Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  febbraio 08 Sabato calendario

Intervista a Bianca Balti

Che cosa direbbe oggi Bianca Balti all’adolescente che fuggiva di casa per andarsene a vivere in una casa occupata con i punkabbestia? 
«Se quella ragazza si potesse vedere oggi, dopo 15 anni di lavoro come modella, si sorprenderebbe scoprendo che si può essere fighissima e cool nella normalità. Non c’è bisogno di dimostrare altro». 
Trentacinquenne con due figlie – Matilde di 13 anni e Mia di 4 – Bianca risponde da Los Angeles dove vive con Mia. Tra poco la vedremo proiettata sui palazzi delle città, protagonista della nuova campagna Basic di Yamamay, il brand di lingerie democratica di Gianluigi Cimmino. 
Che cosa l’ha spinta ad accettare di apparire in lingerie? 
«Posso essere onesta? Siccome tra un mese compio 36 anni, mi sono sentita quasi onorata per l’offerta. Quando mi hanno chiesto di essere testimonial della campagna, mi sono immaginata nelle vetrine e nei cartelloni e mi sono detta: brava Bianca! E da subito ho collaborato con Yamamay per dare la mia visione, dalla selezione dei capi a quella delle foto…». 
E qual è la sua visione di femminilità? 
«Ho 35 anni e so come desidero apparire, voglio che la mia immagine mi corrisponda. Se facciamo una campagna che vuole essere sexy, la facciamo nel modo che piace a me. Ho scelto il fotografo, Giampaolo Sgura, che mi ha sempre fatta sentire bellissima; così per make up art e parrucchiere, perché quando sei mezza nuda per un giorno su un set è importante sentirti a tuo agio, protetta». 
La parola sexy sembrava censurata dal movimento femminista post MeToo… 
«Io sono un po’ confusa sul significato di femminismo, semmai è il contrario: dovremmo rivendicare il diritto di sentirci sexy per noi stesse (fare un calendario nude, se ci va) e non per questo non essere rispettate o prese sul serio o sentirci squalificate dal sesso maschile». 
«Say sexy, say Italy» recita la campagna. Lei è stata paragonata a Sophia Loren: le italiane sono più sexy? 
«Secondo me l’idea che l’italiana sia sexy è intrinseca, per il modo in cui parliamo, gesticoliamo, amiamo, vogliamo bene. Vivendo all’estero mi rendo conto che è una cosa vera, non è un cliché, essere sensuale è un modo di essere genuina e onesta. Una qualità che sento di aver accentuato con l’età. Anche se ho cercato tutta la vita di essere goffa per negare questa parte di me, mi rendo conto che la mia sensualità sta nella spontaneità, un attributo non così comune a Los Angeles». 
Che lingerie indossa? 
«Sul set ho scelto capi neri e color carne, molto sexy. Per me che vesto quasi sempre in jeans e maglietta è un bel modo di rivendicare una parte nascosta, solo mia. La cosa che mi ha colpito di più con Yamamay, però – per me che per lavoro provo tanti brand – è il fit, la vestibilità. Ero allibita: non mi avevano chiesto le misure ed erano perfetti». 
Che momento è questo per la sua vita? 
«È come se nel 2020 fosse cominciato un nuovo periodo empowered, in cui posso fare tutto. Mi sento più forte nel voler imparare cose, nell’avere una nuova visione di me stessa, dal punto di vista fisico e mentale. Non mi creo più alibi per andare in palestra ogni giorno, per vedere la terapista o farmi la pedicure. Mi impegno perché ho capito che spesso noi donne siamo prese dai sensi di colpa proprio per il tempo che ci dedichiamo». 
Ma le modelle hanno tutte una disciplina da marines? 
Ride: «Ho imparato per necessità, con la gravidanza per Mia avevo preso 20 chili e ho dovuto perderli. Ma forse questa è stata una delle cose più belle che mi siano capitate. Quando ti poni un obiettivo e riesci a raggiungerlo, acquisisci una forza pazzesca. Oggi la disciplina mi fa sentire più forte». 

Sua figlia Matilde, 3 anni fa ha deciso di vivere con il padre a Parigi, uno dei momenti più tristi della vita, ha confessato.. 
«Dopo 9 anni è stata dura, ti manca la quotidianità, ma oggi non la vivo più così. Ho capito che ci sono cose che possiamo controllare e altre no, dobbiamo essere pronti a cambiare i programmi. È stata una rivelazione: ha preferito restare in Europa. Frequenta la scuola francese e ogni sei settimane viene da me. Sono orgogliosa, rispetto la sua scelta. È la sua vita». 
Che madre è Bianca? 
«Essere madre è la cosa che mi piace di più. Le mie figlie hanno la priorità su tutto. La mattina porto Mia a scuola e la vado a prendere e questo mi dà la possibilità di lavorare e andare ad allenarmi». 
Come è cambiata la moda dai suoi esordi? 
«Completamente. Un abito indossato in passerella, lo vedevi nei negozi sei mesi dopo. Oggi con i social lo trovi ovunque subito. E diventa tutta una corsa. Io, con la mia linea di abiti premaman, ho deciso che non voglio entrarci. È contrario al mio concetto di sostenibilità e al mio progetto di vita: gestisco la linea concentrandomi sulla carriera di modella». 
Ma anche lei è social… 
«Se non facessi questo lavoro io su Instagram non ci sarei proprio. Ma ne ho bisogno. Mi permette di vedere in anteprima chi è incinta tra le star e proporre i miei vestiti, ma è una schiavitù perché escono i feed... E da modella mi chiedono per contratto di fare i post: i brand guardano quanti follower hai, conoscono le donne e gli uomini e la fascia d’età. Cose da pazzi». 
Perché ha scelto di vivere a Los Angeles? 
«Era il mio sogno. Avevo seguito mio marito (Matthew McRae, padre della seconda figlia, ndr), volevo vivere al sole, mi sento una privilegiata, sono in felpa e jeans, nel week end vado a fare surf». 
È l’amore, che l’ha resa così consapevole? 
«In realtà credo sia stata la mia analista. Ho cominciato la terapia tre anni fa dopo il secondo divorzio, qui in California. Mi ha fatto una domanda che tante donne dovrebbero porsi: ma perché tu vuoi essere in questa relazione e sprecare il tuo tempo? Ho capito che voglio qualcuno che mi faccia sentire una principessa, che mi accetti per come sono e abbia voglia di lavorare con me sulla relazione, perché ogni coppia ne ha bisogno. Ho compreso che quando non hai autostima fai tante cazzate, sembra una cosa stupida, ma non lo è. Lo vedo anche sulle mie amiche. Le persone sono complesse, molte delle nostre scelte sono determinate dalla paura. Penso che l’analisi dovrebbe essere gratis per tutti». 
Meglio fare errori o averi rimpianti? 
«Se capissimo che gli errori non si possono evitare, accetteremmo meglio i rimpianti».