ItaliaOggi, 8 febbraio 2020
Periscopio
Di Maio è politicamente impalpabile. Marco Follini, vicepremier in un governo Berlusconi (Concetto Vecchio). il venerdì.
Il grande scrittore e polemista Karl Kraus definì l’Austria all’inizio del Novecento, «il luogo di sperimentazione della fine del mondo». Paolo Valentino. 7, Corsera.
Sono libero perché nessuno mi rimprovera più, né posso su nessuno accampare diritti. Walter Siti, Exit strategy. Rizzoli, 2014.
Mi sento il testimone di una civiltà al tramonto. George Steiner, scrittore (Sèbastien Lapaque). Le Figaro.
Ora Matteo Orfini tace. Anime pie del suo partito soffiano perfide: è l’ultimo renziano rimasto con noi. Nessuno dimentica quella foto mentre gioca alla PlayStation con Renzi. Quella partita a biliardino (dissero che fece «spudoratamente segnare Matteo»). Però la politica è un gioco più sofisticato. Sbagli una mossa, e sei fritto. Fabrizio Roncone. 7, Corsera.
Morto De Gasperi, scomparve il leader ma restò il programma. Il suo partito, la Dc, ne seguì le indicazioni e le affidò a figure minori ma animate, più o meno, dallo stesso spirito. Con loro, in 30 anni, approdammo al benessere. Poi la Dc declinò e sorsero nuove figure, anche di quasi leader, come Bettino Craxi e Silvio Berlusconi, ma senza più strategie pensate a tavolino. Prevalsero le velleità. Dalla lira pesante al ponte di Messina, con Craxi, alla rivoluzione liberale, con il Cav, ma senza i mezzi né gli uomini per passare dalle parole ai fatti. La Nazione, male invecchiata, aveva ormai una struttura caotica, fatta di leggi contraddittorie e poteri rivali, politica, burocrazia, magistrature. Giancarlo Perna. LaVerità.
Su Craxi, non c’è, oggi, nessuna riflessione o visione di lungo periodo. Si salva poco. Si salvano situazioni come quella dell’attuale Pd milanese, dove è nato un gruppo di giovani che non ha nulla a che fare con la storia del Psi, del Pci o della Dc. E poi Beppe Sala. È bravo. Claudio Martelli, già numero due del Psi (Vittorio Zincone). 7, Corsera.
Telefonai a Salvini il 24 maggio 2015, all’alba, dopo aver letto che veniva sulla Piave (al femminile, me racomando) a celebrare i 100 anni della Prima guerra mondiale. Gli dissi che quella era una data di lutto, non di festa. Poche ore dopo era qui a esaltare il nazionalismo. Franco Rocchetta, ex leader della Lega (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Aldo Grasso ha scritto che lei è incomprensibile. E ha citato quella frase, in puro cacciarese: «C’è un nucleo tragico nel pensiero umanistico fortemente antidialettico in cui le polarità opposte non si armonizzano né vengono armonizzate». «E allora? Che cosa c’è di difficile? Più chiaro di così». Massimo Cacciari, filosofo (Claudio Sabelli Fioretti). il venerdì.
Davanti al drammatico e incombente pericolo del coronavirus, le istituzioni italiane hanno saputo ritrovare compattezza. Non c’è destra, né sinistra, né maggioranza, né opposizione: si lavora tutti insieme a trovare il rimedio. Salvini ha cominciato a battere a tappeto l’Italia e a suonare ai citofoni del cinesi: «Scusi, lei diffonde il morbo?». Intanto Di Battista informa, con un post su Facebook, di essere andato in nuova Caledonia a studiare l’anamnesi, «poi torno e vi aiuto». Per affrontare l’emergenza sui giusti presupposti, Zingaretti ha elaborato questa analisi: «Il coronavirus vince perché non si è rinchiuso nei palazzi, ma sta tra la gente. Anche noi dobbiamo tornare sul territorio». Nonostante il pessimismo di Davigo («non esistono persone sane, esistono solo persone in attesa di ammalarsi»), il ministro Bonafede ha promesso di introdurre la prescrizione, non dei processi, ma dei vaccini. Di Maio intanto si è precipitato su un balcone per lo storico annuncio: «Abbiamo sconfitto la malattia!». Perplesso Berlusconi, e molto recriminatorio: «Solo i comunisti possono ammazzarti con uno sternuto, cribbio!». Fortunatamente è intervenuto Renzi per dare coraggio al Paese: «Non è il virus che deve contagiare noi, siamo noi che dobbiamo contagiare il virus. Il virus non è un nemico da vincere, è un avversario da convincere». Il premier Conte, da parte sua, ha detto: «Coi miei collaboratori abbiamo deciso di avviare un processo per cui, se non batteremo il virus, ce lo faremo alleato». Mattia Feltri. La Stampa.
Le parole sono importanti. Sono la risorsa principale in un uomo. Fino a quando sono rimasto in Sicilia parlavo solo dialetto. Mi uscivano le parole, ma non mi bastava. Volevo di più, volevo la lingua italiana. Lando Buzzanca (Antonio Gnoli). la Repubblica.
«È un momento magico questo delle Olimpiadi per Cortina d’Ampezzo!». Lo ripetono quasi tutti, con varie intonazioni esclamative. Ovviamente Valerio Giacobbi, a.d. della Fondazione Cortina 2021, ampezzano, è tornato qui dopo dieci anni in America perché era il momento di esserci («Questi eventi accelerano cambiamenti che altrimenti avrebbero richiesto tempi lunghi») e, in un posto da 5.500 abitanti dove ne nascono soltanto 20 nuovi all’anno, le Olimpiadi sono un’occasione rara per attrarre linfa vitale. Riccardo Stiglianò. il venerdì.
C’era una volta un mondo senza treni ad alta velocità, un mondo in cui andare da Roma a Napoli era un viaggio infinito, una fermata sgangherata dopo l’altra. Gabriele Muccino, regista (Paola Jacobbi). il venerdì.
Mi muovevo in Ungheria per seguire, per conto del Corsera, la rivolta ungherese del 1956 noleggiai un taxi guidato da un vecchio viennese sordo e molto orgoglioso. Non gli si poteva dire nulla perché rispondeva sempre: «Ich bin e in alter Soldat!», io sono un vecchio soldato. Guglielmo Zucconi, La divisa da Balilla. Edizioni paoline.
La tomba di Sergio Saviane sta al cimiterino di Treville. C’è la famiglia, con gli avi, i genitori, qualche parente e poi, staccata, in disparte, la grossa lapide doppia, dove padre e figlia riposano insieme per l’eternità. Soffia un silenzio pesante, i fiori sono di carta, ondeggiano al vento che porta gemiti lontani intrisi di sangue. Massimo Del Papa, Il rompicoglioni. Alberto Liberali editore, 2014.
Avrò avuto 16 anni, quando mi innamorai di una coetanea, e lei di me. Ci guardavano solo negli occhi. «Si fa l’amore con gli occchi», mi disse un giorno Elsa Morante. Giulio Einaudi, Frammenti di memoria. Rizzoli, 1988.
Era da poco passato il mezzogiorno. Il vento, come un cavallo fuggito dalla stalla, galoppava nel languore della campagna, portava via le loro voci e i fiochi richiami dei galli. Luigi Santucci, Il velocifero. Mondadori, 1963.
Ideologie, interessi, passioni, spingono molti giudici a condannare senza indizi e senza prove. Roberto Gervaso. Il Giornale.