Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  febbraio 08 Sabato calendario

Storie di ipocondria

Ipocondriaci di tutto il mondo, uniamoci! Lorenzo Marone è il nostro profeta e questo suo Inventario di un cuore in allarme sarà la nostra bibbia. Così come esistono i neuroni-specchio, ci sono anche i libri-specchio, che sono i migliori perché, leggendoli, i tuoi pensieri e le tue emozioni respirano in sincrono con quelle dell’autore. Grazie Roberto per aver sublimato le nostre paturnie facendotene carico in questo che è anche un manuale terapeutico. Facendoci ridere fino alle lacrime delle tue ipocondrie ci assolvi dal rimorso di infliggerle agli altri. Perché, come scrivi «avere un ipocondriaco per amico non ti aiuta a guarire, ma ti fa sentire molto più sano». Tu non sei claustrofobo, io sì e non prendo mai l’ascensore. Se qualche rara volta, per vergogna verso gli altri, sono costretto a prenderlo, riesco, con la sola forza del pensiero, a bloccarlo fra un piano e l’altro. 
Questo libro è fatto di tanti libri, compresi i materiali sufficienti per montare una strepitosa stand-up comedy meglio di quelle dei due grandi citati in epigrafe, Woody Allen e Chuck Palahniuk. Lorenzo, se vuoi ti faccio da manager, m’impegno a trovare locali a meno di cento metri da un ospedale o in casi disperati, faccio parcheggiare una autoambulanza davanti all’ingresso artisti.
Il tema della morte, declinato in vari modi, attraversa tutto questo Inventario, fin da quando la scopriamo da bambini. Noi ipocondriaci siamo appassionati lettori di necrologi. Lorenzo te ne regalo due: «È volato in cielo con la sua auto» e «Dopo lunga malattia è scomparso dentro il suo letto». Lui reagisce diversamente in base all’età del defunto: se è «sopra gli ottanta, rifletto con serenità sul fatto che il morto ha goduto del suo tempo, ha fatto quel che doveva fare». Grazie Lorenzo, così ho la certezza, dal momento che ho 83 anni, che la mia dipartita non ti sconvolgerà più di tanto. 
Tanti libri in un solo libro. Troviamo pagine di alta divulgazione sulla fisica delle particelle e la teoria dei quanti, un altro sugli ultimi traguardi raggiunti dalla genetica, uno sull’essere padre, uno sull’aiuto che può venire dalla fede: «Il mio personale modo di credere è ringraziare Dio e il cielo per farmi ogni giorno minuscolo e meravigliato partecipe di un qualcosa che non comprendo, ma che mi è dato di assaporare». 
Troviamo belle e profonde meditazioni: «Non siamo al centro dell’universo, quindi, facciamo parte di un tutto incomprensibile e oscuro, eppure ci siamo, siamo qui, ora, a godere di un luminoso raggio di sole sul viso e di una brezza calda sulla pelle». La sua ispirata invettiva contro la xenofobia andrebbe fatta studiare a memoria ai ragazzi. 
È memorabile il report delle inutili sedute dallo psicanalista che si arrende («non le rimane che vivere nell’angoscia»), così come il quadro delle varie ipocondrie nelle quali il lettore si riconosce. Io faccio parte degli orders, metto ordine nel caos, non posso andare a letto se la cucina è in disordine e i miei famigliari ne approfittano biecamente. E poi «l’ipocondriaco è un anticipatario cronico»: arrivo in stazione quando ancora non c’è l’indicazione del binario. E il rapporto con il cibo? «Ipocondriaci e salutisti sono un ossimoro»: noi mangiamo di tutto per calmare l’ansia. Il mio nome di battaglia è «la volpe del dessert». 
Non manca il capitolo sui grandi ipocondriaci della storia, fra i quali il mio amatissimo Manzoni. Lorenzo, te ne regalo due: Paolo Conte se sfiora lo spigolo di un tavolo deve subito toccare gli altri tre e deve chiudere la porta di casa uscendo non con le mani ma con il gomito, se sbaglia corre a fare la stessa operazione con le altre porte. Era una pacchia andare al ristorante con Adriano Celentano: gli cucinavano del pesce stupendo, lui lo punzecchiava con la forchetta e poi me lo passava per paura che una lisca gli finisse in gola. 
L’Inventario si conclude con una consolatoria lezione di vita. Dopo avere citato Philip Roth («la vita è solo un breve periodo di tempo in cui siamo vivi») contrappone la rassegnazione all’accettazione. Non dobbiamo mai rassegnarci ma accettarci con tutti i nostri difetti e tutte le nostre, tante, ipocondrie. Grazie Lorenzo, per questo bel regalo.