Corriere della Sera, 9 febbraio 2020
Chi guadagna 2.500 euro tassato come un ricco
Caro Aldo,
il governo ha annunciato in varia forma e in tempi successivi il taglio del cuneo fiscale per i redditi da lavoro dipendente fino a 40 mila euro. Nulla invece per i pensionati, già penalizzati da un blocco delle rivalutazioni.
Giuliano Pagani
Caro Giuliano,
abbassare le tasse è sempre cosa buona e giusta. A maggior ragione abbassare l’Irpef, che grava per oltre l’80 per cento su lavoratori dipendenti e pensionati. Tuttavia gli interventi prospettati dal governo consistono in sostanza nell’ampliare la «no tax area» – che talora diventa un paradiso fiscale in patria per gli evasori – e dare sollievo ai redditi bassi. Ma i benefici si esauriscono man mano che si sale verso l’aliquota che tartassa i ceti medi. Il punto però è che le aliquote Irpef, in particolare le più alte, sono parametrate su una società immaginaria, disegnata dalle dichiarazioni dei redditi, che non corrisponde alla reale distribuzione della ricchezza. Oggi un contribuente che guadagna 55 mila euro lorde è tassato al 41%: come fosse un «ricco». Ma un italiano che si mette in tasca meno di 2.500 euro nette al mese non è un ricco. È uno che si arrabatta. Se poi ha un coniuge e figli a carico, si arrabatta con difficoltà. Tassarlo come fosse Bill Gates è ridicolo. Tanto più che i Bill Gates di casa nostra hanno quasi tutti la residenza in Svizzera o a Montecarlo. Intrappolato nel fisco nazionale – severo come in Scandinavia, anche se i servizi sono talora di livello mediorientale —, il ceto medio viene spremuto e quindi impoverito sempre di più. Se poi il nostro contribuente ottenesse un aumento di stipendio per aver lavorato bene, rischierebbe di salire all’aliquota superiore, il 43%, cui vanno ovviamente sommate le addizionali (per tacere dei contributi). Insomma, per mettere mille euro nelle tasche del suo bravo dipendente l’imprenditore dovrà stanziarne più del doppio. Il vero benestante non è chi lavora tanto e bene e guadagna di conseguenza; è il rentier che campa appunto di rendita. Considerato che ogni anno passa di mano, all’interno delle famiglie, ricchezza per 250 miliardi di euro, si comprenderà come i rentier non manchino. Invece lo Stato si accanisce sul lavoro, bene sempre più prezioso anche perché purtroppo sempre più scarso; se si eccettuano i lavori manuali e i lavori di cura, che lasciamo volentieri agli immigrati.