Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  febbraio 08 Sabato calendario

I 70 anni di Mark Spitz. Intervista

Iniziamo dalla fine. Lo scorso 4 settembre, proprio nel giorno dell’anniversario del settimo oro ai Giochi di Monaco ’72, Mark Spitz ha lasciato tutti con il fiato sospeso quando ha rivelato di avere un’aritmia cardiaca. «Dopo aver gareggiato a certi livelli, non lo avrei mai immaginato», ammette. La vita è così. Sorprende, spiazza. Per fortuna adesso il mito del nuoto, che non porta più i baffi distintivi, sta bene e lunedì festeggerà il traguardo dei 70 anni.
Come si diventa Mark Spitz?
«Il mio mantra resta “senza una preparazione adeguata, ci si prepara a fallire”. Vale anche per gli altri, si diventa campioni solo preparandosi al meglio».
Senza un fisico statuario lei vinceva lo stesso.
«Ero magro e non ero un fan della palestra e dell’allenamento con i pesi. Con le metodologie di oggi, sono certo che avrei avuto un corpo più muscoloso. Ma devo dire che quello che ho fatto allora ha funzionato, dato che ero il più veloce al mondo nelle mie gare! Non mi posso lamentare».
Sette finali, sette ori, sette record del mondo a Monaco 72. Se ce n’è stata una, la più difficile?
«Emotivamente la prima gara, i 200 farfalla, fu fondamentale e anche la più difficile perché non volevo fallire. Ma nel complesso la più difficile è stata il 100 stile libero, la mia sesta medaglia d’oro ed ultima delle quattro individuali. Io arrivavo da tanti giorni di gare mentre i miei avversari erano più freschi di me avendo preparato solo quell’unica gara. Ma sono rimasto concentrato e ho vinto».
Il 5 settembre, il giorno dopo il suo 7° oro, i terroristi di Settembre Nero si introdussero nel villaggio olimpico. Ha avuto paura di finire nel mirino dei terroristi per via delle sue origine ebraiche?
«Quel giorno, sono stato portato via dalla Germania per motivi di sicurezza, anche se avevo intenzione di partire 24 ore dopo. In realtà, non avevo paura di essere preso di mira perché ero sicuro che se fossi stato un loro bersaglio, mi avrebbero scovato facilmente, poiché tutti mi conoscevano e sapevano dove alloggiavo».
Come ha vissuto gli 8 ori di Phelps a Pechino?
«Dopo i sei ori e gli otto podi di Atene, era inevitabile che quattro anni dopo avrebbe battuto il mio record: no, non mi ha sorpreso».
Nella sua vita ha fatto il commentatore tv a Rio. Si è divertito?
Un’esperienza incredibile! Con Nadia Comneci, Carl Lewis e altri olimpionici abbiamo seguito le gare in diretta e abbiamo fatto registrare ascolti da record sulla tv brasiliana.
Pensa che Caeleb Dressel possa vincere 7 ori a Tokyo?
«È iniziata una nuova era dei Giochi Olimpici dopo Michael Phelps. Sì, può farcela anche lui, ma dipende dalle staffette».
Il suo legame con l’Italia è forte, visto che è ambassador del marchio Arena. A proposito: crede che la Pellegrini possa vincere l’oro a 32 anni?
«Diventa sempre più difficile mantenere la forma migliore man mano che si va avanti con l’età. Ma da qui a cinque mesi può succedere di tutto».
Il nuoto di oggi, rispetto a quello dei suoi tempi, le piace?
«Non è cambiato molto, in realtà. Quello che è cambiato è il professionismo, che rispetto ai miei tempi dà la possibilità a molti di guadagnare da vivere e di allungare la propria carriera. Penso inoltre che la Isl, la Champions del nuoto, sia un’interessante opportunità per esporre il nuoto a più persone, con format più brevi e gare più frequenti durante tutto l’anno».
In passato, campioni del calibro di Hackett, Thorpe e lo stesso Phelps hanno confessato di aver sofferto di depressione post-ritiro. Quali le ragioni?
«Per certi versi il post carriera può rivelarsi complicato, specie se sei un atleta che ha ottenuto grandi successi. Un atleta come Phelps, per esempio, non aveva bisogno di guadagnare altri soldi. Ma, se fino a quel momento hai nuotato e basta, a un certo punto fuori dall’acqua ti chiedi: “ora cosa faccio?”. Io per fortuna non ho mai sofferto il post-nuoto, anzi ho sempre cercato di imparare cose nuove, per esempio ho lanciato il costume Arena, il che mi ha spalancato le porte al mondo degli affari».
Roland Matthes, suo coetaneo e grande rivale, è scomparso un paio di mesi dopo una dura battaglia contro il cancro. Che ricordi ha di lui?
«Era un ragazzo eccezionale e parlava abbastanza bene l’inglese. Era il mio più grande avversario e se no