Ma la vicina Confederazione proprio sul credito da qualche anno non se la passa benissimo. La fine del segreto bancario per la lotta ai paradisi fiscali in tutto il mondo, la concorrenza dei giganti – a cominciare da quelli di Wall Street – ha messo alle corde gli ’gnomi’ svizzeri che per decenni hanno goduto del monopolio della gestione dei grandi patrimoni che volevano rendimenti ma anche tanta discrezione.Venerdì scorso ieri il mondo bancario rossocrociato ha dovuto vivere un’altra giornata da dimenticare. Il 57enne banchiere franco-ivoriano Tidjane Thiam dal 2015 amministratore delegato del Credit Suisse, istituto fondato a Zurigo nel 1856 con più di 46mila dipendenti attivi in più di 50 Paesi, ha annunciato le sue dimissioni, accettate dal consiglio di amministrazione all’unanimità. Thiam lascerà il suo incarico il prossimo 14 febbraio, il giorno successivo alla presentazione dei risultati per l’esercizio 2019. Gli succederà lo svizzero Thomas Gottstein, attualmente alla guida della filiale elvetica dell’istituto.
Thiam, pure difeso nei giorni scorsi da qualche grande fondo americano nonostante sotto la sua gestione la capitalizzazione della banca si sia dimezzata, ha ricevuto dure critiche negli ultimi mesi in merito allo scandalo dei pedinamenti ai top manager, in particolare l’ex capo del wealth management Iqbal Khan poi passato al concorrente Ubs e Peter Goerke, ex capo del personale della banca. Il capoazienda uscente ha inoltre nuovamente sottolineato che non era a conoscenza dei pedinamenti dei top manager di Credit Suisse, «ma indubbiamente questo fatto ha danneggiato la banca e ha portato a incertezza e sofferenza. Mi dispiace per quello che è accaduto, non sarebbe mai dovuto succedere». Secondo un’indagine condotta dallo studio legale Homburger per conto del Credit Suisse, la responsabilità dei pedinamenti era dell’allora chief operating officer Pierre-Olivier Bouée, licenziato a fine anno. Né Thiam né il presidente Urs Rohner, secondo Homburger, erano a conoscenza delle mosse di spionaggio.
Intanto il cda ha espresso la sua fiducia a Rohner, svizzero purosangue e che non aveva nascosto perplessità sul ruolo di Thiam nella brutta storia di spionaggio. Ma non basta per fugare le ombre di quella banca che da ieri potrebbe anche chiamarsi «discredito svizzero».