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 2020  febbraio 08 Sabato calendario

In Germania metà dei migranti del 2015 ha un lavoro

Tempo massimo cinque anni e un rifugiato su due in Germania ottiene non solo accoglienza e asilo ma anche un posto di lavoro, oppure frequenta dietro retribuzione e con assiduità un istituto di formazione o riqualificazione professionale. Uno su due rifugiati adulti, quindi, in una manciata di anni è integrato, a conferma che il processo di integrazione è migliorato in Germania negli ultimi anni, grazie anche a più investimenti e migliori strutture. È quanto emerge da uno studio pubblicato nei giorni scorsi e realizzato dall’Istituto di ricerca professionale e occupazione (IAB) sulla base di un’indagine condotta assieme a BAMF (Centro di ricerca dell’Ufficio federale per migrazioni e rifugiati BAMF-FZ)e SOEP (ente socio-economico presso DIW a Berlino)per la quale sono stati interpellati 7.950 richiedenti asilo. 
Lo studio si incentra in particolar modo sui rifugiati arrivati n Germania tra l’1 gennaio 2013 e il 31 gennaio 2016: periodo caratterizzato dal più grande flusso di immigrati dalla seconda guerra mondiale e nel quale rientra il milione e più di rifugiati (adulti e bambini) accolti con l’apertura senza precedenti dalla cancelliera Angela Merkel tra il 2015 (890.000 arrivati in Germania di cui 476.000 hanno presentato richiesta di asilo) e il 2016 (745.000 richiedenti asilo compresi quelli del 2015).
Entro cinque anni dal loro ingresso in Germania, dunque, l’indagine ha rilevato che il 49% dei rifugiati arrivati tra il 2013 e il 2016 si trova in una delle seguenti situazioni: posto di lavoro retribuito, a tempo pieno o part-time, oppure mini-job (450 euro al mese), tirocinio o apprendistato con retribuzione. Questa percentuale al 49% è la più alta tra le maggiori ondate migratorie del passato: in quella degli anni ’90 scatenata dalle guerre nell’ex-Jugoslavia, questa quota arrivata al 44%.
Di questo 49% di rifugiati integrati, il 68% ha un lavoro a tempo pieno o part-time, il 17% frequenta corsi di formazione, il 3% è in apprendistato e il 12% ha mini-jobs. In aggiunta, se si considera il totale dei rifugiati adulti al 2018, il 15% è registrato come studente all’università, frequenta classi del sistema duale o al liceo ginnasio. Circa 40.000 rifugiati sono attualmente in fase di formazione professionale. Un’inchiesta del quotidiano Zeit ha inoltre rilevato che ogni semestre, svariate migliaia di rifugiati si iscrivono alle università in Germania: nel semestre invernale 2018/19 i rifugiati iscritti sono stati 3.788, 18 volte più che nel semestre invernale 2015/16 nel quale solo 205 nuovi studenti erano rifugiati. E il trend è in aumento: tra i semestri invernali 2017/18 e 2018/19, il numero dei rifugiati registrati è quasi triplicato.
«I risultati dell’indagine mostrano che l’integrazione nel mercato del lavoro dei rifugiati 2013-2016 è stata più veloce dei rifugiati del passato e che la partecipazione a programmi linguistici e di integrazione e la frequenza presso istituti di formazione sono aumentate in modo significativo», hanno commentato gli autori dello studio IAB Herbert Brücker, Yuliya Kosyakova ed Eric Schuß, secondo i quali «dal 2015 la Germania ha investito molto di più nei corsi linguistici e in altri programmi di integrazione per richiedenti asilo e rifugiati». E ora i risultati iniziano a vedersi.
L’apprendimento della lingua tedesca è uno degli snodi centrali del processo di integrazione per i rifugiati, più difficile per gli analfabeti o i madrelingua arabi. Prima di arrivare in Germania, solo l’1% dei richiedenti asiolo adulti sui quali è basata l’indagine IAB aveva una conoscenza buona o molto buona del tedesco. Tuttavia entro il 2018, il 44% di questi rifugiati disponeva già di una conoscenza buona del tedesco, il 34% per contro bassa. Gli autori dello studio precisano a questo proposito che tra gli anni ’90 e il 2013 i requisiti di ingresso al mondo del lavoro in termini di conoscenza del tedesco, grado di istruzione e formazione professionale erano meno stringenti rispetto ad ora e che quindi il percorso di integrazione adesso è più impegnativo: al tempo stesso però la disoccupazione ora è molto più bassa e l’occupazione molto più elevata rispetto agli anni ’90 e questo facilita ora l’integrazione dei rifugiati, riconoscono Brücker, Kosyakova e Schuß.
Lo studio IAB rileva infine un divario significativo nell’occupazione tra uomini e donne rifugiati. Cinque anni dopo l’arrivo in Germania, il 57% degli uomini ha un posto di lavoro rispetto al 29% delle donne: un divario dovuto alla famiglia dove le donne si occupano dei bambini più piccoli. 
I giovani sotto i 30 anni sono il gruppo di rifugiati più numeroso, seguiti da bambini e adolescenti. Gli esperti della materia vedono in questo una grande opportunità per il mercato del lavoro in Germania, carente di manodopera qualificata. I rifugiati provenienti da Siria e Iraq, grande quota del flusso 2015-2016, hanno spesso un elevato livello di istruzione e questo semplifica l’integrazione. Il tasso di occupazione dei rifugiati, al 28%, è però relativamente basso rispetto al target politico del 45% entro il 2025, e rispetto al 62,4% dell’intera popolazione in Germania.