il Fatto Quotidiano, 8 febbraio 2020
Ogni mese nascono 14 neonati già drogati
Sono nati da nemmeno 24 ore e manifestano gli stessi sintomi. Pianto prolungato e inconsolabile. Tremano, spesso vomitano. Dissenteria. Un quadro molto simile a quando gli adulti precipitano in una crisi di astinenza da sostanza stupefacente, tipo eroina. Li chiameremo Andrea, Martina, Luca. Sono alcuni dei tanti neonati drogati da oppiacei a causa della tossicodipendenza della loro madre. Ogni mese in Italia nascono così 14 bimbi, se facciamo una media tra le regioni: circa 170 all’anno. Il ministero della Salute li classifica con il codice 779.5, che identifica la diagnosi di sindrome da astinenza. Un giorno di vita e devono essere disintossicati con dosi a scalare di morfina o metadone. A volte occorrono settimane per riportarli in buone condizioni di salute.
Nel triennio 2016-2018 la percentuale di questi bambini sul totale delle nascite è sempre oscillata intorno allo 0,04%. In valori assoluti, 566 bimbi, tra nord e sud del Paese (con numeri più alti in Veneto, Lombardia, Lazio, Emilia Romagna, Toscana e, per il Piemonte, in aumento). Dati che potrebbero non giustificare l’allarme. Invece non è così. Perché quei 14 bimbi che ogni mese nascono in astinenza sono solo ciò che emerge in superficie, la punta dell’iceberg. C’è un mondo sommerso, un mondo di abusi di altre droghe difficili da intercettare. Se la sindrome da astinenza dall’eroina viene quasi sempre subito rilevata dai clinici, altrettanto non si può dire dell’intossicazione da cocaina, cannabis, nuove droghe. O dalla dipendenza dal Fentanyl, forte analgesico oppioide sintetico, molto richiesto in un mercato dello spaccio di farmaci che viaggia su binari ben diversi da quelli dell’eroina.
È qui che si entra in un cosmo nebuloso di cui, ammettono i neonatologi, poco o nulla si sa. “È molto raro che sfugga il controllo su una donna eroinomane in stato di gravidanza: generalmente entra in ospedale per partorire con la segnalazione dei Serd, i servizi per il trattamento delle dipendenze” dice Fabrizio Sandri, direttore del reparto Neonatologia dell’ospedale Maggiore di Bologna. “Arriva e sappiamo già cosa aspettarci, scatta il protocollo sanitario previsto in questi casi. Nel caso degli altri stupefacenti, invece, tutto diventa più complesso. Con la cocaina, per esempio: la sua presenza si rileva con l’esame delle urine, che non sempre è richiesto. E, a meno che non sia la madre ad ammetterne l’uso, la diagnosi non è semplice. Generalmente si tratta di bambini più irritabili, con un peso inferiore alla media e una circonferenza cranica più piccola. Ma ci sono sintomi molto più subdoli e meno eclatanti”.
È così che le intossicazioni da cocaina o da nuove droghe sintetiche non finiscono nelle statistiche. “Il problema è che, mentre sull’astinenza da oppiacei abbiamo dei dati, sugli altri stupefacenti no” conferma Fabio Mosca, presidente della Società italiana dei neonatologi. “Eppure sono droghe pericolose per il bambino anche a distanza di tempo. Il passaggio placentare di una sostanza che produce un’azione eccitatoria come la cocaina può dare conseguenze anche nel corso della crescita, come ridotta capacità di attenzione, forte irritabilità, anomalie del comportamento”. “Manca la consapevolezza del rischio – dice Guido Faillace, presidente di Federserd, la federazione degli operatori dei dipartimenti e dei servizi delle dipendenze – anche perché, tra gli adulti, la cognizione dello spartiacque tra uso e abuso è molto labile. Eppure la cocaina è sempre più diffusa, soprattutto tra i giovani, come anche le nuove droghe sintetiche o il Fentanyl. È un campo minato, ingannevole: le donne arrivano al parto senza alcuna coscienza della dipendenza e dei pericoli per il neonato”.