Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  febbraio 09 Domenica calendario

Manhattan si ribella ai grattacieli

I turisti italiani che affollano Manhattan rimangono estasiati davanti al perpetuo e tumultuoso rinnovamento di questa città. Col naso per aria ammirano gli iper-grattacieli nuovi fiammanti che svettano sul lato meridionale di Central Park; o la neo-cittadella sorta in poco più di due anni a Hudson Yards con spettacolari costruzioni che hanno sostituito un’area brutta e dismessa. Ma dietro le apparenze sfavillanti c’è una New York che soffre e si spacca per il boom immobiliare dai costi sociali enormi. Per la prima volta da anni divampa una guerriglia anti-grattacieli, proprio nella città che li ha imposti al mondo intero. I risultati sono sorprendenti: le ultime battaglie giudiziarie hanno visto la vittoria dei cittadini contro lo strapotere del capitalismo immobiliare. Alcune costruzioni sono bloccate dalla magistratura, interi piani urbanistici sono sospesi dai ricorsi, interviene la stessa Corte suprema dello Stato di New York. Negli ultimi mesi, il New York Times censisce tre successi significativi dei cittadini contro i palazzinari. Two Bridges nella punta sud di Manhattan vicino a Chinatown; Inwood nella punta settentrionale oltre Harlem; Bushwick a Brooklyn. Sono tre casi in cui i comitati di quartiere sono riusciti a far sequestrare cantieri e bloccare la costruzione di grattacieli. Hanno usato argomenti di tipo ambientale (paesaggio deturpato, l’ombra della mega-costruzione che toglie vista e luce ai giardini pubblici) o più spesso socio-economici. I nuovi grattacieli sono quasi sempre per ricchi, salvo rare eccezioni di edilizia popolare si rivolgono a un mercato di compravendite o di affitti per redditi elevati. La magistratura locale sta mostrandosi sensibile a questo argomento, è disposta a bloccare progetti immobiliari se ha le prove che espellono ceti sociali meno abbienti e minoranze etniche.
Il clima sta cambiando, a sfavore dei grandi immobiliaristi, proprio mentre un palazzinaro newyorchese è alla Casa Bianca? In passato, anche se New York era governata dalla sinistra, gli ostacoli alla speculazione immobiliare erano inesistenti. La Landmark commission, che sulla carta avrebbe poteri di veto, ha poteri molto inferiori ad una soprintendenza italiana. Dei gioielli di architettura Liberty, Art Déco e Art Nouveau sono stati demoliti senza scrupoli, compreso il bellissimo grattacielo tra Quinta Avenue e la 57esima Strada che un tempo ospitò la Libreria Rizzoli, un’icona della cultura newyorchese. Al massimo un sindaco democratico come Bill de Blasio si accontentava di negoziare con gli immobiliaristi qualche contentino, la costruzione di una quota di alloggi popolari a equo canone, in cambio del via libera per progetti in stile Dubai. Ed è lo stile Dubai quello che sta sfigurando il panorama di Central Park, dove il lato Sud è ormai il teatro di una gara «a chi ce l’ha più lungo», con grattacieli sempre più smisurati, una gara che coincide con un’iperinflazione del metro quadro. L’ultimo record, l’anno scorso: un singolo appartamento (sia pure superattico con vista spaziale) fu venduto per 220 milioni di dollari. Nel frattempo un’altra metamorfosi nella geografia di Manhattan è l’ecatombe di negozi e pubblici esercizi, che falliscono a centinaia per il livello dei fitti. Librerie o trattorie di quartiere, vecchi cinema, perfino boutique di lusso, chiudono sotto la pressione congiunta di Amazon e della rendita immobiliare sempre più rapace.
I difensori del business edile contestano questa versione, sostengono al contrario che a New York si costruisce meno di una volta. La media è di 163mila abitazioni all’anno, dicono, cioè meno che durante la Grande Depressione degli anni Trenta quando se ne costruivano duecentomila ogni anno. Però ben altra era la natalità di allora, e il tasso d’incremento demografico. Oggi New York è a crescita zero, Manhattan si spopola, causa i costi della vita esorbitanti. Basta attraversare il fiume Hudson, trasferire la residenza nel vicino New Jersey, e tutto scende: dal costo della spesa alimentare alle tasse, dall’affitto alla retta scola stica. La battaglia contro i grattacieli nasce dalla rivolta contro la logica delle “due città”, la New York degli oligarchi e quella degli altri. Dove anche 80.000 dollari l’anno – questo il reddito medio di una famiglia a Manhattan – non garantiscono più nulla.